Julieta, di Pedro Almodóvar
Con Julieta Pedro Almodóvar torna ad una delle pratiche che meglio gli riescono: il ritratto del femminile. Perché proprio la donna, in alcune delle sue molte sfaccettature, che sia presenza o assenza, è la protagonista di questo affresco. Intorno alla figura di Julieta, la protagonista, infatti, ruota un intero universo di donne, tutte diverse ed animate dalla medesima vitalità dirompente. Al centro Julieta, splendidamente interpreta prima da Adriana Ugarte e poi da Emma Suarèz: vera figura tragica, nel senso classico del termine, perennemente in lotta, cioè, contro il destino, spesso rappresentato proprio dalle figure maschili.
La recitazione delle protagoniste muove per rimozione, per riduzione: capace di rendere presenza anche l’assenza. Almodóvar indulge nei colori barocchi ed intensi, che ben si adattano ai sentimenti forti in scena. Splendide le immagini e cariche di emozioni, ancora di più quando prive di dialoghi e capaci di lasciar parlare solo i colori e gli sguardi. Per una volta non seguiamo un intreccio di storie, ma un’unica trama asciutta e gestita come se fosse a tratti un melò, a tratti un thriller, complice anche una ottima colonna sonora. La sceneggiatura è precisa e diretta, ma tralascia alcuni particolari (come fa una maestra ora traduttrice a permettersi quella casa, con un Freud appeso alle pareti?), unica vera pecca, capace di rendere il film un grado meno reale e forse più onirico.
Voto: 8
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