Joni Mitchell – Il dolore facile da esprimere e difficile da raccontare
Un’eccitazione febbrile mi abbracciava, quasi un anno fa, in quella fredda mattina di Gennaio. Lasciata Edimburgo alle spalle, con il bus 26, un dedalo di case vittoriane bianche, dalle grandi finestre, senza persiane, mi separava dalla spiaggia.
Il Mare del Nord mi stava attendendo – o meglio – io lo stavo aspettando.
Ronzava nella testa la voce di mia madre. La sentivo, come l’urlo di una Banshee, trasportata dal vento per migliaia di chilometri. Mi pareva di vederla, avvolta in una tenue nuvola di fumo, allontanare la sigaretta dalle labbra: Aspira a esser serena, sono rari ed effimeri i momenti di felicità.
Il suo tono da contralto da nicotina e catrame entrava di soppiatto nelle cuffiette, intrecciandosi con la sezione orchestrale di Both Sides Now di Joni Mitchell. Madre, sempre drammatica e d’effetto, anche quando entra nei miei pensieri.
È insolito, si somigliano, mi domando se quasi si identifichino. Sono donne adamantine, dal pensiero perentorio, zigomi alti, sguardo severo, quasi insoddisfatto, sprezzante, che nasconde le difficoltà e il bisogno di contatto umano, perché ammetterlo, sarebbe segno di debolezza e il desiderio dello stesso è incostante: attrazione e repulsione, ondivago come la marea.
Rows and flows of angel hair
And ice cream castles in the air
And feather canyons everywhere
I’ve looked at clouds that way
But now they only block the sun
They rain and snow on everyone
So many things I would have done
But clouds got in my way
La caduta delle illusioni giovanili corre lungo la scriminatura dei loro capelli d’angelo incanutiti e nel disincanto delle loro parole: aspira alla serenità – mi sussurrano ancora- non alle fatue nuvole di zucchero della felicità.
Moons and Junes and Ferris wheels
The dizzy dancing way you feel
As every fairy tale comes real
I’ve looked at love that way
But now it’s just another show
You leave ’em laughing when you go
And if you care, don’t let them know
Don’t give yourself away
Hanno guardato all’amore, all’amicizia con una sensazione di vertigine innocente e ingenua, ma si trattava di un lieve passo di ballo. Un breve intermezzo, che ne preannunciava già la fine: una sorta di disperato connubio tra necessità di passione, da cui proteggersi, e nostalgia della stessa.
I’ve looked at life from both sides now
From up and down, and still somehow
It’s life’s illusions I recall
I really don’t know life at all
Come in un carosello senza requie, l’esistenza è solo circus crowds, in eterno vagabondaggio, affollata da stranezze e mutevole all’ondeggiare del vento. Non esiste un sapere granitico, non si possiede nulla a lungo e come tale non si conosce.
La sottile linea tra sincerità e brutalità, accettazione e rinuncia vena il loro linguaggio. Quello materno, fatto spesso di assoluti, di un passato condiviso come insegnamento, ma irrisolto, non lascia spazio a fughe della fantasia, quello di Joni non è per granitiche definizioni, ma apertura nei confronti del vissuto. Tuttavia, le accomuna quel sentimento Blue, una tristezza che satura spazi, un mare periodicamente in tempesta che respinge il rientro al porto.
Quanto vivere circonvoluto e frenetico in poche righe, com’è difficile amare anime così complesse, pensavo. Certo, il dolore è facile da esprimere e così difficile da raccontare. Stavo però commettendo un errore, Both sides now non è solo una riflessione di una donna disillusa dal mestiere di vivere, il momento in cui l’ultimo dei romantici diventa un cinico.
La verità -quindi forse la maggiore bellezza- risiede nella prima versione del 1969, nella quale la ragazza del Canyon, prima di diventare Lady, cattura la dualità essenziale che sosteneva la sua vita, la ricerca dell’amore contro l’austerità artistica solitaria.
Il contenuto si veste di una nuova forma e muta il senso: mi ritrovo nel tono che si fa più malinconico che disperato, il fraseggio, quasi fuori tempo rispetto alla chitarra, atterra sempre al punto giusto dopo le turbolenze del volo. Non è un’ingenua, a 21 anni ha già vissuto ad icy altitudes come Amelia Earhart, sperimentato entrambi i lati delle nuvole e quello che dona non è una blanda e vacua speranza che tutto andrà bene, ma una sincerità disarmante e realismo.
Nella luce netta del Nord, in quel mattino di un mese azzurro, vedevo il materializzarsi di questa confusione e identità di donne, il rincorrersi e l’ identificarsi di una figlia con una madre, un moto circolare che doveva interrompersi. Sentivo l’attimo dilatarsi nell’attesa di questa risoluzione, come ne La pioggia prima che cada di Coe.
Aspira alla serenità, brama, spingi la volontà, lotta per una conquista, ma infine ho capito, lungo l’arenile di quel Mare apparentemente inerme senza trasparenze, non è una sfida, bisogna inspirare la serenità, accoglierla e immergersi nelle sue profondità.