João Gilberto| Sogno di una mattina di mezza estate

João Gilberto| Sogno di una mattina di mezza estate

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João Gilberto e quella melanconia.

La stanza è sempre più calda, avverto il peso della luce filtrata dalle lamelle delle persiane. So di avere ancora poco tempo per capire dove sono, tempo per realizzare se sarò da sola, tempo per ricomporre l’immagine di me che dovrò proporre e allontanarmi da questo sogno violento di una mattina di mezza estate. Mi aggrappo, in bilico tra sonno e veglia, a questi scampoli e a un cuscino che non riconosco subito. Troppi luoghi e nessuno da poter chiamare casa,  è umido. Le braccia in posizione di guardia, da cosa mi sto difendendo? Le libero, facendole scivolare lungo il volto. Patetica, penso, perché piango?

Un tenue aroma di tabacco e caffè si dilata nella stanza, c’è qualcuno. La chiamo? So che non troverò l’aiuto che cerco, ma allora perché sono tornata per qualche giorno? Non voglio sentirmi in dovere di raccontare, desidero solo uno spazio vuoto in cui dileguarmi in silenzio.

Bugiarda.

Vuoi l’abbraccio di un porto in cui calafatare il fasciame della tua nave prima di riprendere il largo. Ecco, è tardi, ora arriva e io non la vorrei più accanto.

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Bugiarda, in parte.

Mi armo di sarcasmo per difendermi da una possibile ondata di insensibilità materna, ma prima che possa parlare, le chiedo di sedersi e affondo il viso nel suo grembo.

“Sei caldissima – mi dice – hai il raffreddore e cos’è questo rumore?”

“Non è rumore, è João Gilberto” rispondo stizzita, cercando la sua mano lungo la coscia con la testa. Profuma come la camera, ma con una tenue nota più calda, morbida, di crema.

Ah insensatez que você fez
Coração mais sem cuidado
Fez chorar de dor
O seu amor
Um amor tão delicado

Non guardarmi con quella presunta tenerezza dei tuoi occhi verdi, temo un giudizio. Non devi preoccuparti per me, sono emozioni, non sentimenti, un’ insensatez. Per un momento, desidero averti accanto senza urgenze. La sua mano si posa sui capelli, sfiora le cuffiette. Per trattenere il pianto di una solitudine incancrenita e rapporti sfumati, fisso i contorni dei fiori sul suo vestito: bianchi e blu notte. Abbasso lo sguardo, cerco un altro punto di fuga. Il contegno timido della voce di João, chiara senza tirature, mi afferra prima che possa sviarlo.

Ah, porque você foi fraco assim
Assim tão desalmado
Ah, meu coração que nunca amou
Não merece ser amado

Così diversa dalla versione di Frank Sinatra, che per quanto sottile e contenuta, risente ancora di un certa  arroganza stentorea da crooner, trattenendo, da seduttore, around his little finger. Con Joãozinho non vengo adulata o corteggiata, mi devo adeguare al suo distillato mormorato e a lui, come il suo pubblico e concertisti, spesso abbandonati per un colpo di tosse inopportuno o supposte stonature.  Come un motore furibondo, giungo a riva, accetto le lacrime. Ho sempre troppa familiarità con una certa dose di gostosa tristeza, o meglio, un tocco di tristezza, fredda, ma gentile, come il testo di Vinícius de Moraes e l’arrangimento di Jobim. Arriva quasi sempre improvvisa.

Bugiarda.

Vai meu coração
Ouve a razão
Usa só sinceridade

Quem semeia vento
Diz a razão
Colhe sempre tempestade

È vero non è estemporanea. Nel fluire di settimane pesanti, mi è capitato di sognare una persona, ma non era proprio lui.  Il fisico, il volto, la voce e lo sfondo dei luoghi e dei fatti su cui si muoveva gli appartenevano, ma alcuni sguardi, parole, gesti e il fumo di una sigaretta girata tra le dita, no. Era come la copia di mille riassunti, di altri incontri e figuri. Sono tutti vacui ed effimeri, come la noncuranza dei loro cuori “leggeri” nell’avvicinarsi a quelli altrui , a cui si arrende lo sguardo morbido e acquoso di João nel sussurrarne la limitatezza.

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L’affanno di questa tempesta emotiva, dalla ritmica sincopata, in costante recupero sul tempo, come i bassi discendenti della batida di Gilberto,  si fa soffusa e senza enfasi dinnanzi alla ricerca di un equilibrio. Chega de saudade (Basta con la nostalgia), nell’intimo del falar brasileiro della bossa nova trovo la soluzione di questa inquietudine. La verità di questa Garota, tall but not tan e certamente non di Ipanema, è che lui è solo una fantasia, la materializzazione e piccolo contribuente di un malessere più profondo: a dispetto di una completezza individuale, la dolorosa presenza dell’assenza, canterebbe l’allievo Gilberto Gil, di o sol na solidão (del sole nella solitudine).

Vai, meu coração pede perdão
Perdão apaixonado
Vai porque quem não
Pede perdão
Não é nunca perdoado

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