Jamie xx e il daltonismo della critica musicale
The best is yet to come
L’1 giugno è uscito l’album di debutto solista In Colour di Jamie xx. Qui vi avevamo già anticipato la cosa, quindi almeno un’infarinatura di base proprio per non fare scena muta all’interrogazione dovreste averla. Noi, in questi pochi giorni, ce lo siamo ascoltato a ripetizione per voi, così da suggerirvi quelle due-tre riflessioni finto impegnative da ripetere nei salottini per fare colpo, in ossequio alla nostra dichiarata mission aziendale.
Manciate di riflessioni finto impegnative:
1) In Colour, detto senza tanti fronzoli, è un disco da ascoltare. È una fotografia delle varie sfaccettature della musica elettronica oggi. Dentro c’è abbastanza tutto: club, ambient, deep, pop, negrate. È un LP riuscito e oggettivamente bello.
2) Scegli una canzone di In Colour e ti dirò chi sei. Sì, perché proprio per questa varietà stilistica, il brano che prendi e porti a casa dice molto dei tuoi gusti (e quindi di te). Ad oggi, il pezzo che ha colpito di più la mia persona è The Rest is Noise. Lascio a voi l’esercizio di maieutica.
3) La varietà stilistica, a dirla tutta, non si accompagna a una varietà cromatica. Non so se riesco a passarvi la sfumatura concettuale. Sì, ci sono molti stili differenti, ma si tratta tutto sommato di un disco monocromatico, che va via abbastanza uniforme. L’accezione negativa di “uniforme” è “monotono”, quella positiva “coerente”. Lascio a voi il giudizio su quale accezione sia predominante. Quello che mi preme invece sottolineare è che in ogni caso è quantomeno curioso che un disco che si chiama In Colour e che ha una copertina tie dye finisca per risultare un prodotto molto regolare. Se chiudo gli occhi non vedo una tavolozza di colori, ma al più variazioni di una stessa gradazione.
4) Il punto centrale della questione: l’album è indiscutibilmente valido, ma la poetica di Jamie xx (questo dopo quattro giorni di ascolto intensivo, poi magari cambio idea) mi sembra poco a fuoco. Volevi uscirne come un produttore policromatico e multiforme? Ok, sulla versatilità, se vuoi, ci siamo. Però i più grandi imprimono il proprio marchio a tutto quello che si fanno passare sotto le mani. Nel lavoro di debutto, Jamie c’è riuscito poco. C’è una coerenza di tonalità, ma abbastanza impersonale. Abbiamo una fotografia molto bella dell’elettronica contemporanea, ma avrebbe potuto scattarla chiunque. Ok, chiunque no, ché ci vuole molta abilità a ottenere questa resa, e qui di talento e abilità ne abbiamo da vendere, ma manca la firma inconfondibile d’autore, ancora. Non viene a regalarci anticipazioni sui futuri mondi sonori che abiteremo. Ci descrive con inventiva e capacità il mondo presente.
5) La critica ha accolto il disco come il regno animale accoglie Simba cuccioletto sotto la rupe dei re. Un tripudio di barriti, versi, inni di lode, scalciate festose. Non so, o sono Scar o mi sono perso qualcosa. Ripeto, bel disco. Bello, sul serio. Ma tra bel disco e disco irrinunciabile della discografia mondiale c’è una differenza abbastanza grande (c’è una differenza ENORME, altroché. Checcazzo). In Colour, ad oggi, ha un indice ADM di 8,2. Cos’è l’indice ADM? È una specie di media numerica di tutte le recensioni ricevute. Una media di 8,2 è parecchio alta, per capirci. Q, State, Consequence of Sound gli danno addirittura 10. Pitchfork 9,3! Tradotto in parole: un album immortale che resterà nella storia della musica per i secoli a venire. Personalmente, non credo proprio sia il caso. Jamie xx è molto molto bravo, ma il suo ufficio stampa ancora di più, mi sa. In ogni caso, senza tirare in ballo lo staff che lo segue, va detto che da qualche tempo a questa parte c’è stato un rialzo generalizzato e marchiano dei voti delle riviste specializzate. Grandi voti, grandi album, comprate gente comprate.
6) Ora, io non sono particolarmente appassionato di numerologia. Ché affibiare un numero sbam a un lavoro di un tale che, per quanto possa farti cagare, ha comunque fatto una roba che te che pigi i tasti di un pc probabilmente non farai mai, non mi sembra onesto. Poi, per carità, i pareri sono legittimi, e anche noi siamo qua a fare questo. Ma è la forma-numero che mi sembra esteticamente scadente. E non è questione di traumi personali infantili, sia chiaro, ché a scuola me la cavavo anche bene; è proprio che gli va detto che è così ai professoroni del lotto. Detto questo, che anche giustamente ve ne strafotte, se proprio devo dare i numeri, per farvi capire, In Colour sta da qualche parte tra il 7 e il 7,5, non di più. Quindi, mi ripeto, ottimo album, piacevole da ascoltare, che qualcuno di voi potrà anche amare moltissimo e cullarselo lì tutte le sere, e ci sta, ma se voleva essere un concept album, e mi sembra di aver capito che voleva esserlo, bè non lo è.
7) Jamie xx è uno tra i migliori produttori in circolazione. Lo dimostra il meraviglioso lavoro fatto con gli xx e lo dimostra anche questo disco. Che resta, però, niente più che un’ottima e molto ben confezionata raccolta di 11 brani. Una dimostrazione di notevole abilità compositiva, non un manifesto artistico. In sostanza, non credo che ci ricorderemo di Jamie xx per In Colour. Credo che ci ricorderemo di Jamie xx per qualcosa che deve ancora venire.
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