iosonouncane, Die | Dischi che svoltano gli anni dispari
Quando troppa gente fidata inizia a consigliarti lo stesso disco, solitamente è il momento di acquistarlo, scartarlo come si faceva una volta, appendere il cd in macchina, fare origami con il booklet e sfruttare la confezione rimasta vuota per quella vecchia raccolta dei Pooh, masterizzata per tua madre ma sotto sotto cantata a squarciagola anche da altri familiari meno giustificabili. Eppure, non so perché, al terzo “devi ascoltare l’ultimo di iosonouncane” l’ho messo in riproduzione digitale e per un paio di mesi ho faticato a uscirne, se non malconcio o iperattivo.
DIE, se fossimo negli anni 70 e io fumassi il sigaro, sarebbe un concept album. Un tempo l’idea era appannaggio esclusivo di band prog in preda a spasmi tolkieniani e occhi lucidi da corsa allo spazio, il progresso invece ci regala rielaborazioni dai confini tematici e musicali tanto svariati quanto moderni. Abbiamo lui, pescatore lontano per mare che teme il naufragio. Abbiamo lei, a riva, che lo aspetta angosciata dalla burrasca che impazza al largo.
Ed ecco il primo plot-twist. DIE non è inglese per “morire”, managgia all’esterofilia e al bacon. È sardo e significa proprio “giorno”.
DIE è una giornata, la tensione e l’attesa, morire di sete in mezzo a così tanta acqua, il terrore che la distanza non diminuirà mai più.
Fin dalle prime note di Tanca, opening del disco, non c’è il minimo dubbio su dove si svolgano i fatti, i colori, le temperature, le facce. È la terra arsa dal sole, il duro lavoro nei campi, sono le mani consumate dalle cime e dalla salsedine. Non abbiamo ancora sentito una sola parola, ma siamo già completamente immersi nella narrazione e desideriamo sapere cosa succederà dopo.
Il percorso non si interrompe mai davvero, segue la sua logica: a volte ti tiene fra le braccia, altre ti urla nelle orecchie, in certi momenti ti costringe ad alzarti in piedi e ballare, sperando che possa bastare agli dei per ritardare la tempesta che già si preannuncia.
In poco meno di 40 minuti il nostro mondo svanisce e diventiamo noi la storia. Combattiamo le onde e scrutiamo l’orizzonte. Sentiamo la sete e ci stendiamo sulla terra nuda e bollente.
Quando termina Mandria, l’ultimo brano, usciamo da un’ipnosi come ci si sveglia da un sogno.
Facile, con una macchina da presa.
Complicato, con penna e calamaio.
Quasi impossibile con le sole canzoni.
La componente musicale di DIE è totalmente indecifrabile. Non ci sono riferimenti di genere, o meglio: ci sono riferimenti a tutti i generi. Dal folk alla musica corale, dalla world music all’elettronica.
E qui si palesa la prima, maestosa capacità di iosonouncane.
Perché questa commistione non è coacervo, bensì sintesi hegeliana: è l’interiorizzazione di ogni singola nota mai ascoltata, la creazione di un nuovo genere personale, originale, irreplicabile e imparagonabile, riconoscibile tra mille eppure privo di appigli noti.
I suoni di questo disco, gli arrangiamenti, la capacità evocativa degli strumenti scelti e il loro accoppiamento, sono un semplice capolavoro senza tempo e senza spazio.
Il rischio è solo che alcuni, spiazzati da così tanta carne al fuoco, finiscano per perdere la concentrazione prima di addentrarsi davvero nell’ascolto.
L’analisi dei testi di quest’opera, volendo, richiederebbe lo spazio di un articolo anche da sola. I livelli verbali sono molteplici: su un piano sonoro, è chiara la ricerca di assonanze e consonanze che creino un gioco ipnotico e destabilizzante su chi ascolta. Su un piano semantico le parole fanno l’immagine, più che raccontare la storia, che infatti è tutt’altro che palese.
La ricorrenza quasi ossessiva di “sole” (37 volte), “giorno” (25 ripetizioni), “mattino”, “sale”, “mare”, “sete”, “seme”, “rive”, contestualizza il mondo disegnato dall’artista e incatena molto più di qualsiasi descrizione minuziosa. Si può cercare di indovinare il senso ultimo di ogni singola frase ma è fatica sprecata, non è questo che serve. La parte letteraria di DIE è una tempesta di colori impressionisti, non un quadro iper- realista da fiera dell’arte. Non eè ragione, è pancia che nemmeno i Sex Pistols.
Sarò franco: la densità materica di un’opera come questa richiede ben più di due ascolti su Spotify mentre cerchi di alienarti dall’ufficio per un’oretta.
Se cercate un’esperienza tridimensionale, questo è il disco che fa per voi.
Se cercate intrattenimento, ho milioni di album più adatti da consigliarvi.
Per fortuna DIE è uno di quei dischi che escono solo una volta ogni tanto.
Mattia Pace
Album | Die
Artista | Iosonouncane
Etichetta | Trovarobato
Anno | 2015
Durata | 38:09