Infanzia rubata | Ferruccio Neerman

Infanzia rubata | Ferruccio Neerman

leggi razziali

“Il contenuto di questo libro non è frutto di fantasia: quanto descritto è rigorosamente vero ed è la storia di una famiglia ebrea laica di Venezia vista attraverso gli occhi di un bambino, divenuto nel corso degli eventi ragazzo”. Questo è l’incipit di Infanzia rubata, breve romanzo autobiografico di Ferruccio Neerman. Come si legge in copertina, questa è la storia vissuta di un bambino ebreo.

Ferruccio è un signore distinto, sereno, di quelli che fumano la pipa e ti trasmettono una grande tranquillità. È un amico di famiglia, ma prima di leggere il suo libro non avrei mai immaginato che dovesse portare sulle spalle un passato del genere.

Ferruccio Neerman
Infanzia Rubata | Copertina

Il romanzo racconta la storia (vera, purtroppo) di Ferruccio tra il 1938 e il 1945, durante gli anni delle persecuzioni razziali. Già il primo episodio raccontato è tremendo: “Sporco ebreo. L’insulto, accompagnato da quattro sputi che mi colsero in faccia come una sassata, mi fu lanciato da alcuni compagni di classe all’uscita della scuola elementare”. Da qui comincia l’odissea di Ferruccio e di tutta la sua famiglia.

Nell’estate ’42 il papà e la mamma si accorsero che non era più prudente tenere la famiglia unita a Venezia, e per questo furono costretti a spedire Ferruccio in un collegio (un luogo a metà tra il carcere duro ed il ripudio della famiglia, nella mente di un bambino) cattolico nei pressi di Vicenza. Una copertura efficace, che però richiedeva uno sforzo non indifferente per un bambino.

Non solo Ferruccio dovette separasi dalla famiglia, senza sapere cosa ne sarebbe stato di mamma e papà, ma fu anche costretto a fingersi un perfetto bambino cattolico. Infatti, mostrare di non conoscere i riti poteva far saltare la copertura, poteva sollevare il dubbio che Ferruccio fosse ebreo. Nonostante la drammaticità della situazione, viene da sorridere leggendo il racconto di quel bambino che non sa che pesci pigliare al momento della confessione o che non capisce tutto questo inginocchiarsi e alzarsi durante la messa.

Nel luglio del ’43, con lo sbarco degli Alleati in Sicilia, la situazione sembrò migliorare per gli ebrei, ma precipitò di nuovo con l’8 settembre. Avvertiti da un impiegato comunale (“Scappate al più presto, siete i primi della lista!”) i Neerman furono costretti a rifugiarsi alla malga di Boscosecco ai piedi dell’Ortigara.

I ricordi di quegli anni sono cristallizzati nel libro, e scorrono veloci alternando momenti di incredibile tensione a pagine di vita (paradossalmente) quotidiana. Solo nel ’45 la famiglia Neerman fu in grado finalmente tornare a Venezia: questa volta la guerra era davvero finita. Sono queste le pagine più belle del libro. La gente in festa che si riversa nelle calli, la libertà di camminare per le strade e di essere riconosciuto come ebreo, senza dover aver paura. La felicità, la sorpresa, il sospiro di sollievo, la luce del sole che ora si può godere, perché non ci si deve più nascondere.

Quella della famiglia di Ferruccio è, per fortuna, una storia a lieto fine: al termine della guerra tutti i membri della famiglia si diedero appuntamento al cimitero ebraico del Lido di Venezia, davanti alla tomba della nonna. Lì, col cuore in gola, si contarono, e scoprirono che non mancava nessuno.

Nonostante non vi sia livore nella memoria dell’autore (una tranquillità frutto di decine di anni di riflessione sulla propria storia), è impossibile che esperienze del genere non lascino il segno, anche a distanza di moltissimi anni.

Ho chiesto a Ferruccio cosa gli sia rimasto della sua infanzia rubata, riporto le sue parole: “Quando avevo 14 anni ero un superperseguitato politico. Questo significava che sulla mia testa, e su quella di tutti gli ebrei, c’era una taglia di 5000 lire, e che chiunque poteva prendermi in mezzo alla strada, mettermi contro al muro e fucilarmi, senza dover rendere conto a nessuno. Oggi, a 84 anni, quando cammino per la strada il mio istinto è quello di camminare rasente ai muri, così da potermi buttare nel primo portone aperto in caso di necessità. Questo è ciò che mi è rimasto”.

Giulia Galimberti

Titolo | Infanzia rubata
Anno | 2002
Autore | Ferruccio Neerman

Foto in basso: fonogramma del questore di Venezia contenente disposizioni ulteriori riguardanti gli ebrei

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