Il Way Out West è un Festival che guarda al futuro

Il Way Out West è un Festival che guarda al futuro

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Pusha T way out west
Pusha T @WayOutWest | ph. Brunlof Windell

Venerdì 11 agosto, atterro a Göteborg-Landvetter alle 09:20 e sono ancora sulla scaletta Ryanair quando mi raggiunge quell’arietta frizzantina di 12 gradi che solo le estati in Scandinavia possono regalare. Sorrido, di fronte a questo “bentornata” della città: mi ero ripromessa di tornare a visitarla proprio nel 2023, per festeggiare 10 anni dal periodo dell’Erasmus che avevo trascorso proprio qui, quando ero giovane e prestante (?).

Se è la vostra prima volta in Svezia, ci metterete poco ad accorgervi dell’efficienza del Paese (le battute sulle istruzioni IKEA si sprecano). Sappiate che se atterrate all’aeroporto Landvetter, potete arrivare comodamente fino a Göteborgs centralstation, la Stazione Centrale di Göteborg, spendendo circa 10€ con il Flybussarna (bus). Promemoria non richiesto: in Svezia non c’è l’euro, ma le corone svedesi (SEK) e nel momento in cui scrivo 1€ equivale a 11,85 SEK. Inutile dirvi che ovunque, ma letteralmente ovunque, si può pagare con la carta. Altra indicazione non richiesta ma forse utile: in stazione ci sono diversi locker automatici dove si può lasciare il bagaglio custodito a un prezzo accettabile, circa 3.5€ all’ora. Io non posso evitarlo perché il mio Airbnb non consente un early check-in. Poco male, risolvo subito prenotando uno di questi armadietti.

Attraversando il centro storico acciottolato di Göteborg, noto che è interamente addobbato a festa per i celebrare i 400 anni dalla fondazione della città: bandierine colorate appese in ogni dove! Tecnicamente la sua fondazione risale al 1621, ma nel 2021 il Comune della città ha scelto di rimandare i festeggiamenti causa pandemia. Ecco quindi che quest’estate si attendono migliaia di visitatori in città, ai quali vengono offerti tour guidati, mostre ed eventi ad hoc. La festa finale sarà il weekend del 31 agosto – 2 settembre! Evviva! 

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C’è ancora un altro motivo che mi ha portato a Göteborg quest’estate: volo verso Slottsskogen, il parco nel cuore della città di Göteborg, che come ogni anno ospita il celebre Way Out West. Il Way Out West è uno dei festival più importanti di tutta la Svezia, che dal 2007 ogni anno ad agosto anima per tre giorni i 137 ettari del parco della città, richiamando artisti da ogni parte del globo. È un festival di musica elettronica, rock, internazionale, distribuita su almeno 4 o 5 palchi diversi, ma è anche un festival di cinema, di cibo completamente vegetariano e, più in generale, di sostenibilità. 

Way out West
Ingresso del Festival

La prima cosa che colpisce è il livello di organizzazione maniacale di questo evento (vi ricordo sempre le istruzioni IKEA, ndr): l’app del Festival è talmente ben fatta che è impossibile non provare un senso di estremo appagamento nell’utilizzarla. Potrete suddividere i vari eventi per giorni, per palchi, per orario e addirittura mettere un alert nel calendario in modo che l’app vi avvisi quando mancano 15/30/60 minuti al vostro concerto preferito: così non vi perdete nulla! Stiamo nel 2030 e non lo sapevamo.

Appena entro nel parco, mi rendo conto che avevo infinitamente sottostimato la dimensione del Festival: incontro sponsor di ogni tipo, da Zalando a Visa, dal Tanqueray a Coca Cola, da Oatly a Samsung Galaxy, da Redbull a Doritos! Nulla è lasciato al caso, nemmeno il cibo. Anzi, soprattutto il cibo. Il Wat Out West è un festival vegetariano e offre aree ristoro e food track completamente privi di offerte di carne e in gran parte privi anche di latticini, sin dal 2012. “Diventando vegetariani” – ci dicono gli organizzatori – “abbiamo ridotto le nostre emissioni del 40% – e il 15% dei visitatori del festival afferma di mangiare più cibo vegetariano dopo essere stati a Way Out West.” E’ un piccolo passo, certo, ma sempre più necessario.

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La Villa Belparc è dove viene ospitato il press center, ovvero la sala riservata alla stampa, all’interno della cosiddetta “VIP area”. Anche qui i giornalisti/blogger/influencer/fotografi sono davvero more than welcome, e possono usufruire gratuitamente di bevande e snack, connessione wifi e prese di corrente. Per farvi capire, nelle istruzioni del festival si legge: “Nel press center troverai anche un team di volontari talentuosi pronti ad aiutarti. In generale, troverai semplicemente tutto ciò di cui hai bisogno per svolgere il tuo lavoro in un ambiente rilassante.” Once again, 2030. 

La lineup di quest’anno è incredibile, ma assolutamente in linea come ogni altra edizione; c’è da impazzire nel tentativo di incastrare tutto:

 

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Mi avvio trotterellando (licenza poetica) al Linné stage, dove mi attendono gli Yo La Tengo, gruppo rock statunitense, divenuti celebri anche a livello mondiale grazie a pezzi come Autumn Sweater e You Can Have it All. Iniziano a suonare alle 14:30 in punto e l’ambiente si infiamma immediatamente, e devo ammettere che per avere quasi 40 anni di carriera alle spalle tengono il palco in maniera egregia. Del resto, non è stata una vera sorpresa: il loro ultimo album This Stupid World è stato valutato 8.5 da Pitchfork e li vale TUTTI. “This stupid world, it’s all we have” è un mantra che non abbiamo ancora interiorizzato abbastanza.

Considerazione a valle del primo concerto: temo di aver sottovalutato l’altezza dello svedese medio. Sappiate che chi scrive raggiunge i 160cm scarsi e non c’è un cazzo da ridere. So già che domani avrò il torcicollo e i crampi ai polpacci per essere stata sulle punte no-stop. E immediatamente mi sovviene il ricordo indelebile del mio Erasmus di 10 anni fa, quando non arrivavo letteralmente allo specchio del bagno. (Chi tra i miei amici si ricorda di QUELLA foto, batta un colpo!).

Mi riprendo dall’indie rock e alle 15:15 volo verso lo Hojden Stage perchè iniziano a suonare i Nu Genea!! Niente popodimeno che il duo napoletano, signore&signori! Proprio loro che se la comandano anche in terra svedese! Avevo assistito a un loro live al Castello Sforzesco un paio di estati fa e, soprattutto, sono stati anche il nome di punta della line-up del Tanta Robba Festival di quest’anno! E chi sono io per non portare alta la bandiera dell’asse Cremona-Goteborg? Scherzi a parte, Bar Mediterraneo è un album pazzesco, Marechià non vi uscirà mai dalla testa, ma io mi sono innamorata di loro grazie a Napoli Segreta, di quando ancora si chiamavano Nu Guinea. Niente da fare, anche qui in Svezia hanno esportato il loro “chill mood” dal ritmo berlinese-partenopeo che non ha eguali. E funziona ovunque, è incredibile! 

Nu Genea way out west
Nu Genea | ph. Nathalie Ulinder Cuti

L’edizione dello scorso anno ha registrato più di 50.000 ingressi e oggi pomeriggio, complici dei soleggiati 20 gradi, me ne accorgo perfettamente. Scoprirò solo un paio di giorni più tardi che l’edizione di quest’anno ha battuto ogni record e ha registrato 55.000 ingressi! Non era affatto scontato, dal momento che fino a pochi giorni fa Göteborg ha dovuto affrontare fortissimi temporali che hanno causato anche rilevanti inondazioni in tutta la città Anche per questo, lo staff del Way Out West ha svolto un lavoro egregio: ogni area del parco era perfettamente transitabile e il fango era soltanto un banale corollario. Del resto, Slottsskogen è talmente grande che la folla si dirada per forza, chi a saltare sotto ai quattro palchi chi ai food track chi spiaggiato sul laghetto e chi, infine, colleziona merch e gadget dai vari sponsor. 

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Ah, vi sarà utile sapere che ogni spettacolo termina intorno a mezzanotte, relativamente presto per un Festival di questa portata. Eppure, si sono inventati una sorta di Festival parallelo che si chiama Stay Out West e ha proprio una line up dedicata: “Quando l’ultima canzone viene eseguita a Slottsskogen e l’area diventa silenziosa, il festival continua in vari locali nel centro di Göteborg” recita il claim. Ed è proprio così: la folla si riversa nei vari club della città per ballare ancora e ancora.

Nel pomeriggio sono passata da Pusha T, nome d’arte di Terrence LeVarr Thornton, e vibravano persino le transenne. Nato nel Bronx (e dove altro, se no?) e amicone di Kanye west, negli ultimi anni sembra che stia vivendo proprio un’ascesa mondiale: il suo It’s Almost Dry sta spopolando anche in tutta Europa. Non solo noto per i suoi testi crudi e intensi, ma anche per la sua abilità nel narrare storie di vita di strada, di droga e di criminalità, ci mette davvero poco a far tremare il palco del Way Out West. Dovessi dirvi due brani preferiti azzarderei King Push e Numbers on the Boards.

Arrivo tardi, invece, per sentire Christine and the Queens, ma sorprendentemente mi accomodo senza sforzo a pochi metri dal palco. Christine and the Queens è il nome d’arte di Héloïse Letissier, francese, che attualmente preferisce utilizzare i pronomi maschili (he/him) in totale armonia con il fascino androgino che lo contraddistingue.

Christine and the Queens way out west
Christine And The Queens | ph. Timothy Gottlieb

Dalla mia traiettoria laterale assisto a quella che per me sarà la vera rivelazione del Festival: avevo sentito parlare dei suoi show, ma non avevo capito che fossero vere e proprie performance artistiche, più che meri concerti. Come si muove sul palco ha qualcosa di ipnotico, e riesce a catturare l’attenzione della folla senza sforzo, permettendo a tutti di immergersi nella sua musica elettronica e “viva”. Immagino che in un contesto teatrale possa rendere ancora di più, mentre canta Tilted e To Be Honest, una delle sue ultime hit. Personalmente, continuo a preferire Chaleur Humaine (2014), un album ricolmo di provocazioni sia al pop sia agli stereotipi sociali, cantato e “vissuto” da una donna pansessuale alle prese con l’identificazione di sé. È la seconda volta che utilizzo gli aggettivi “viva” e “vissuto” parlando di Christine and the Queen ma, credetemi, mi risulta impossibile trovare aggettivi altrettanto eloquenti.

E come spesso accade, credo che il nome di punta della line-up di qualsiasi concerto richiami almeno il 30% degli spettatori. Non fa eccezione quest’anno, dove i Blur la fanno da padroni assoluti. Niente da fare, non hanno età, conquistano le generazioni, sono sempiterni. Iniziano a suonare e dopo un paio di pezzi Damon Albarn diche la Svezia è il primo Paese dove hanno fatto il tour al di fuori del Regno Unito (e probabilmente degli USA), scatenando un boato tra la folla. Ma che vi posso dire io dei Blur? Cosa potrò mai aggiungere a 35 anni di carriera straordinaria?

Blur way out west
Blur | Pao Duell

Vi posso solo assicurare che non si può restare fermi quando quel quartetto Brit suona a poche decine di metri da te canzoni immortali come Song 2, Girls & Boys, Coffee & TV, Parklife, Country House (wow)! Niente, loro si divertono a suonare e si vede e si percepisce ad ogni nota, e tu sei lì, circondato da svedesi altri 85 metri (LOL) a cantare come fossero tutti amici di vecchia data. Sono le 23:30 e inizio a rinunciare all’idea di sentire la mia canzone preferita. E poi, invece, eccole lì, le prime note di Tender, signore&signori, quel capolavoro assoluto di Tender che vi invito a (ri)ascoltare ora, per farvi venire un po’ di sana malinconia. 

Ok, tocco il letto verso l’una e mezza e realizzo che sono sveglia da circa 22 ore e 30. Non vi sorprenderà sapere che la mia giornata avrà ritmi differenti dalla precedente.

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E’ sabato 12 agosto e appena riesco a ricompormi, mi precipito al mio caffè preferito di Göteborg, il Cafè Husaren, che si trova nel cuore di Haga e che per me fa i Kanelbulle più buoni del mondo! Sono enormi (ma davvero enormi), più o meno delle dimensioni di una pizza napoletana, per intenderci, e spessi 4/5centimetri. Ma non spaventatevi: potete anche chiederne un quarto e avere la colazione svedese più appagante in circolazione! 

Mentre finisco le mie 5.000kcal del mattino, realizzo che devo rinunciare al concerto di Josè Gonzales per andare alla scoperta del secondo festival parallelo al Way Out West: il mitico Way Out West Film! Praticamente, questi svedesi geniali si sono inventati un modo per tenere insieme musica e cinema, presentando ogni anno film premiere e prime visioni esclusive come parti integranti del Festival! Per dire, Tra i momenti salienti di quest’anno ci sono le anteprime mondiali di quattro delle più attese serie TV in arrivo: Tore (Netflix), diretta da Erika Calmeyer, scritta e creata da William Spetz, Ondskan (TV4), diretta da Erik Leijonborg e Daniel Di Grado, basata sull’iconico romanzo di Jan Guillou, e la seconda stagione di Threesome (Viaplay), diretta da Lisa Linnertorp.

Way Out West sta anche proiettando documentari di molti registi svedesi acclamati a livello internazionale, come After Work di Erik Gandini, che tratta della nostra relazione con il lavoro, Breaking Social di Fredrik Gertten, che analizza i modelli globali di politica criminale o cleptocrazia, esplorando le possibilità di superare ingiustizie e corruzione, And the King Said, What a Fantastic Machine di Axel Danielson e Maximilien Van Aertryck, che esamina come la nostra ossessione nel documentare ciò che ci circonda abbia modificato il nostro comportamento.

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Tuttavia, la mia scelta ricadrà su All the Beauty and the Bloodshed, diretto da Laura Poitras, e vincitore del Leone d’Oro a Venezia nel 2022. Il documentario viene proiettato in una sala del cinema Hagabion, a poche centinaia di metri dal parco del Festival, dove si può accedere con lo stesso biglietto del Way Out West. La sala è minuscola, terrà 25 posti al massimo, ma siamo in troppi e alcuni ragazzi si siedono per terra. Mi sembra di essere tornata alle autogestioni del liceo! In ogni caso, hanno fatto bene quei ragazzi a non perdersi la proiezione per nulla la mondo: il documentario dura 1h e 57 minuti e racconta la vita dell’artista e fotografa Nan Goldin e i suoi sforzi nel combattere la famiglia Sackler, dinastia della casa farmaceutica Purdue, che fu grandemente responsabile dell’epidemia di oppioidi negli Stati Uniti dei decenni passati. In due ore di pellicola emerge una moltitudine di temi differenti e complessissimi che tengono lo spettatore incollato allo schermo, dall’attivismo contro gli oppioidi alla libertà sessuale e sentimentale degli anni ’70, dalle morti precoci per HIV degli anni ’80 fino allo straordinario potere narrativo della fotografia di cui Goldin è maestra. Infine, mi è impossibile non pensare a Just Kids, mentre si guarda il documentario, e come le vite di Goldin e Armstrong richiamino quelle di Patti Smith e Robert Mapplethorpe.

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Con la mente intrisa di fotografie e lieve malinconia, scelgo di ascoltare un ultimo concerto al parco, seguendo il mood del momento: mi piazzo in ottima posizione sotto palco per ascoltare le Boygenius, trio magico formato da Julien Baker, Phoebe Bridgers e Lucy Dacus

Phoebe Bridgers way out west
Boygenius (Phoebe Bridgers) | ph. B. Windell

È dall’uscita del suo Stranger in the Alps (2017) che sognavo di ascoltare un concerto di Phoebe Bridgers e in qualche modo è successo: le sue (tristi) ballate indie si sposano alla perfezione con Julien Baker, altro talento incredibile che “stringe sempre il cuore con le sue ballate elettriche” per citare il buon Pandini. Per capirci, Bridgers ha fatto innamorare persino Taylor Swift (Nothing New) e i National (Your Mind is Not Your Friend). Da quando hanno iniziato ad esibirsi insieme, è come se le potenzialità artistiche di ciascuna di loro (tutte under 30, ndr) si fossero moltiplicate per regalare a noi ascoltatori EP dal calibro di Boygenius (2018) e il nuovissimo The Record (2023). Sentiremo molto parlare di loro, della loro musica, del loro attivismo queer e sociale. 

Ho amato tutto di quest’ultima performance, persino la pioggia che ha reso l’atmosfera ancora più magica.

 

Dopo 150 pagine di articolo, concludo sottolineando che organizzare ma soprattutto gestire 55.000 persone in totale sicurezza, garantendo loro accesso alle aree con i servizi igienici, all’acqua potabile, alle sedute, e, naturalmente, permettendo loro di godere della musica nella maniera più ordinata possibile, è un lavoro che implica il coinvolgimento di centinaia di persone e decine di volontari. Ecco, quindi, che il mio GRAZIE di cuore va agli organizzatori del Way out West! 

 

Arrivederci al prossimo anno, di cui si possono già acquistare i super early tickets!

 

Qualche info pratica:

  • Per spostarvi a Göteborg puntate sui mezzi pubblici o sui monopattini in sharing (io ho scelto Tier e mi sono trovata benissimo)
  • Scaricate l’app del Way Out West
  • Al Festival non sono ammessi: ombrelli, borracce piene, cibo portato dall’esterno
  • Nel parco c’è pieno di water refill station per riempire le vostre borracce
  • Se dovesse piovere, troverete orribili ponchi distribuiti ovunque (consiglio quindi di portarsi un mitico K-Way)
  • Infine, per sapere cosa vedere in città: https://www.goteborg.com/en/guides/10-must-dos-in-gothenburg 

 




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