“Il vaso di Pandoro” di Selvaggia Lucarelli è l’anatomia di una caduta
La nuova inchiesta della giornalista sul fenomeno Chiara Ferragni e Fedez. The Ferragnez.
In principio era il blog. E il blog si è fatto social. E venne ad abitare in mezzo a noi. Parafrasando i vangeli, fonte di brodo primordiale culturale italiano nonché di parabole, è a un’altra parabola che arriviamo. Questa volta però non parliamo di una metafora religiosa ma geometrica. La parabola è quella di Chiara Ferragni e Fedez. The Ferragnez.
Ed è anche nel brodo primordiale culturale (e mediatico) italiano che la storia di un’ascesa ha trovato un terreno molto fertile. O forse, semplicemente, con una grande fetta di popolazione con l’esigenza di essere molto disattenta.
Ma andiamo con ordine.
Il libro Il vaso di pandoro è il racconto, anzi, l’inchiesta che analizza il fenomeno Chiara Ferragni e Fedez. Un’inchiesta che parte quando, a dicembre 2022, l’editorialista del Fatto Quotidiano Selvaggia Lucarelli inizia a nutrire il sospetto che qualcosa non tornasse di fronte alla commercializzazione dei pandori Balocco griffati Chiara Ferragni volti a sostenere un’iniziativa benefica per i bambini malati di cancro.
La comunicazione che spiegava l’iniziativa non era chiara e sembrava legare alle vendite del suddetto pandoro l’entità della donazione. Così Lucarelli, seguendo un’intuizione, inizia a chiamare l’ufficio stampa Balocco per chiedere delucidazioni. Pensava, comprensibilmente, che sarebbe stato impossibile ricostruire la verità in pochi giorni. E invece – e questa è la prima rivelazione di questo libro inchiesta – sorprendentemente ottiene la maggior parte delle risposte alla prima telefonata.
“Il progetto ha una finalità benefica ma non c’è una diretta proporzione tra numero di pandori venduti e la quota che viene destinata al progetto”.
Bomba.
È il 15 dicembre 2022 quando, dopo una serie di approfondimenti, telefonate ai responsabili dell’ospedale destinatario dell’iniziativa e altre verifiche, Selvaggia Lucarelli pubblica sul quotidiano Domani la sua inchiesta che titola al contrario della comunicazione sulla scatola del dolce natalizio: “Il pandoro benefico di Chiara Ferragni è soltanto marketing e non beneficienza”.
La notizia fa parlare e dibattere anche se forse non quanto dovrebbe. Ma evidentemente attira l’interesse di chi dovrebbe indagare sulla tutela dei consumatori.
È un anno dopo esatto – come racconta Selvaggia Lucarelli nel libro Il vaso di Pandoro – il 15 dicembre 2023, quando Chiara Ferragni viene multata dall’Antitrust per promozione ingannevole.
Non si vuole, qui, ricostruire tutta la vicenda. Non è né la sede né ne abbiamo le competenze. Il meccanismo dietro all’iniziativa è perfettamente ricostruito nel testo edito da Paper First. Quello che si vuole rilevare qui, però, sono gli approfondimenti e le riflessioni che questo libro offre e suscita.
Se nel 2022 Selvaggia ha provato ad aprire il vaso di Pandora (appunto) delle attività benefiche promosse da Chiara Ferragni, oggi – nel maggio 2024 – il risultato che ne ha tratto ci parla anche di noi. Dell’esigenza che abbiamo di avere dei punti di riferimento che rispondano ai nostri desideri. Della fiducia acritica che sviluppiamo verso certi modelli, ebbri della potenza inarrestabile che hanno la condivisione, le maggioranze e la viralità. Inteneriti da primi passi, pianti e sorrisi di bambini.
Il vaso di Pandoro non è, infatti, solo un’inchiesta sul caso che ha portato a quello che sembra essere – almeno per ora – la caduta di una stella e di un sistema che attorno a quella stella ruotava. Chiara Ferragni. Poi “Ferragnez”, dopo il matrimonio con Fedez.
Il vaso di Pandoro, come afferma anche il titolo di un capitolo, è l’anatomia di una caduta. Un’inchiesta che consulta fonti informatissime (ex dipendenti, ma non solo). Un’inchiesta che analizza il ruolo di certe figure che ruota(va)no intorno all’astro nascente. Un’inchiesta su un successo che è stato alimentato da molti di noi.
È capitato davvero spesso – almeno a chi scrive – di rimanere intrappolato nel vortice di video, foto e reel di dinamiche familiari. Ma rileggendo oggi gli eventi messi in fila – perché è questo che Selvaggia Lucarelli fa molto bene in questo libro – tutto torna. Tornano gli intenti. Tornano i fini. Tornano i risultati.
Perché se il vaso di Pandora, nel mito greco, una volta aperto avrebbe portato nel mondo tutti i suoi mali, nel vaso di Pandoro ci siamo anche noi e le conseguenze della disintermediazione della comunicazione causata dai social network.
Ci siamo noi che abbiamo almeno una volta pensato che forse Selvaggia Lucarelli esagerava. Perché è questo quello che accade quando, di fronte a una maggioranza che ha bisogno di esempi e modelli da seguire o da invidiare, si prova a dire che il re è nudo. Finché il re non appare nudo per davvero, si pensa che a essere nudo sia solo chi prova a dare una lettura diversa. Altra.
Quello che è accaduto a Selvaggia Lucarelli in questi anni – su qualsiasi fronte e qualsiasi tema, sia chiaro – è di venire additata come la blogger che “attacca” qualcuno. Che “si scaglia”. Che “prende di mira”. E di certo Selvaggia Lucarelli non ha alcun bisogno di essere difesa in questo articolo. Anzi. Sicuramente leggendo il libro capiterà a molti di non condividere alcuni passaggi, alcune letture che possono sembrare troppo “opinioni”. Chi conduce un’inchiesta giornalistica è anche persona. E il giornalista è essere umano pensante (di solito).
Sicuramente quegli “attacca”, quei “si scaglia” e tutte quelle espressioni volte a sminuire il lavoro di inchiesta di questi mesi sul caso Ferragnez hanno trovato terreno fertile in una società patriarcale. Avete mai visto utilizzare gli stessi epiteti per giornalisti uomini sui siti dei principali quotidiani del paese? (specifica necessaria, perché alcune testate che fanno riferimento alla destra usano, invece, questi epiteti in maniera unisex. Hanno trovato un modo per rendere inclusiva la shitstorm, insomma).
Ma soprattutto, quelle espressioni trovavano terreno fertile in una società che, come si diceva prima, ha bisogno di modelli. Modelli da invidiare. Da ammirare. Da seguire con fede cieca.
I Ferragnez, per tanto tempo, sono stati la nostra famiglia reale. Per molti forse lo sono ancora.
Torneranno a essere quello che erano, nelle loro vite che – attualmente – vengono condotte separatamente?
Non è l’oggetto sicuramente di questa riflessione.
Quel che rileva, però, è che da Il vaso di pandoro appare chiaro come questo fenomeno abbia fatto ad avere tutta questa presa. E con quale facilità il mondo Ferragnez abbia potuto godere di stampa sempre benevola. Perché a chi conveniva mettersi contro 29 milioni di follower? Sicuramente nemmeno a Selvaggia Lucarelli, che qui non si vuole di certo ritrarre come eroina, ma che, come si evince dal libro, spesso – in alcuni momenti – ha deciso di non scrivere di determinati episodi che rimessi oggi in fila erano così auto evidenti. E perché questo? Perché le shitstorm scagliate dai fan diventavano a volte insostenibili.
Il vaso di pandoro, quindi, è un’inchiesta che merita di essere letta perché ci restituisce qualcosa di noi. Degli strumenti che, di fronte a fenomeni nuovi come i potentati dei social ancora non abbiamo. Di norme che sembrava mancassero e invece – come emerge – non è davvero così, altrimenti non ci sarebbe stata la multa dell’antitrust e l’indagine in corso.
Ma Il vaso di pandoro ci restituisce anche qualcosa del ruolo della politica che, come un avvoltoio, si è gettata sul cadavere della famiglia (diventata) reale per lanciare decreti legge gridati ai quattro venti. Per commentare modi di agire durante conferenze stampa di fine anno. In fondo, quanta destra non vedeva l’ora che i modelli del perbenismo, della promozione dei diritti, dell’uguaglianza e del mondo woke, facessero un passo falso?
E quanta sinistra si è trovata nuda di fronte alla scoperta che certi promotori, forse, di quelle idee avevano più bisogno che reale sentimento?
“Il vaso di pandoro” adesso è aperto.
La speranza è che ci dia qualche strumento in più per riconoscere iniziative potenzialmente fuorvianti. Tutti, in fondo, da questa vicenda – inclusi i protagonisti stessi – abbiamo qualcosa da imparare.
Ps. Per tutti quelli che leggendo questo pezzo penseranno “in realtà noi non ci eravamo mai cascati”. Se vi siete sentiti offesi da certe generalizzazioni espresse in questo testo, chi scrive si scusa. In fondo anche l’interpretazione di un fenomeno di massa è soggettiva. Così come può essere soggettiva la valutazione della sua dimensione. Quel che è certo, però, è che certi fatturati parlano chiaro. E quei fatturati hanno potuto esistere anche grazie a un sistema alla cui base c’era un determinato consenso (o presunto tale).
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Titolo | Il vaso di pandoro
Autrice | Selvaggia Lucarelli
Anno | 2024
Editore | Paper First – Società editoriale Il Fatto