Il teatro d’improvvisazione: “Pubblico, sei pronto?”
Indicazioni per spettatori di hockey su palco.
Ogni tanto capita che alcuni spettatori audaci (o un po’ sbadati?) non sappiano cosa stiano per vedere a teatro, vuoi per tenersi la sorpresa, vuoi perché invitati da un amico all’ultimo momento.
Ma che siano gli attori stessi a non sapere cosa andrà in scena, ecco, questo é un po’ più raro.
Ed é la più intima essenza e la massima certezza del cosiddetto Teatro d’Improvvisazione.
Messo a punto in Canada alla fine degli anni ’70, questo tipo di spettacolo é in realtà latente in ogni embrione di pièce teatrale e di norma gli attori ne sono più o meno consapevolmente portatori sani.
Per farla breve, è una forma di recitazione che vieta ogni tipo di copione, in cui tutto si crea e si trasforma davanti agli occhi dello spettatore, senza decori scenici né accessori, sotto gli occhi attenti di un arbitro di strisce bianche e nere adornato.
Un arbitro? Sì insomma, diciamo che Robert Gravel e Yvon Leduc non é che potessero proprio lasciare campo libero -é il caso di dirlo!- a una manciata di attori pieni di idee straordinarie a caso… allora hanno deciso di imporre delle regole precise, ispirate a nientepopodimeno che all’hockey su ghiaccio, ovviamente.
Questo dettaglio dovrebbe bastarvi a capire perché nei fantomatici “Match” (la forma di spettacolo più praticata nel teatro d’improvvisazione) gli attori sono tendenzialmente vestiti con magliette di tre taglie più grandi del dovuto, di uno stile invidiabile – ?– da quarterback dell’highschool anni 90. In più, questa faccenda dell’origine sportiva spiega anche l’indole competitiva insita nell’improvvisazione: divisi in due squadre, gli attori si affrontano di volta in volta per guadagnare punti e vincere così l’intera partita.
Ma vediamo di andare con ordine, caro pubblico amante del rischio che, in cerca di grasse risate, ti sei ritrovato ad un “match d’impro” (n.d.r. chiamalo così, come un vero Caribou del Quebec).
– Alzati in piedi quando i giocatori/attori cantano il loro inno ufficiale a inizio partita: una volta che si sono riseduti in panchina, una squadra per lato del palco, aspetta che l’arbitro dia le istruzioni per la prima delle tante mini improvvisazioni della serata.
– Scrivi tu stesso uno dei titoli che saranno estratti a sorte dall’arbitro durante la serata e che costituiranno il tema di partenza dell’improvvisazione. Se non hai in mente nessuna situazione né un luogo particolare, basta una parola a caso; gli attori troveranno il modo di crearci una storia. In più, l’arbitro potrà dare un taglio a ciascuna delle improvvisazioni imponendo una particolare modalità: alla maniera di un western, cantata, racconto per bambini, metal, alla Fellini, alla Agatha Christie, soap opera rosa, al tempo dei Romani… e chi più ne ha più ne metta! (sempre sul famoso foglietto dato all’ingresso!).
– Rispetta i venti secondi di caocus (leggi “cocùs”, sei o non sei Caribou?!): é il preziosissimo tempo che segue l’annuncio dell’arbitro di titolo, tipo e modalità dell’improvvisazione. E’ l’unico momento in cui i compagni di squadra possono decidere come impostare il loro “gioco”. Tranquillo, mentre loro inventano mondi paralleli e vicissitudini improbabili, il DJ ti coccola.
– Sii un giudice imparziale e divertito. Alla fine di ogni improvvisazione (la durata, decisa dall’arbitro, di solito varia dai trenta secondi ai sette minuti massimo) alza in alto il cartellino del voto mostrando il colore della squadra che hai preferito. Grandi dilemmi etici flagelleranno la tua coscienza, soprattutto nel caso di improvvisazioni di tipo “misto”, che vedono coinvolti contemporaneamente nella stessa imprò giocatori delle due squadre, che costruiscono una scena comune. Sii forte, e ogni tanto dai un’occhiata al tabellone dello score.
– Quando a fine improvvisazione l’arbitro segnala falli o irregolarità (mancanza d’ascolto, volgarità, ripetizioni, citazione di marchi, cliché, fuori tema) esprimi il tuo eventuale dissenso lanciandogli garbatamente delle ciabatte o delle calze appallottolate – fornite in loco, per il vostro ed altrui comfort. Tieni presente che per ogni tre falli fischiati, la squadra avversaria guadagna un punto.
Infine, caro spettatore, se proprio vuoi godertela fino in fondo, finito lo spettacolo vatti ad iscrivere ad un corso d’improvvisazione. Che ti fai quella faccia da Caribou? Certo che ci si prepara! Nonostante si salga in scena senza aver fatto ore e ore di ripetizioni (grazie, oh dei del curling!), l’improvvisazione é uno sport teatrale che richiede molto allenamento e molta tecnica. Oltre a dei rudimenti base di recitazione e mimica, giocare in un match implica una grande capacità di ascolto, un attento studio dei tempi scenici, un’essenziale coesione di squadra e una gestione dello stress non indifferente.
E poi una certa creatività tendente all’assurdo, e un gran bel senso dell’umorismo. Ma quelle, se già siete pubblico da imprò, rischiate di avercele già.
Elisa Cugnaschi