Primavera, Estate, Autunno, Inverno… e ancora Primavera | Un film coreano di Kim Ki-duk
Il silenzio delle stagioni
Di solito le cose semplici non sono mai così semplici, oppure sono semplici nel loro significato più puro, ma in profondità nascondono un’intricata rete di aspetti che necessitano solo di silenzio e riflessione per essere compresi a fondo.
“Primavera, Estate, Autunno, Inverno… e ancora Primavera” (Kim Ki-duk, 2003) è il “semplice” racconto di un ciclo di vita attraverso le stagioni naturali dell’anno: l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta e la vecchiaia rappresentate appunto dalla primavera, dall’estate, dall’autunno e dall’inverno, con l’inizio di una nuova vita e il risvegliarsi della natura nella primavera che ritorna. L’intero film è ambientato in un piccolo monastero buddista galleggiante sulla superficie di un lago artificiale tra le montagne, unici abitanti un vecchio monaco e un bambino suo allievo.
Questo racconto potrebbe essere interpretato e letto attraverso una moltitudine di chiavi diverse, come la metafora, la differenza fra bene e male, la crescita, ma l’aspetto che più mi ha colpito è la presenza di molti “confini” (visibili e invisibili) che si alternano e si susseguono col passare dei minuti.
I confini delle stagioni, i confini delle età di un essere umano, i confini fisici e astratti, i confini fra silenzio e rumore, confini veri e falsi, che mettono in crisi con il dubbio della loro esistenza, confini complementari.
La scena iniziale si apre con una porta, una soglia, un confine che è esso stesso all’interno di un altro sistema di confini: il lago è separato dal bosco, il monastero è separato dal lago, l’interno del monastero è senza pareti, ma le stanze sono divise da porte senza muri che indicano un ambito e un utilizzo privato, personale, diverso dagli altri.
Ogni soglia è quindi un confine, con una sua specifica materialità e significato, la cui accezione non è per forza negativa, non indica un ostacolo o una schermatura, ma una semplice divisione, un cambiamento, una variazione morfologica o di significato.
I protagonisti del film attraversano molti bordi, molti confini durante la loro vita, in tempi e con comportamenti diversi e capiscono lentamente il significato stesso di confine, come per esempio quello tra divertimento e dolore: il piccolo allievo si diverte a legare una pietra al corpo di tre animali, impedendogli il movimento. Solo successivamente capirà il valore dei suoi gesti e come questi abbiano pesi diversi a seconda di chi li subisce e di chi li attua (l’impossibilità di movimento per un animale può significare morte).
I dialoghi sono ridotti al minimo e non sono realmente necessari per comprendere il senso delle immagini, quindi sono preponderanti i suoni del mondo naturale del film e il silenzio interiore dello spettatore, assorto da una realtà meditativa, lontana dagli affanni della “vita mondana” che appesantiscono il giovane uomo ritornato dal vecchio monaco che l’ha cresciuto.
I bambini disegnano la loro realtà e la loro fantasia tracciando prima di tutto i bordi neri dei soggetti, forse per avere conoscenza della forma e prova dell’esistenza di ciò che disegnano, come a dire: “Se ne delineo i confini, allora esiste”. Poi da grande ti insegnano a non disegnarli più, oppure ti fanno notare che non sono così imprescindibili dall’esistenza della realtà, perché ci sono anche se molte volte non sappiamo riconoscerli.
Ginevra Formentini
Primavera, Estate, Autunno, Inverno… e ancora Primavera
Bom, Yeo-reum, Ga-eul, Gyeo-ul, geu-ri-go Bom, Corea del Sud 2003
regia | Kim Ki-duk
interpreti | Oh Young-soo, Kim Young-min, Seo Jae-kyung, Kim Ki-duk
sceneggiatura | Kim Ki-duk
fotografia | Han ki-ub
musica | Bark Ji-woong
durata | 1h41’
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