Il re ha parlato – nel blu con Francesco Calzoni
“Credo che Il re ha parlato ti toccherà parecchio. Lo ritengo sia una lettura <necessaria>, ma non perché l’ho scritto io eh, ma perché racconta certe cose in maniera totalmente diretta ed è il modo giusto di farlo. Non è più il tempo storico per edulcorare certe tematiche”
Così il 15 gennaio 2024 Francesco Calzoni, autore del libro Il re ha parlato (casa editrice Robin) mi presentava suo figlio -come gli piace definire amorevolmente ogni sua opera. Lo avevo ordinato da pochi minuti su Amazon (losononsifabestiadisatana), unico modo fast and furious per leggerlo il prima possibile e soddisfare la mia curiosità femminile e la mia insaziabile curiositas. So perfettamente di aver peccato di impazienza ed egoismo, ma dovevo e volevo averlo subito. E, subito, l’ho divorato. Perché se una cosa mi piace, io la divoro. Mi è bastata un’ora, un’ora di lettura bulimica, ma anche di buona musica, un’ora di ascolto, di silenzio, di riflessione, sprofondando completamente nel blu dipinto di blu.
Sapete che il colore blu è il preferito dall’umanità in generale?
Non fa fatica a crederlo chi, come la sottoscritta, è nato e cresciuto al mare. Pensate, studiosi della percezione dei colori hanno scoperto che il colore blu viene spesso associato a fiducia, stabilità e competenza: nel 2007, infatti, le NU lo hanno scelto per rappresentare l’autismo, una sindrome ad esordio infantile che rientra tra i disturbi del neurosviluppo, caratterizzata da una percezione diversa del sensorio che va a compromettere l’interazione sociale, inclusa la comunicazione verbale e non verbale, propria di menti ribelli accomunate da una ristrettezza di interessi e da comportamenti ripetitivi e stereotipati.
Il re ha parlato affronta con cruda delicatezza questo tema dell’autismo insieme a quello dell’inclusione. Francesco Calzoni possiede una scrittura toccante, pungente, diretta, vera, ipnotica. Necessaria. Come necessaria è la realtà che descrive, scevra da qualsiasi pregiudizio e tentativo di edulcorarla in quanto lettura necessaria dai dodici anni in poi, obbligatoria, a mio modesto parere, in tutte le scuole data l’urgenza non più differibile dei tempi che viviamo e in cui viviamo.
I lettori sono invitati ad entrare scalzi, in punta di piedi nella bolla di sapone in cui sembra vivere il protagonista Lorenzo, adolescente con diagnosi di disturbo dello spettro autistico che cerca di sopravvivere tra atti di bullismo e momenti di profonde delusioni per i numerosi e fallimentari tentativi di un possibile inserimento sociale. La sua storia diventa la storia di tutti i ragazzi, da quelli introversi, solitari, timidi, a quelli più spavaldi, coraggiosi, intraprendenti.
E, forse forse, è la storia di tutti noi, ognuno con le proprie incertezze e debolezze, preoccupazioni, ansie, insicurezze e paure: ognuno ben trincerato nella propria bolla personale, pronta a dissolversi se qualcuno è capace di guardare, ascoltare, capire, o a scoppiare con te stesso dentro, se giudicati, ignorati, esclusi.
L’autore perugino ci insegna ad abitare questa bolla di sapone, e lo fa attraverso la protagonista femminile di questo romanzo, Dedi, il suo alter-ego. Approfondendo meglio la mia conoscenza con Francesco Calzoni sono andata sempre più convincendomi di quanto lui sia simile a Dedi. Francesco è, in modo del tutto inconsapevole, Dedi: definisce egli stesso ramingo, spirito libero, uomo libero, come suggerito dall’etimologia stessa del suo nome (la Cri nerd colpisce ancora, sorry!), amante di ogni forma possibile di contaminazione, capace di ascoltare non solo dell’ottima musica- come si può ben evincere dalle note introduttive presenti all’apertura di ogni capitolo del suo libro, una sorta di playlist dal sapore vintage di cuffiette e walkman in attesa alla fermata del bus o durante quei pomeriggi spesi tra un 33 o un 45 giri (che siano del giradischi o col motorino).
Francesco sa ascoltare le persone. “Sente” le persone. Come Lorenzo. Ancor di più, però, sa guardare oltre, oltre le apparenze, sa educarci a diventare grandi mediante l’empatia e la comprensione dell’altro, dell’indifeso, dell’ultimo, dell’invisibile. Come Dedi.
Dedi è “un pesce fuor d’acqua. Oppure, se preferite, una giraffa che vive in fondo al mare… perché, nonostante io sia nata e sempre vissuta in Italia, credo di essere un caso più unico che raro”.
Dedi è italiana, nera e rom, una reietta agli occhi degli altri, sulla bocca degli altri, nei pensieri degli altri. Il nome Dedi, significa “la mia preghiera esaudita” ci informa lo scrittore. La preghiera esaudita di Lorenzo, aggiungo io. È lei la vera” padrona di quel sorriso “ che lo salva, che uccide l’indifferenza del suo universo solo e solitario e seppellisce quella cattiveria e quegli atteggiamenti da bullo prevaricatore di cui soltanto ragazzi e adolescenti possono essere capaci.
Perché, è noto a tutti, l’adolescenza è quell’impasse da cui nessuno di noi può esimersi. È proprio in quel momento che si verifica la selezione naturale: essere lupo o agnello? Nutrirsi della forza del branco o del coraggio della pecora nera? Citando Guccini, al Calzoni tanto caro al suo cuore, “non me ne frega niente se anche io sono sbagliato. Spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato”. E chi se non Dedi, una “negra ebrea comunista” poteva abbattere quella rete di protezione in cui il re Lorenzo ,“colui che è cinto di laurus, alloro” (cisoncascatadinuovo!) si era da sempre rifugiato dando vita ad un rapporto di mutuo soccorso, solidale, un continuo sostenersi a vicenda, una complicità che (non?) è amore.
“Lei ha fatto il nido nel mio cuore… un piccolo destino in mezzo a tanta gente”. Lorenzo comincia a prendere dimestichezza con i colori, con le foto scattate da Dedi, con pantaloni e felpe dallo stile rapper, con un diario segreto, con il sorriso e le risate di pancia, con sé stesso – e gli piace- e con Dedi- che gli piace. E tanto!
Questo piccolo-grande libro arriva come una carezza in un pugno per gli argomenti di grande attualità che esamina alternando leggerezza a profondità, con una narrazione senza sbavature, veloce, immediata ed efficace, come i messaggi che trasmette, avvalendosi di un contesto- quello scolastico- perfettamente funzionale alla manifestazione di tali comportamenti.
Attraverso le pagine dei rispettivi diari dei protagonisti assistiamo con un lacrima ingoiata tra i sorrisi alle loro fasi di crescita e all’ impellente desiderio di affermazione della propria identità, del proprio io, del proprio posto nel mondo, consegnandoci punti di vista differenti- quello di Lorenzo e di Dedi- sulla stessa drammatica storia. Un libro che ti entra dentro trapassandoti la carne da parte a parte come un proiettile. Un libro sul potere delle parole, quelle scritte e dette mai, e sugli sguardi che si accorgono e ti salvano. Un libro contro la paura dell’altro diverso da te, la storia di noi persone fragili che ci nascondiamo dietro il facile scudo della diffidenza passivo- aggressiva, forse perché addossare sugli altri ansie timori e affanni è meno complicato e doloroso di mostrarci per ciò che realmente siamo, con le nostre insicurezze.
Quella di Dedi e Lorenzo è la dimostrazione di come si possa “ottenere molto con un semplice sorriso, ma molto di più con un sorriso ed una pistola”. Perché a volte l’amore ti salva dal premere il dito poggiato sul grilletto. Altre volte, invece, l’amore è una pistola carica e spara per uccidere…
Tanta roba. Proprio tanta roba!
Maria Cristina Clericò