"Lo so, sono molto bello. Ma ora è meglio non pensarci" - Il vangelo secondo Lenny Belardo, amicone di Dio.
Il primo discorso ai fedeli di Lenny Belardo e’ un tripudio. Meteora nel cielo azzurro, scoppio di gioia, conquista delle folle, ultima frontiera del peacekeeping. Fra le parentesi quadre e quei tre puntini e’ sdoganato l’aborto, le messe celebrate da una femmina, molteplici divorzi, procreazioni assistite, gay, armonia divina, eutanasia. Un minestrone di luminoso liberalismo, il volto bellissimo di un papa giovane, non una nuvola sulle cupole di Roma.
Ciao Roma! Ciao mondo! Cosa ci siamo dimenticati? Ci siamo dimenticati di voi […] Miei carissimi figli. Non solo ci siamo dimenticati di giocare, ma anche di essere felici. E c’e’ una sola strada che conduce alla felicita’. E quella strada si chiama liberta’.
Questo discorso non e’ mai stato pronunciato.
E’ un incubo racchiuso, un pensiero nel retrocranio, un capo di stato con la faccia di Jude Law che sogna, finalmente, di dire all’umanita’ cinta dal colonnato di Bernini quello che vuole sentirsi dire.
Lenny Belardo e’ fulminante.
Non sono profondo. Sono solo presuntuoso.
Ho accolto con sconosciuto sollievo la notizia (m’hai studiato nelle ossessioni e c’hai tenuto a informarmi alle 7 di mattina, Amazon Prime, ti vedo che mi spii) che Paolo, il mio amatissimo Paolo, sempre e solo Paolo – senza cognome, perche’ ormai siamo praticamente parenti, neanche affini, siamo fratelli perche’ m’ha sconvolto il sangue e letto nell’anima molto piu’ di Amazon Prime, e vi assicuro ce ne vuole a farlo piu’ di Amazon Prime – dicevo, Paolo ha trasposto con eleganza su pagine Einaudi – che fanno sempre bella figura sulle mensole mediane delle librerie (quelle ad altezza naso degli ospiti, ne piu’ ne meno, cosi’ la vedono, se ne impallidiscono alla nostra sofisticata cultura di carta e inchiostro) – tutte le singole sillabe architettate dalle corde vocali di Lenny Belardo, papa giovane, Jude Law in tuta candida e sguardo agghiacciante.
Dopo che The Young Pope ci ha tenuti incollati agli schermi dei nostri computer di trasferta su SkyGo (ahinoi, quant’era bella, la vita da studenti con i decoder di mamma e papa’ e i divani comodi e i gatti a pseudo-disposizione e le tisane al finocchio sorbite a poco poco avvolti nei plaid di cachemire) Paolo Sorrentino ci regala – in pagine che sono tutto sommato poche – un ritorno breve ma sfolgorante di Lenny Belardo, e di tutte quelle cose che ci hanno fatto dire, nell’ordine, Lenny e’ un bastardo, Lenny e’ un genio, Lenny ama i Daft Punk e Bansky quindi io e lui siamo bffs, Lenny non ha cuore, Lenny e’ amore puro, Lenny e’ un santo, Lenny e’ un truffatore, Lenny e’ il migliore amico che ho perso da piccola. Ritornano, al suo fianco, quelle figure meno titaniche ma piu’ tangibili che gli hanno fatto da contraltare perfetto – Suor Mary, Dussolier, ma soprattutto, lui.
Torna Angelo Voiello, cardinale patito del Napoli che possiede tappeti che “valgono il doppio del PIL del paese da cui vieni tu” (cit.), e tornano tutte quelle frasi esaltanti che ci hanno regalato 10 ore di lunghissima, elaborata, incadescente grande vaticana bellezza.
Perche’, senza girarci intorno, questo e’ “Il peso di Dio“: l’insieme di tutti i discorsi, le massime, le prediche, le iperboli di papa Belardo e del cardinal Voiello.
E infatti, dentro, ci sono auto-encomi indimenticabili
Non sono solo saggio. Sono anche intransigente, irritabile, vendicativo. E ho una memoria prodigiosa
Ci sono le tipiche sorrentinate
Scrittori e religiosi si assomigliano. Non possono permettersi di risolvere il mistero altrimenti diventerebbero irrilevanti.
Ci sono consigli agli adolescenti
Alla fine, più che nel Signore, è necessario avere fiducia in se stessi, Lenny.
Ci sono perifrasi risucchiate direttamente fuori da “L’ Apparato Umano“
È tempo di smetterla di piangere lacrime ai funerali.
C’e’ l’indimenticabile umilta’ delle sue quotes
Lo so, sono molto bello ma ora è meglio non pensarci.
Ci sono innamoramenti istantanei. Multipli.
– Santo padre, qui tutti quanti dicono che lei è un santo.
– Calunnie
Ci sono lapidarieta’ devastanti
Quelli che credono in Dio non credono in niente.
Il sollievo, dicevo. “Il peso di Dio” e’ un libro di conforto. La tascabilita’ di una cosa grande, che hai amato e che ti ha fagocitato: la sicurezza di riscoprirne il tutto se te lo vai a cercare.
L’impressione di aver ritrovato un amico folle, ma indispensabile.
Autore: Paolo Sorrentino
Titolo: Il peso di Dio
Editore: Einaudi
Prima pubblicazione: febbraio 2017
Pagine: 140
Bonus: la sigla. Riguardatevela, e’ un capolavoro.
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