La distrazione è cosa santa e preziosa
Sabato sera sono andato alla veglia di Pasqua in un paese della val Seriana. Entro, mi siedo, spengono le luci e la chiesa diventa completamente buia. Il prete è un basso e cicciotto sacerdote delle valli bergamasche con un enfisema polmonare, che a ogni messa pare non riesca ad arrivare alla fine, ma è lì da anni. Era uscito dalla chiesa per entrare dalle porte principali in trionfo. Si era però dimenticato il microfono acceso. Nel buio silenzioso dell’assemblea concentrata, risuonano quindi, a tratti interrotti, i suoi insulti ai chierichetti. Al buio alcuni ridono, altri si indignano. Un uomo corre fuori ad avvertire il prete, lo sentono tutti! Si comincia, il prete entra nel tripudio dei canti e nel fiato sonoro delle canne dell’organo. Si legge la prima lettura. Finita la prima lettura, si passa alla terza. E la seconda? La gente è spersa dentro al suo foglietto, non ci si trova. Ma chi lo ha stampato? Dopo la terza lettura il prete cicciotto con l’enfisema parte a leggere il Vangelo, ma sbaglia, si è dimenticato la una quarta lettura! Viene ripreso e si riparte. Alcuni ridono, altri si indignano. Comincia il Gloria, il prete stona, la gente stona. L’organista va per la sua strada. Si chiude la messa. Il prete si scusa per i suoi improperi iniziali, che mica voleva insultare nessuno, anzi. Alcuni ridono, altri si indignano. Non è un tempio, è uno scempio.
A Pasqua si festeggia il Dio morto e risorto. Immaginate di andare a dirlo a Platone, a Socrate. E’ un concetto esagerato. Prendetelo come concetto filosofico, poetico: l’eterno che diventa mutevole, il creatore che diventa creatura. E’ una cosa assurda! Ognuno se ne rende conto, che creda o che non creda. Eppure, la gente alla veglia di Pasqua in val Seriana si distrae. Che scandalo! Lo scandalo peggiore è poi sentire che Gesù, morendo senza scappare dalla gente che lo frustava e lo derideva, ci dice che Dio muore per noi uomini piccoli e limitati. E’ morto e risorto per il prete con l’enfisema che sbaglia a celebrare alla veglia di Pasqua. E’ morto e risorto per la gente che ne ride e si indigna, per compiacere il vicino di panca. E’ morto e risorto per me, che faccio il cittadino che giudica la semplicità della realtà di paese. Dio è morto e risorto per la gente che alla veglia di Pasqua si distrae.
L’enormità di questo paradosso distrugge ogni preconcetto. Diventa impossibile giudicare, se Dio non giudica. Ciascuno è bello così com’è, qualsiasi scelta faccia nella vita, lo dice Dio.
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Oh bello innaffiare il giardino, per far coraggio al verde! Dar acqua agli alberi assetati! Dai più che basti e non dimenticare i cespugli delle siepi, perfino quelli che non dan frutto, quelli esausti e avari. E non perdermi di vista, in mezzo ai fiori, le male erbe, che hanno sete anche loro. Non bagnare solo il prato fresco o solo quello arido: anche la terra nuda tu rinfrescala. (Bertolt Brecht).
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A rendersene conto, questa è una cosa che cambia la vita. E’ impossibile non uscire a festeggiare. L’individuo è squarciato come un velo verso l’eterno. Ognuno è chiamato a partecipare a qualcosa che è molto più grande di lui, a uno scandalo che è difficile accettare se si rimane in sé. Hegel dice che “L’uomo è la natura che prende coscienza di sé”. Ma c’è un rischio: quello di limitarci a guardare noi stessi, a compiangerci per i nostri mali, a cercare la nostra salvezza. Piuttosto, dobbiamo uscire verso il mondo, che è puro per antonomasia e purifica. “Esci fuori, Lazzaro!” Esci da te stesso ed entra nel mondo. Ascolta il fringuello e la cincia che cinguettano la mattina e scrivi una poesia. Sorridi ai fratelli che vivono con te questa terra. Guarda negli occhi la tua donna, così bella. Esci fuori. Adamo, conosci il nome dei venti, conosci il nome degli animali e le loro abitudini. Conosci il bene e il male del mondo. Prendi il sole. Esci fuori a festeggiare.
Piccoli peccatori distratti lo siamo quindi in quanto “dis-tratti”, tratti fuori. La distrazione verso le cose del mondo è santa e preziosa. Ogni attività del mondo, ogni lavoro, dovrebbe essere questa dis-trazione. Invidio scienziati, chimici e medici, che sanno il nome di ogni elemento, di ogni muscolo. Il libro di Mario Rigoni Stern, “Il libro degli animali”, è un perfetto esempio di questa distrazione. Non sono scritte storie nuove, non ci sono invenzioni, sono descritte le storie degli animali della montagna, così come sono. Con minuzia e sincero interesse. Volpi, lupi, donnole, rapaci, urogalli, coturnici, fagiani di monte, fringuelli, api, orsi, caprioli, gufi, picchi. Storie meravigliose raccontate da un vecchio incantato che guarda fuori dalla finestra della sua casa di montagna. La storia della passera scopaiola è una poesia. Una passera scopaiola aveva perso il suo stormo diretto verso i caldi africani. Un pallino da caccia l’aveva ferita all’ala, e volava a stento. Arrivò la neve e il freddo, ma ogni tanto Mario la vedeva svolacchiare sugli alberi davanti alla casa. Era sorpreso che ancora nessun gatto selvatico o donnola la avesse mangiata. Un mattino, andando a dare da mangiare al cane, superando la bufera di neve, scoprì l’arcano. Il cane, Cimbro, tra le zampe e il petto, si teneva al caldo la passera scopaiola. “Cimbro, cane da caccia selvatico e appassionato come nessun altro, mosse appena la coda come volesse scusarsi per questa debolezza sentimentale.”
Oggi siamo pieni di distrazioni che non sono distrazioni. I social media riempiono la testa di foto e commenti sugli altri, ma non fanno che chiuderci in noi stessi e incatenarci in una struttura di pregiudizi reciproci. Piuttosto, dovremmo uscire nel mondo a festeggiare. Prendiamo il sole e godiamocelo tutto. Impariamo dal prete cicciotto della val Seriana. Passiamo la vita a distrarci!
Il libro degli animali
Mario Rigoni Stern
Einaudi, 2005