In auto tra Slovenia e Croazia | Il caso e il falò
Abbiamo rimediato la quarta cena e la quarta notte dei nostri dieci giorni in macchina tra Slovenia e Croazia grazie a un incontro a caso.
Anzi, a dirla tutta, possiamo dire che io, Tomo, Giulia, Lele e Checco siamo finiti insieme per una serie fortuita di casi e questo ci ha resi molto aperti a quel che viene, ed è così che dopo le tappe di Postojna, Ljubljana e Zadar, Carolina, Francesco e Lorenzo, diretti in Serbia, hanno dato un’inaspettata svolta alla nostra visita al Parco di Pltvice, il bosco dei laghi blu.
I 30000 ettari verdi di territorio croato sicuramente appartengono a un altro tempo e a un’altra dimensione, ma meno del dovuto in agosto, quando i sentieri in legno in perfette condizioni sono congestionati da turisti che si scattano selfie e da mandrie di bionda gioventù pompata di steroidi che danno al panorama di acque cristalline piene di trote un ché di parco avventura in puro stile Gardaland.
Rendersi conto della bellezza elementare della cascata di 76m, la più alta della Croazia, che si staglia al tramonto, diventa complicato se si è spalla a spalla con chi lancia ciottoli alle trote (“FAUNA!” Direbbe Lele) nell’acqua blu di travertino.
E’ quindi nel più banale degli scenari di luogo turistico isolato, come la maggior parte delle attrattive che abbiamo visitato (Zadar 129 km, Zagreb 150 km, Trieste 223 km) che abbiamo incontrato per caso Caro, vecchia conoscenza di Giulia, e i suoi amici, che hanno suggerito a noi cinque senza meta precisa di montare le tende nel prato di Alex.
Dopo aver faticosamente abbandonato il Parco, il cui fascino è aumentato esponenzialmente dopo le 20.00 al diminuire drastico dei turisti e al virare al blu del verde dei laghi, abbiamo comprato una forma di formaggio alle erbe e birra per tutti nell’ultimo degli onnipresenti baracchini incrociati lungo la strada montuosa per Otočac, in modo da contribuire al piatto di pasta offertoci una volta arrivati a destinazione.
Il vero nome di Alex non lo sappiamo.
Abbiamo cercato di interpretarlo dalla sua patente, ma quando abbiamo provato a chiamarlo non si è girato. Alex ha 49 anni (gliene avremmo dati una decina di più) e per 30 anni ha lavorato come taglialegna. Poi la crisi, l’innalzamento dei prezzi con l’aumento del turismo a Pag, a Krk e a Dubrovnik e la perdita del lavoro.
Alex ha un campo e qualche pecora, il prato si trasforma in un free camping a offerta libera e lui pascola il gregge, o almeno questo è quello che abbiamo capito dal misto di tedesco e croato che parla il nostro ospite. Ci detto ha che capisce l’italiano ma non lo parla, a differenza degli abitanti dell’Istria, che come ci ha spiegato Aurora, la padrona di casa a Kanfanar, lo studiano a scuola come seconda lingua.
Alex ha acceso per noi un enorme falò in mezzo al campo che è tutto un cricri di grilli, un leccio e quattro campers e ha osservato perplesso il nostro spentolare goffo da figli di liberi professionisti. A lui è evidente che non sopravvivremmo 20 minuti da soli e non ha accettato rigatoni e pasta integrale molto al dente al gusto pomodoro e formaggio caprino che abbiamo preparato nei rapidi tempi di un’ora e mezza. Si è preso due birre e ci ha offerto rakija (grappa) distillata da lui. Sperava in un joint ma l’abbiamo deluso.
La notte ci è letteralmente rotolata addosso mentre ci passavamo cucchiai e forchette con cui pescare rigatoni dalle ciotole IKEA, a separarci dal buio solo il falò e la chitarra di Francesco.
Alex ha inaspettatamente cantato con noi Twist and Shout intorno al fuoco e ci ha raccontato di un terzo cane oltre ai due che hanno scorrazzato tra i nostri piedi (Tamara l’avremmo portata con noi, non fosse stata un cane evidentemente felice) che è stato quasi sgozzato da un lupo. Storie di un altro mondo insomma.
Mi ha ripetuto a gesti che gli piacciamo, che andiamo bene (dobro), che siamo felici, che ha una figlia/o della mia età che sta a Zurigo (credo). Rimane comunque evidente che come massaia o fuochista ai suoi occhi non sarei un granché e un po’ l’ho offeso non accettando le sue sigarette.
Mi sono chiesta perché Alex si sia tanto sforzato di parlare di sé a otto ragazzi che hanno passato con lui una sera. Forse perché con chi non conosci e non rivedrai è più facile tirare fuori le cose, ed è più facile farsi ascoltare.
Il cielo nero è un trionfo pulito di stelle e siamo stati tutti molto vicini, non per il freddo né per la fame, ma perché è bello quando sei giovane e le cose vengono da sole, succedono libere, per caso, un po’ come è stato tutto questo viaggio frutto di coincidenze e un po’ come avvengono gli incontri, quelli veri, i migliori.
Foto di Beatrice Dalla Volta