“Il blu è un colore caldo” di Julie Maroh
Quando le storie d’amore scaldano anche le sfumature più fredde
A proposito di film che non si trovano nelle sale italiane. Quando arrivò nel Belpaese La vita di Adele fu veramente difficile trovare in provincia (ma anche in città) una sala in cui poter vedere il nuovo capolavoro di un regista che già avevo amato profondamente grazie al meraviglioso mondo narrato in Cous Cous. Ero agitatissima perché già sapevo di poter uscire dalla sala con l’entusiasmo e l’emozione che solo i film più meravigliosi sanno lasciare ma, soprattutto, ero così euforica perché finalmente potevo vedere proiettato sul grande schermo la storia che avevo letto nella tavole di Julie Maroh, Il blu è un colore caldo, e che mi aveva fatto piagnucolare come poche cose al mondo.
Era il 2013, il sole non brillava nel cielo perché era un inverno gelido e soprattutto nebbioso ma l’arrivo di Un blu è un colore caldo in libreria fu uno di quegli eventi da svegliarsi al mattino presto per arrivare fra gli scaffali ad accaparrarsi una copia. Cominciamo dal fatto che, ovviamente, il film non ha niente a che vedere con il romanzo grafico e, banale ma non troppo, già il titolo dovrebbe suggerirlo. La vita di Adele nasce da tavole che hanno un titolo che è un’assurdità, un paradosso che vuole anticipare quell’immensità che solo il primo amore può avere, quando tutto viene vissuto senza limiti e preclusioni. Perché sì, sostanzialmente il protagonista del graphic novel di Julie Maroh è l’amore, quello che arriva all’improvviso, quello che Emma e Clementine si ritrovano a vivere dopo quello che si potrebbe chiamare un colpo di fulmine, un qualcosa che nasce e che la fumettista francese decide di raccontare partendo dalla fine.
La storia delle due protagoniste, infatti, è soprattutto un viaggiare indietro nel tempo, è un continuo intreccio color seppia, un mix di sfumature grigie e blu che si cercano, proprio come le mani di Emma e Clementine quel pomeriggio in un bar. Blu come i capelli di Emma e blu come il diario di Clementine. Blu, però, che da colore freddo diventa caldo perché pieno di amore e ricordi da tenere stretti.
“E non saremo più gli stessi”
Il graphic novel di Julie Maroh diventa così il racconto di un qualcosa che non si potrà dimenticare, una traccia indelebile dove l’amore è solo amore. Il tratto, infatti, non si concentra poi troppo su chi sta vivendo la relazione in quanto preferisce narrare del contrasto con la società ma soprattutto con i genitori i quali, d’altronde, si trasformano spesso in un ostacolo per tutti quegli amori adolescenziali che travolgono i figli e che mamma e papà vedono ancora troppo piccoli per affrontare una relazione, una parola che alle prime armi diventa più una conquista che una responsabilità.
Perché, se ancora non si fosse capito, la storia di Emma e Clementine è tutt’altro che un colore freddo: sono infinite carezze che lottano contro tutti in un lettino da una piazza sola, in una cameretta, quando ancora si è troppo piccoli per quello che sta per accadere e quindi ogni gesto è amplificato e pronto a far esplodere il cuore.
E le lacrime, ve lo garantisco, saranno l’unica logica conseguenza di infinite tavole d’affetto.