I Ragazzi di vita di Pasolini
Ragazzi di vita non è un libro adatto a tutti.
Non è particolarmente entusiasmante nella trama, non è scorrevole alla lettura, soprattutto per chi non è avvezzo al dialetto romanesco, e non è di certo un romanzo “facile”. Anzi, a ben guardare, non è nemmeno un romanzo. Manca, infatti, un fil rouge narrativo che colleghi le vicende dei protagonisti e che permetta al lettore di coglierne la trama. Al contrario, Ragazzi di vita è nudo e crudo. E’ esattamente come appare.
Nel momento stesso in cui lo prendete dallo scaffale della libreria e lo aprite per la prima volta, vi ritrovate a capofitto nelle vite del Riccetto, del Caciotta, di Alduccio, di Begalone e degli altri Ragazzi di vita cresciuti nel cuore dei sobborghi romani del dopoguerra. E a quel punto la trama non vi serve affatto, vi basterà affacciarvi ad alcuni episodi della loro esistenza, buttandovi l’occhio distrattamente come se guardaste all’interno delle case al piano terra, quando passeggiate per la strada e trovate le finestre aperte.
Era il 1955 quando Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini venne pubblicato per la prima volta, in un momento storico in cui già si sentivano scricchiolare le basi del neo-realismo italiano che tanto aveva entusiasmato i letterati dell’epoca nella speranza di un rinnovamento quantomeno stilistico oltre che sociale.
Pasolini, avverso alla “mistificazione artistica” della realtà nella letteratura, nelle pagine di Ragazzi di vita non lascia spazio ad una rappresentazione edulcorata della vita umana. Al contrario, è Pasolini stesso a dichiarare la propria volontà di “restare / dentro l’inferno con marmorea / volontà di capirlo” come si legge in Picasso.
E la vita nelle borgate romane degli anni Cinquanta che cos’è se non inferno? È inferno vagabondare senza meta per Pietralata nel tentativo di racimolare qualcosa da mettere sotto i denti. È inferno rovistare nell’immondizia alla ricerca di pezzi di metallo da poter rivendere al mercato nero e portare a casa due lire. È inferno barattare la propria umanità con istinti primitivi, quasi animaleschi, che emergono comprensibilmente quando si tratta di lotta per la sopravvivenza. E ancora, è inferno trovarsi costretti a rubare una “piotta” al proprio amico che se l’era procurata chissà come e chissà dove, perché la guerra tra miserabili non guarda in faccia nessuno.
Pasolini ci racconta un mondo difficile da digerire, soprattutto se visto con 60 anni di distanza, quando quella vita proletaria dei sobborghi romani ci colpisce allo stomaco con una crudezza ancor più impietosa perché a noi sconosciuta.
“A Pietralata, per educazione, non c’era nessuno che provasse pietà per i vivi, figurarsi cosa c… provavano per i morti.”
E sapete qual è la cosa più curiosa di questo giovane sottoproletariato? Che nonostante la condizione di miseria estrema e di totale desolazione, questi Ragazzi di vita conservano una carica di umanità disarmante, quasi ingenua, aggrappati come sono alla vita senza porsi prospettiva alcuna sul proprio futuro, senza illusioni né desiderio di evasione dalla propria condizione. Liberi, per così dire, dalla gabbia morale dei controvalori borghesi.
E’ quasi sorprendente, ma nelle pagine finali si ha la conferma definitiva: per i ragazzi di Pasolini non c’è alcun riscatto sociale. Al contrario, c’è l’ennesima riprova della decadenza morale e materiale di un Paese che pare aver dimenticato di trasmettere valori ai propri figli: i Ragazzi di vita sanno cos’è il sesso, ma non conoscono l’amore, né per qualcun altro né, ancor meno, per loro stessi.
La protagonista indiscussa, però, resta una sola. Roma. Una Roma colma di vita che ritroveremo anche qualche anno dopo in Mamma Roma del 1962 con una splendida Anna Magnani, una Roma che Pasolini ama con un amore quasi disperato e che, tuttavia, è capace di descrivere con una prosa asciutta e distaccata, facendosi osservatore passivo di quel degrado che ne affligge la bellezza ambientale e morale. (Siamo proprio sicuri che Ragazzi di vita sia stato scritto nel 1955…?)
Del resto, fu proprio per una presunta mancanza di morale e per aver trattato un tema scomodo e scottante come quello della prostituzione maschile che Pasolini e il suo Ragazzi di Vita vennero accusati di “oscenità” e subirono un processo nel luglio del 1955, che, tuttavia, con il dispiacere dei benpensanti, si concluse con la piena assoluzione. Qual è la colpa di chi grida esattamente come stanno le cose? Pasolini non si eleva mai a giudice morale dei fatti narrati, nemmeno quando si potrebbe gridare allo scandalo, si limita semplicemente a documentarli, a trascinare il lettore a passeggio col Riccetto per Donna Olimpia fino al Ferrobedò.
Non so perché ma non sono mai stata nel posto dove hanno ammazzato Pasolini. (semicit.)
Titolo | Ragazzi di vita
Autore | Pier Paolo Pasolini
Casa Editrice | Garzanti
Anno | 1955
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