Houellebecq: fisica delle Particelle Elementari
Fisica applicata alla società contemporanea. Houellebecq racconta l'individuo nell'era dell'atomizzazione sociale, mostrando il caos che governa queste umanissime Particelle Elementari.
Per la rubrica “Grandi scrittori viventi che davvero, ma davvero, te lo giuro, bisogna leggere”, vi parlo oggi di Michel Houellebecq.
Ovviamente la rubrica non esiste; mi serviva solo un incipit per catturare la vostra curiosità e andare dritto al punto: se non lo avete già fatto, dovete davvero leggere Houellebecq!
Forse perché è un autore provocatorio, misantropo, tagliente o nichilista? Anche, ma in letteratura tentano di esserlo un po’ tutti.
Magari perché è politicamente scorrettissimo, e pure conservatore, in un presente politically correct e di progressismo di posa? Decisamente più interessante.
Ma più di tutto, per la sua vocazione dissacratoria dei vari totem dell’identità contemporanea (e.g. l’eredità culturale sessantottina, l’affermazione della propria individualità, ecc.). Ciò fa di Houellebecq un Re Mida della scrittura la cui penna profana, e insieme consacra come grande letteratura, tutto ciò che tocca.
Si da il caso che ne “Le Particelle Elementari” Houellebecq decida di toccare un po’ di tutto: il Sessantotto appunto, la distopia, la scienza in generale, elementi di fisica e genetica, la sessualità naturalmente (nelle sue derive più perverse o problematiche), le relazioni umane… e l’elenco è lontano dall’essere esaustivo.
Questi elementi ondivagano tra le vicende dei fratellastri Michel e Bruno, in un costante zoom-in e zoom-out tra la Storia umana che avanza e i microcosmi individuali che la subiscono e al contempo la plasmano, fino a culminare nel superamento della specie umana stessa.
In questo senso l’opera sconfina la tipica definizione di romanzo-mondo, avendo in sé non solo un vivido affresco dell’oggi, ma una lettura in punta di coltello di ciò che fu ieri, e di quanto profeticamente possiamo attenderci da domani. Un’ambiziosa cavalcata temporale nella quale Houellebecq non perde mai le redini, costruendo con eccezionale varietà di elementi un’opera solida, unitaria e credibile.
Ottenere unitarietà e credibilità da materiale così magmatico e sfuggente, è già di per sé notevole. Aggiungiamoci allora una struttura narrativa ibridata da digressioni scientifiche, momenti di saggistica, analisi storico-sociologiche. Addomesticare una tale complessità in forma di un romanzo incalzante, riflessivo ma senza pedanteria, profondo eppure scorrevole, è qualcosa che solo il genio riesce a fare.
(Per inciso, ci riesce restando abbondantemente sotto le 800 – 1000 pagine; la sola giustificazione ammissibile per l’utilizzo dell’e-book).
Ma che significa tutto questo in termini pratici? Che ne “Le Particelle Elementari” troverete in perfetta contiguità roba di questo tipo:
- “ ‘Per farmi accettare dagli impiegati’ avrebbe detto Bruno, ‘basta che io mi travesta da impiegato. Cioè basta che mi compri un vestito, una cravatta e una camicia (…). Travestirmi da emarginato non mi servirebbe a niente (…). Perdo i capelli, tendo a ingrassare; più invecchio e più divento angosciato e sensibile, il minimo indizio di rifiuto mi da il tormento. In poche parole non sono abbastanza naturale, vale a dire abbastanza animale. (…) Bruno aveva capito che gli hippy non l’avrebbero mai accettato: non era e non sarebbe diventato un bell’animale.
Di notte sognava vulve aperte.”
- “Ciò non toglie che, compiuta la quarantina, le donne che avevano avuto vent’anni intorno al ’68 si trovassero in una condizione incresciosa. Per lo più divorziate, esse non potevano certo contare su quella coniugalità di cui si erano tanto prodigate ad accelerare la scomparsa. Facendo parte di una generazione che aveva proclamato la superiorità della gioventù sull’età matura, esse non potevano stupirsi di essere a propria volta disprezzate dalla generazione chiamata a sostituirle. Infine, con il progressivo afflosciarsi delle loro carni, quel culto del corpo che avevano potentemente contribuito a instaurare non poteva che indurle a provare per se stesse una ripugnanza sempre più intensa.”
- “Dopo aver esaurito i godimenti sessuali, era ovvio che gli individui liberati dai comuni vincoli morali si rivolgessero verso i ben più ampi godimenti della crudeltà; (…) In quel senso i serial killer degli anni ’90 erano i figli naturali degli hippy degli anni sessanta, e i loro comuni progenitori erano facilmente rintracciabili tra gli azionisti viennesi degli anni ’50.”
Houellebecq sa cogliere con glaciale puntualità le ombre della Storia, sottolineando quanto la letteratura possa ancora essere scienza umanistica cui spetta l’interpretazione “sentimentale” dell’uomo, e non soltanto una forma di intrattenimento per acculturati, o presunti tali. Ma non per questo Houellebecq trascura la storia con la “s” minuscola dei personaggi del romanzo che, sì, saranno un po’ stereotipati, forse poco dinamici nella loro evoluzione, ma capaci di esprimere intensamente, e tristemente, tutto il caos che governa queste individualistiche particelle elementari.
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Avendo aperto con una rubrica inesistente, perché non chiudere (in)coerentemente con un finale alternativo?
Vi propongo un “libro bonus”, un’opera in qualche modo pertinente a quella appena discussa, che ve la farà apprezzare maggiormente. Tipo le playlist algoritmiche di Spotify o una rivisitazione in chiave blogger del menù “secondo + contorno”.
Il libro bonus di oggi è “Il Mondo Nuovo” di Huxley, nient’altro che la distopia che Houellebecq commenta ne “Le Particelle Elementari”, riproponendola poi in chiave positiva come modello del futuro post-umano.
Due visioni contrapposte sulla “distopia dell’efficienza” che instaurano un dialogo tra queste opere, esaltandone il valore e moltiplicandone le chiavi di lettura.
Un “uno-due” di letture che non vi lascerà insoddisfatti!
Titolo | Le particelle elementari
Autore | Michel Houellebecq
Editore | Bompiani
Anno | 1999