Greener Grass, l’incubo benpensante di Paul Briganti

Greener Grass, l’incubo benpensante di Paul Briganti

L’erba del vicino è sempre più verde. O almeno così deve apparire. In Greener Grass Paul Briganti mette in atto una sorta di incubo grottesco nella middle-class americana. Due amiche (?) siedono sugli spalti di un campo da calcio ed osservano i loro figlioletti giocare, discutendo fra di loro. Sono tutte sorrisi e smancerie, mariti perfetti e vite patinate. Eppure qualcosa non va.

Il grottesco fa presto capolino nella vicenda, portandola verso sentieri inaspettati. Bambini ceduti, mariti scambiati, figli che diventano cani. Eppure, non sono questi accadimenti ad essere così grotteschi, quanto la risposta emotiva delle due donne e la loro gestione degli eventi. Ad iniziare dal loro sorriso (brillante di apparecchi correttivi applicati su denti perfetti), tutto risulta falso, patinato e finto. Un ottimo script, totalmente nonsense in alcuni passaggi, sorretto da una buona regia che si avvale di colori ipersaturi e strani primi piani su baci a dir poco disgustosi, rendono ancora maggiore il senso di totale straniamento. Che spesso porta alla risata, ma che alla fine lascia irrimediabilmente perplessi. Tutto concorre a rendere ogni dialogo ancora più grottesco, a partire dagli abiti delle protagoniste, selezionati per essere perfettamente in tinta con quelli dei mariti. Così come la normalità dell’assurdo, fattosi norma e vissuto con totale noncuranza. Non si può combattere l’assurdo che si è contribuito a creare.

Conta solo apparire? Conta mostrarsi come gli altri ci vogliono e si aspettano che noi siamo, nel bene (la famiglia cartolina) e nel male (l’epilogo). Siamo vittime delle nostre stesse apparenze, che contribuiamo ad alimentare, ma che alla fine diventano la uniche direttrici delle nostre vite. Sono la trappola che noi stessi ci creiamo, a volte talmente grottesca da diventare surreale. Talmente assurda che guardata da fuori sembra un cortometraggio surrealista. Ma grotteschi siamo noi che ci sguazziamo dentro senza fare nulla per cambiarla, in un’eterna competizione per l’accettazione da parte dell’altro. Briganti, veterano della comicità nonsense del SNL, ci porta nella sua personale visione distorta della realtà della patinata middle-class americana.

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