Hear My Voice – il nuovo EP di Gnut ha Napoli dentro

Hear My Voice – il nuovo EP di Gnut ha Napoli dentro

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Conosco Gnut da tempi non sospetti, scovato tra le pieghe di qualche autunno milanese di cui ricordo poco altro.
Al tempo, parliamo del 2011, era in uscita “Il Rumore della Luce”, album elegante e laterale, se mi si passa il termine. Cantautorato che non vuole essere pop, pop che non vuole essere mainstream, melodia che non vuole essere tormentone.
Gnut è uno che ti conquista in punta di piedi, senza invadenza. Ai concerti, quando c’è quel brusio di quelli che potevano anche restarsene a casa a guardare Un Medico in Famiglia, abbassa la voce e la chitarra fino a diventare un soffio. Di solito, quando fa così, poi si zittiscono tutti.
Una sera a Bologna un ragazzo dal pubblico gli fece il verso mentre introduceva una canzone, lui sorrise e passò oltre. A fine concerto, mentre eravamo a bordo palco a bere un po’ di vino e parlare, lo stesso ragazzo si avvicinò, gli strinse la mano, “Complimenti non ti conoscevo, mi scuso per averti preso in giro. Sei bravo”.
Le vittorie delle buone maniere mi sconvolgono sempre per la loro semplicità.

Da qualche giorno è disponibile “Hear My Voice”, EP di 4 canzoni con Piers Faccini come sempre alla produzione e la collaborazione di Alessio Sollo per i testi, interamente in napoletano.

Hear My Voice – il nuovo EP di Gnut

La tradizione cantautorale partenopea si fa spazio negli arrangiamenti, con i mandolini affiancati alle chitarre elettriche come un incontro postumo fra Roberto Murolo e Pino Daniele. Non si tratta affatto di un’operazione nostalgia, il piglio anzi è moderno, fresco, contaminato. Il suono non scimmiotta un passato anacronistico, piuttosto lo omaggia integrandolo in contesti inusuali. La somma degli elementi nuovi e vecchi è naturale e armonica.
La necessità di ritrovare le radici è anche nella scelta della lingua, quel napoletano troppo spesso raccontato con velleità televisive da splatter sociale, bistrattato, fatto clichè di violenza per vendere un paio di libri in più. Le poesie di Alessio Sollo sono il miglior biglietto da visita per uno degli idiomi più musicali del belpaese, versi eleganti e dolci, lontani anni luce da qualsiasi stereotipo moderno su Napoli e la napoletanità.
L’ammore ‘o vero smentisce chi dice che scrivere canzoni d’amore originali sia diventato impossibile, del resto nessuno fino a ora ci aveva messo in mezzo il letargo degli orsi e il biblico camminare sulle acque.
È la canzone più bella di questo EP, insidiata dall’altrettanto dolce Nu Peccato.

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Gnut non è artista da badare alle logiche commerciali, tantomeno alle mode.
Quello che mi piace del suo percorso è la scelta di prendere tutto ciò che è diventato il mondo musicale e ribaltarlo.
All’appiattimento dei suoni, lui risponde con i mandolini.
Al cantautorato italiano 2.0, tutto ignoranza e semplicità, lui preferisce armonie nobili fatte di accordi rari e una splendida tecnica chitarristica.
In un periodo di cantanti tutti uguali, gli uomini stonati e le donne da talent-show, la sua voce d’aria è rara e rassicurante.
In questo marasma di contenuti prossimi al niente e per giunta declinati sempre allo stesso modo, un EP di canzoni d’amore in napoletano è tanto coraggioso quanto strafottente, entrambe caratteristiche che non possono non farti piacere chi lo ha scritto.
Guardando all’intera discografia, in 2 LP e 2 EP Gnut ha riscoperto Napoli dopo essersi fatto un giro per l’Europa: ha tastato il terreno nel secondo disco, “Prenditi quello che meriti”, con la bellissima cover di Passione. Ha raccontato la sua quotidianità urbana in “Domestico” e poi è giunto qui, a questo EP che di inglese ha solo il titolo.
Parlando con Claudio Domestico (si chiama così, all’anagrafe, il nostro Gnut) in un paio di occasioni, ho trovato una persona innamorata della propria città. Si è fatto portavoce di una scuola di artisti che ama la propria terra e vuole farne parlare bene senza per questo cadere in atteggiamenti campanilistici o provinciali.
Musicisti che vivono senza attriti, senza competizione, divertendosi in progetti collettivi come Capitan Capitone o Tarall&Wine.
Napoli è il fulcro di questo EP, ed è bellissimo che lo sia nonostante il disco sia destinato ai mercati stranieri, con distribuzione in vinile in Francia e Inghilterra.

Chiudo con una raccomandazione.
Di solito, quando porto qualche amico a vedere Gnut, c’è scetticismo all’inizio e stupore alla fine.
Quindi, fatemi un favore.
Il 23 maggio a Napoli (Teatro Sannazaro) o il 26 maggio a Roma (Angelo Mai) non prendete altri impegni.
E quando finisce andate a salutarlo, che ci tiene.

Titolo | Hear My Voice
Artista | Gnut
Durata | 12:35
Etichetta | Beating Drum

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