Give Me 5 (Tokyo Blues Edition) | Vol. 128
Il treno regionale 10122 proveniente da Savona e diretto a Torino Porta Nuova, è in arrivo al binario 2, allontanarsi dalla linea gialla.
Chissà perché non scegliere il rosso? Sarebbe immediato associarlo al pericolo. Il giallo mi pare una raccomandazione, non un imperativo, qualcosa che potrei non rispettare, senza conseguenze. Il ragazzo a fianco si accende una sigaretta, probabilmente non aspira perché fa venire il cancro , ma sicuramente fuma da poco, non sa come tenerla in mano.
Non ho voglia di andare in città. Jazz entra in stazione, cosa dovrebbe suggerire quel nome sulla fiancata del treno? Una livrea nuova, versatile e frizzante per il medesimo pacchetto. Sicuramente non vantiamo uno Shinkansen, ma abbiamo una flotta musicale. “Vai sempre in giro nel tuo mondo con le cuffiette” mi apostrofava un ragazzo tempo fa, poi perplesso di fronte alla mia risposta: “Rossetto, musica e Imodium, mai farsi trovare impreparata”. Ti prego non portarmi a Torino, se proprio il prefisso deve esser lo stesso propongo Todi, Torri di Quartesolo o Tokyo.
Trenitalia informa: Prossima fermata stazione di Shinjuku. Ci scusiamo per il disagio, nell’attesa mettiamo su qualche disco.
Gesu no Kiwami Otome. – 私以外私じゃないの (Watashi igai watashi ja nai no)
Catapultati nel cuore della capitale nipponica, in questa corsa sincopata ci accompagna la band di Eno Kawatani e soci/ie (istant crush per la batterista Hona Ikoka). Interludio di tastiera, linee di basso super groove, una leccata di chitarra qui, sovrapposizioni vocali lì, con al centro quel bowl cut beatlesiano di Eno. Un mix di 4 minuti dai sapori jazz/funk/radio-ready, un mini Gojira virtuoso e colorato che prende spunti dai Sakanaction, mantenendo le cose splendidamente colorate come in un video dei Passepied.
Profuma di estate e zucchero, come una lattina di Morinaga Pancake.
Eiko Ishibashi – Car and Freezer
Ritmi morbidi e fluidi con quel gusto per l’introspezione della Ishibashi. La difficoltà maggiore è stata rendere questo CD sia in lingua giapponese che inglese. Mentre la prima si univa perfettamente con l’umanità dell’artista, la seconda comportava delle insidie e potenzialmente la perdita di sfumature nella traduzione. Incuriosisce il processo creativo, che si pone come doppio, senza esserlo. La voce delicata come il vento tremolante accarezza macchine e freezer abbandonati, prima di esser gettati in mare. Un manifesto sulla bellezza.
Mondo Grosso – Labyrinth
Yūgen in giapponese indica un sentimento misterioso di bellezza per le cose inafferrabili, l’allusività contro la completezza. La promessa di una rivelazione, che si cerca di tradurre, afferrare, spingendo la fantasia ad una visione senza limiti, metafisica, ma così delicata e fragile che evapora in mille rivoli. Labyrinth di Mondo Grosso è tutto questo.
Seguiamo la voce e la danza dell’attrice Hikari Mitsushima che si incanala in vicoli al neon, sorretta da una melodia lounge che ricorda Mondo Grosso di qualche anno fa, ma più sensuale, ti fa girare la testa con il suo incedere ebbro di sintetizzatori e scintillii di pianoforte. In questo indistinto spazio- tempo di gesti, suoni, forme e grazia profonda: Close your eyes… Don’t stop, I want to keep swaying.
Taeko Ohnuki – 4:00 AM
Alle porte degli anni ’80, prima del decennio perduto con la bolla speculativa del ’91, il Giappone sperimentò un vero cambiamento nel campo del design, industria, cinema, arte, fotografia. Nella moda, Kenzo e Issey Miyake destrutturarono la tradizione con poesia e tecnica, facendo nascere una nuova sensibilità, che trovò il suo demiurgo nel sarto (come ama definirsi) Yohji Yamamoto. Tuttavia prima del minimalismo, essenziale di facciata, ma ricco di forme e complessità, come uno yukata, troviamo, in campo musicale, il city pop.
Il mood di una metropoli notturna che fonde in perfetto equilibrio il funk, soft rock, con una sofisticata disco boogie anni ’70, in pop colour accattivanti. Taeko Ohnuki alle 4 del mattino ci innalza sopra ad un confuso agglomerato, composto da tanti organi avvinghiati l’uno all’altro come direbbe Murakami, innervando la sua musica con una lussureggiante e ottimistica anima funk- jazz, arrangiamenti di Ryuichi Sakamoto, sfarfallii di fiati, assolo di chitarra ispirata e la voce di Taeko, come un mochi alla ciliegia, morbida e appiccicosa.
Ci uniamo al coro prima dell’alba Lord give me one more chance!
Terumasa Hino – Like Miles
Considerato uno dei più grandi trombettisti giapponesi, quando costoro pensavano di non esser in grado di comporre jazz. Eppure è diventato parte integrante della loro cultura, le strade di Tokyo sono popolate di Jazu Kissa, locali in cui si sorseggia caffè e si ascolta Monk, Davis, Coltrane. Ci volle molto tempo perché i giapponesi potessero pensare di saper far jazz, senza copiare l’Occidente. Ed ecco che appare Hino, che intitola un suo brano Like Miles, ma non è un clone, perché salta sul carrozzone del free jazz, lidi che Davis giudicava sbagliati. In una società rigida e claustrofobica, la sregolatezza e la libertà di questa musica conquista.
Fermiamoci anche noi, un liquore nelle ore piccole? For relaxing time, make it Suntory time!
Bonus Track:
- Yellow Magic Orchestra – Behind the mask
- Mariya Takeuchi – Plastic Love
- Sakanaction- Bach no Senritsu
- Yuji Ohno – Lupin III – Silhouette