Give Me 5 (Leonard Cohen’s Heart Places Edition) | Vol.98
“Non mi sono mai davvero piaciute le canzoni con idee perché tendono a diventare degli slogan. Si occupano sempre del lato “giusto” delle cose: l’ecologia, il vegetarismo o il pacifismo. Queste sono tutte bellissime idee, certo, ma a me piace lavorare su una canzone fino a quando questi slogan – così meravigliosi e salutari come le idee che promuovono – si dissolvono in più profonde convinzioni del cuore. Non ho mai iniziato a scrivere una canzone didattica, si tratta sempre e solo della mia esperienza: tutto quello che metto in una canzone è solo la mia esperienza personale”.
Questa frase di Leonard Cohen esprime in modo quasi perfetto l’uomo che è stato, la ragione dell’amore smisurato che nutro per lui e la profonda emozione che mi pervade ogni volta che mi ritrovo da sola ad ascoltare un sua canzone.
Proprio questa sua qualità poetica infatti, fa sì che ogni volta che ci si ritrova ad ascoltare un album di Leonard Cohen, non ci si limita a prestare distrattamente le orecchie a delle semplici canzoni, bensì ci si ritrova a vivere con tutta la propria anima delle vere e proprie esperienze esistenziali tramutate in profonde convinzioni del cuore.
Esperienze intense, di fronte alle quali ulteriori parole sono solo superflue e per questo mi limiterò ad un semplice elenco in 5 punti che vuole essere una piccola guida musicale – senza troppe pretese – ai luoghi che hanno segnato la vita dell’autore.
Buon ascolto. E buon viaggio.
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Montreal (Suzanne)
Leonard Cohen nacque il 21 settembre 1934 al civico 599 di Belmont avenue, nel quartiere ebraico di Westmount a Montreal. Il frizzante ambiente artistico della città (la quale resterà sempre nel cuore dell’artista) unito ad un altro degli altri grandi amori di Cohen – le donne – lo portarono presto a prendere in mano la chitarra e a dare inizio alla sua carriera ormai leggendaria.
Proprio dall’incontro di queste due passioni venne alla luce Suzanne, canzone ispirata dal rapporto che Cohen intrattenne con Suzanne Verdal (fidanzata allora con lo scultore Armand Vaillancourt) durante la giovinezza trascorsa tra le vie della città canadese. Il testo racconta i rituali in cui si intrattenevano i due innamorati quando lei lo invitava nel suo appartamento vicino al fiume san Lorenzo, dove erano soliti bere tè Constant Comment e mangiare arance per poi fare lunghe passeggiate oltre la chiesa di Nostra Signora del Buon Soccorso (dove i marinai della città venivano benedetti prima di prendere il mare). La loro fu un’unione mai consumata ma vissuta con tale trasporto da ispirare una delle più belle canzoni del repertorio dell’artista.
Suzanne takes you down to her place near the river
You can hear the boats go by, you can spend the night forever
And you know that she’s half-crazy but that’s why you want to be there, and
She feeds you tea and oranges that come all the way from China
And just when you mean to tell her that you have no love to give her
Then he gets you on her wavelength
And she lets the river answer that you’ve always been her lover
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New York (Famous Blue Raincoat)
It’s four in the morning, the end of December
I’m writing you now just to see if you’re better
New York is cold, but I like where I’m living
There’s music on Clinton Street all through the evening
Leonard Cohen si trasferì a New York per la prima volta nel 1957 per frequentare la Columbia University per poi ritornarvi, questa volta davvero, qualche anno dopo nel 1966 in cerca di fortuna. Fortuna che non tardò ad arrivare, infatti John Hammond, l’uomo che aveva lanciato Bob Dylan, dopo averlo ascoltato – praticamente per caso – decise di fare lo stesso anche con lui.
Quando l’album Songs of Leonard Cohen uscì nel dicembre del 1967, la recensione del New York Times titolava “Giovane alienato crea della musica triste“. E proseguiva più o meno così: “Leonard Cohen è abbastanza giovane – 33 anni – canadese, ebreo, e molto, molto triste“. Ma Leonard Cohen era più di un semplice ragazzo triste, like a bird on the wire, aveva il dono di leggere nel profondo di sé e degli altri e nel farlo era capace di essere sempre infinitamente umano e sincero.
And what can I tell you my brother, my killer
What can I possibly say?
I guess that I miss you, I guess I forgive you
I’m glad you stood in my way
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Manhattan (Chelsea Hotel n.2)
And clenching your fist for the ones like us
Who are oppressed by the figures of beauty
You fixed yourself, you said, “Well never mind, We are ugly but we have the music“
Manhattan è il quartiere più ricco della città di New York ma curiosamente è anche quello dove più della metà di tutti i residenti vivono da soli. Una brutta solitudine epidemica che sembra contagiare tutti tra le strade dorate della città.
Cohen non fece certo eccezione, trasferitosi da poco nella grande città, infatti non conosceva nessuno e, per di più come raccontava lui stesso, non era neanche mai stato portato per quel tipo di fatica noto ai più come “socializzazione”. Ma Leonard era anche dotato di un animo magnetico, un po’ rude ma fiero e sensuale, proprio come la stessa Manhattan, che lo portò in poco tempo a conquistare tutti nonostante le difficoltà. Anche Janis Joplin che, pur preferendo gli uomini belli, per lui fece un’eccezione.
I remember you well in the Chelsea Hotel
You were famous, your heart was a legend
You told me again you preferred handsome men
But for me you would make an exception
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Hydra (So Long Marianne)
Greece is a good place to look at the moon, isn’t it?
You can read by moonlight You can read on the terrace
You can see a face as you saw it when you were young
There was good light then oil lamps and candles
and those little flames that floated on a cork in olive oil
What I loved in my old life I haven’t forgotten
It lives in my spine Marianne and the child
The days of kindness It rises in my spine and it manifests as tears
I pray that loving memory exists for them too
the precious ones I overthrew for an education in the world.
Days of Kindness, poesia scritta nel 1985 che potete ascoltare qui recitata da Leonard in persona.
Ma il grande amore della vita di Leonard Cohen fu Marianne Ihlen. I due si incontrarono su un’isola greca chiamata Hydra. Con i suoi 55 chilometri totali di costa, non era certo una grande isola ma per circa quasi 10 anni diventò abbastanza grande per cotenere tutto il loro sconfinato amore. Sconfinato a tal punto che anche dopo la fine della relazione, Marianne e Cohen rimasero in qualche modo legati, come testimonia l’ultima lettera che Leonard le scrisse prima della morte di lei, avvenuta solo qualche mese prima della sua: “e allora, Marianne, è arrivato questo tempo in cui siamo entrambi molto vecchi e i nostri corpi cadono a pezzi. Penso che ti seguirò molto presto. Sai che ti sono così vicino che se allungassi la mano, potresti toccare la mia. E sai che ti ho sempre amata per la tua bellezza e la tua saggezza. Ma non c’è bisogno che ti dica più nulla di tutto questo perché sai già tutto. Adesso, voglio solo augurarti buon viaggio. Addio vecchia amica. Amore infinito. Ci vediamo lungo la strada.”
We met when we were almost young
Deep in the green lilac park
You held on to me like I was a crucifix
As we went kneeling through the dark
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Israele (You Want It Darker)
There’s a lover in the story but the story’s still the same
There’s a lullaby for suffering and a paradox to blame
But it’s written in the scriptures and it’s not some idle claim
You want it darker We kill the flame
Nato in una famiglia ebrea della middle class, fin da bambino Leonard fu incoraggiato dai suoi genitori a coltivare le proprie inclinazioni artistiche ma fu anche molto appassionato alla letteratura e alla religione, in particolare alle storie dell’antico Testamento. Queste passioni nate nell’infanzia influenzeranno gran parte di tutto il suo lavoro successivo, pieno di referimenti in grado di spaziare con naturalezza dalla poesia alla teologia cosa che fa di lui, ancora oggi, un cantautore unico ed inconfondibile nel suo genere.
Anche la canzone che dà il titolo al suo ultimo Album, You Want It Darker (2016), ne è un magnifico esempio: “Hineni, hineni, I’m ready my Lord”, “Eccomi, eccomi, sono pronto, Signore” Leonard Cohen di fronte al mistero della vita che volge al termine dà la stessa risposta di Abramo, Giacobbe e Mosè prima di lui. E resta l’ultima testimonianza profetica della sua capacità di guardare il buio e trasformarlo in poesia, la più profonda e luminosa convinzione del cuore.
Magnified, sanctified, be thy holy name
Vilified, crucified, in the human frame
A million candles burning for the help that never came
You want it darker
Hineni, hineni I’m ready, my lord