Give Me 5 (Le Paste Frolle Edition) | vol.34
Settimana 25 - 31 gennaio 2015
Dopo le negrate e le poppate delle chitarre con gli indiani, è il turno di elettroni, protoni, quark, particelle sub-atomiche e suoni sub-normali.
Ripercorriamo cos’è successo di bello nel 2015 nel mondo delle paste frolle, cioè in quel particolare mondo musicale che ti si scuoce in bocca come la pasta quando è scotta, perché ti si è impastata tutta tipo colla quando l’hai tenuta troppo sotto la lingua, eppure c’era anche scritto tempo di cottura della pasta 12 minuti, ma tu ti credevi il tempo di preparazione della ricetta, e non della pasta, e ora sembra una big babol che ci fai le bolle, una pasta da masticare. Sei un ruminante da pastificio, uno in grado di fare le paste con la pasta.
Lato A – Le paste italiane
Indian Wells con Matilde Davoli | Games in the Yard
Indian Wells è il tennistico stage name di Pietro Iannuzzi, musicista e produttore calabrese. A testimonianza del fatto che pure se non fai l’hipster tra lambrate e corvetto, nella vita hai una chance (certamente molto ridotta) di farcela. Il suo Pause è forse il mio album d’elettronica preferito dell’anno. Un lavoro davvero di una qualità palpabile, molto palpabile, che impreziosisce la mezz’ora di tempo che vorrete dedicargli. Ma dedicargli davvero: se ve lo ascoltate mentre mettete la lavatrice, forse è meglio virare su Pomeriggio Cinque Rework di Diplo e Skrillex.
Yakamoto Kotzuga | Night Rider
Rieccoci sulla scena del delitto. Il buon Yakamoto Kotzuga aka Giacomo Mazzuccato è probabilmente, ad oggi, l’artista più citato nel #GiveMe5 (prova 1, prova 2, prova 3). Gli si potrebbe dare le credenziali d’accesso al nostro wordpress e dirgli di gestirsela lui, la situazione, ormai. Del resto non è colpa mia se il suo Usually Nowhere è un album straordinario, e nemmeno è colpa mia se dal vivo ti grattugia la musica in testa mentre ti imbocca le atmosfere nello sterno.
YOUAREHERE | Gagarin
Il tridente romano composto da Claudio Del Proposto, Patrizio Piasta e Francesco Stefanini, con Propaganda, ha fatto centro. Gagarin spiega perché, anche se la mia preferita resta Lacuna, ma che siccome che ve l’avevamo già inserita in un #GiveMe5 passato, evitiamo di ripeterci.
Aucan | Friends
Stelle Fisse è un album ben confezionato dalla celebre catena di supermercati francese dagli Aucan, trio che s’è formato a Brescia nel 2007. Il disco suona bene, ed è anche ruffiano al punto giusto, nel senso che di sicuro non inventa niente e non farete fatica a trovare facilmente il filo del discorso. Laqquiproposta Friends, ad esempio, deve molto ai Moderat, direi. Ma non vuole essere una critica. Ben venga qualcuno che si lascia contaminare da certe influenze in Italia, invece che dalle solite Nilla Pizzi e Bruno Lauzi.
Godblesscomputers | Clouds
Lorenzo Nada, pure lui, sta di casa al #GiveMe5. Ci sta simpatico, sì, e quindi? Il suo Plush and Safe, anche 8 mesi dopo la pubblicazione, si conferma lavoro molto valido. La controprova sapete qual è, sempre, per un bel disco? Che anche diverso tempo dopo che lo avete ascoltato e v’è piaciuto, vi ritrovate ad andare a ripescarlo e vi piace di nuovo e vi infatuate di pezzi che prima avevate considerato poco. Questa, fidatevi, è la prova del 9. Non voglio dire che sia niente di rivoluzionario, lo so che tutti sanno che funziona così, ma in ogni caso, per sgombrare il campo da equivoci e per evitare di sembrare supponente, io lo chiamerei Metodo Bargiani.
Lato B – Le paste nel mondo
Jamie xx | The Rest is Noise
In Colour è stato uno degli eventi discografici dell’anno. Bellissimo disco, a cui però qui avevamo voluto fare le pulci. Ovviamente, s’erano scritte un mucchio di baggianate. Però le si era scritte bene, sembravano convincenti. Ribadisco che The Rest is Noise (che molto deve al mitico Franco Califano, evidentemente) è la mia produzione preferita dell’album.
Panda Bear | Boys Latin
Polifonica, tipo le suonerie del trentatréddieci. La fa salire? Ecchéddomande! Certo che la fa salire. Viaggio mellifluo.
Floating Points | Silhouettes (I, II & III)
House che si muove sul free jazz, free jazz che si muove dentro l’house: il risultato è che sembra di ascoltare una composizione sonora di fiori di loto fluttuanti. La firma è di Sam Shepherd, uno che ha un Ph.D in neuroscienze. In effetti, può aver senso.
Holly Herndon | Interference
Va bé, prima che vi riesca a spiegare st’intreccio sapiente di loop, frammenti di loop e mignoli che sbattono contro i comodini di loop, fate prima ad ascoltarvela. Una dimostrazione di immenso talento, non fine a se stesso. Fine a noi stessi.
Oneohtrix Point Never | Sticky Drama
Elettronica e death metal. Ambient, pianoforti e spade laser raschianti. Robe malate. La critica l’ha osannato, Garden of Delete, l’ultimo album di Daniel Lopatin ovvero Oneohtrix Point Never, probabilmente perché non l’ha capito. E non potrebbe essere altrimenti, mi vien da dire. Un disco in puntinismo cuneiforme per astigmatici con gli occhi arrossati.
Bebopalula la tapas frolla ecciao