‘Giù nella valle’ ci siamo noi | Paolo Cognetti è tornato
Giù nella Valle di Paolo Cognetti l’ho atteso come si fa con certe feste. Ho tradito la mia libreria, confesso, perché sapevo che non sarei riuscito ad andarci e non volevo aspettare. Ho egoisticamente voluto averlo subito. E sapevo che non me lo sarei gustato, perché mi conosco.
Sapevo che mi sarebbe bastata una sera. La lettura bulimica. È quella che non farà mai di me un esperto letterario, ma solo un (per quanto possibile avveduto) avventore dei libri. Perché se una cosa mi piace la divoro. Per poi non riuscire a mangiare più per qualche giorno, sapendo che non ritroverò lo stesso piacere.
Ecco. Con Giù nella Valle (Einaudi Editore, 2023) è successo tutto questo. Ma lo sapevo. L’ho fatto consapevolmente.
Dopo questa parentesi egoriferita che è anche un mettere le mani avanti agli occhi di chiunque capiterà tra queste righe, saliamo in Valsesia. Lì dove l’autunno, in queste ore, sta spolverando di bianco e acqua. Dove l’inversione termica imprigiona a valle l’umidità. Dove il tramonto spacca le perturbazioni atlantiche risucchiate dai vortici del mar Ligure e risputate verso nord, colorando di rosso le cime macchiate di sparuti ghiacciai.
Lì dove la siccità dell’estate e l’accumulo di calore tardivo di un ennesimo ottobre ‘come non mai’ hanno messo in allarme l’istinto di sopravvivenza degli alberi, ritardando il foliage. Così il bianco ruba direttamente il colore al verde, saltando i passaggi dell’ordine naturale delle cose.
Saliamo in Valsesia, pagina dopo pagina, e lo facciamo con la semplicità apparente della montagna. Perché questa è la scrittura di Paolo Cognetti. E – dopo Le Otto Montagne e La Felicità del Lupo – questo Cognetti fa anche in Giù nella Valle.
Giù nella valle è un romanzo frutto dell’intreccio di più storie legate tra loro, in cui ogni protagonista – in diversa maniera legato agli altri narratori – racconta in prima persona la sua vita. La sua valle.
C’è un padre – l’unico che non parlerà in prima persona, in realtà, per ragioni che si capiranno – che pianta due alberi quando nascono i due figli. Che non abbandona la sua Fontana Fredda dove sono rimasti in otto, ma dove ora arriveranno le piste da sci e i soldi che ruberanno spazio a cinquemila alberi. C’è un figlio che aveva il sogno del legno, ma il mondo dell’artigianato è feroce, così del legno diventa guardiano facendo il concorso da forestale. Il compromesso dell’uomo moderno. Il sogno a metà.
C’è un altro figlio che è sempre stato ‘l’altro’ e a questo destino che gli è stato disegnato addosso si è fedelmente attenuto, scegliendo la via del Canada, la deviazione dall’ordine e dalla società con le sue regole. C’è una moglie coi suoi libri e la sua origine cittadina che della montagna era avventrice stagionale ma, come sanno fare certe isole, dalla montagna è stata catturata e mai rilasciata.
Ci sono gli animali liberi quindi selvaggi e ostili all’uomo e quelli che dell’uomo cercano la compagnia in un’esigenza di alleviamento reciproco. C’è la Sesia che scorre rapida finché la siccità non la inghiotte, ma nonostante ciò lascia pozze di calma, rifugio di trote e di corpi che anche nel freddo di novembre ritrovano il ristoro dello scorrere del sangue.
Ma soprattutto c’è la valle. La valle con i suoi ritmi e le sue usanze. La valle che, appunto, mi riporta all’isola. Perché microcosmo e itinerario di vita. Perché è lingua e abitudine. Tempo e consegna.
E Paolo Cognetti la montagna la sa raccontare rendendola, appunto, già dalla scrittura. Una constatazione che apparirà forse banale, ma è quella che più rimane impressa ogni volta che si prende in mano qualcosa di suo.
Nelle pagine di Giù nella Valle, se hai la fortuna di averla vissuta spesso – negli anni e nelle stagioni – la montagna la senti. La odori. È quell’odore di fieno, legno bruciato, letame e umidità che rimane ingabbiato nei fondovalle dove l’aria ristagna e il cielo è un ricordo. Senti l’effetto sulla pelle dell’umidità che non sale nelle zone dell’ombra, quelle dove poi sorgono le piste da sci, schivate dal sole e salvate dal calore dell’inverno moderno. Senti l’aria secca della cima, pietraia dopo pietraia, dove il secco residuo di settembre diventa letto del bianco novembrino.
In Giù nella Valle della montagna senti l’operosità silenziosa; il ritmo solo apparentemente lento. La conservazione del tempo che abbiamo perso nelle città. Senti il richiamo della delega alla natura, che è privilegio e maledizione di chi sa che a scegliere l’organizzazione della vita è la stagione.
In Giù nella Valle, forse, leggendo Paolo Cognetti, almeno per un po’ vorremmo esserci noi. Nell’egoismo avventizio ma possibilmente rispettoso di chi cerca rifugio dove nemmeno chi ci vive rifugio trova. Perché in Giù nella Valle c’è l’uomo e la sua storia semplice. Ci sono i suoi danni, personali e ambientali.
La sua vicenda di crescita, sogni, realtà, impatto, aggiustamento, lutto, risalita, raccordo. C’è l’ordinario che in fondo non è nient’altro che la nostra ritrovata passione per ciò che è semplice. Passione o, forse, ancora meglio, desiderio profondo.
Bentornato Paolo. E grazie. Per questo squarcio nelle nostre pareti tramite il quale ci consenti di guardare il mondo che hai scelto.
Titolo | Giù nella Valle
Autore | Paolo Cognetti
Casa editrice | Einaudi Editore
Anno | 2023
Doveroso Post Scriptum. Giù nella Valle è anche luogo di poesia e studio, nonché di grandi riferimenti letterari e musicali (Bruce Springsteen, stiamo parlando di te), ma chi scrive non ha ritenuto di volervisi avventurare – lasciamo fare questo lavoro a chi compete. Insomma, Giù nella Valle è un luogo – come la valle, appunto – dove ognuno può scegliere cosa andare a cercare.