Frances Ha è una di noi
Alzi la mano chi è tra i 25 e i 30 anni, chi non ha ancora capito bene cosa vuole fare da grande, oppure chi l’ha capito ma non ce la fa, chi vive in affitto o con i propri genitori, chi non ha una carta di credito, chi non si rifà il letto, chi lascia i vestiti per terra, chi dorme fino a tardi – ma il cielo è sempre più blu na nananana nananana.
O meglio, in questo caso il cielo è sempre grigio, visto che Baumbach ha deciso di girare il film tutto in bianco e nero, ma fa lo stesso. Il resto c’è tutto: Frances Ha è una di noi.
Ventisettenne aspirante ballerina, goffa, stralunata, dolce e irresistibilmente naif, Frances è una ragazza che ancora non ha trovato la sua strada per diventare adulta. “Sono così imbarazzata. Non sono ancora una persona vera.” Dice al cameriere che le chiede una carta di credito, rifiutandole la sua prepagata. (attimo di solidarietà: la vita può essere difficile con una postepay, lo dico per esperienza).
La precarietà è una costante per Frances: niente lavoro stabile, niente storia d’amore stabile, niente appartamento fisso. Quando Baumbach ce la presenta, all’inizio del film, Frances condivide l’affitto e gran parte delle sue giornate con la sua migliore amica Sophie. Il loro rapporto è descritto in poche e brevi sequenze come se fosse una storia d’amore, con in sottofondo le note di Deleure, compositore francese che ha lavorato con vari registi esponenti della Nouvelle Vague, su tutti Truffaut. Quando Sophie però decide di trasferirsi in una zona migliore di New York, il loro rapporto inizia ad incrinarsi e per Frances inizia un periodo di instabilità e incertezze, che comprende anche diversi spostamenti di abitazione, tanto che il film è diviso in capitoli intitolati come i suoi successivi indirizzi.
Il regista segue da vicino gli spostamenti, quasi frenetici, di Frances. C’è molta fisicità in questo personaggio sempre in movimento, che balla, corre, gesticola, si sposta senza realmente mai arrivare da nessuna parte. È come un concentrato di impulsività e vitalità che non sa dove indirizzare la propria energia, e finisce continuamente per andare a sbattere o girare in tondo, ma è la protagonista assoluta e lo schermo è solo suo. Il merito va in gran parte alla straordinaria interpretazione di Greta Gerwig, che riesce a rendere con impressionante candore la stramberia di Frances.
Tutto il resto è di contorno: i rapporti con gli altri, tranne quello con Sophie che dà trama alla storia, nascono sempre da incontri casuali, come lo scontrarsi di atomi e molecole che danno avvio a una reazione chimica. Così avvengono anche i cambiamenti nella vita di Frances, guidati dal caso.
La città, New York, è lo sfondo in bianco e nero di tutta la vicenda. Verrebbe spontaneo ripensare alla Manhattan di Woody Allen, che sicuramente è uno dei punti di riferimento di Baumbach, ma qui in realtà il bianco e nero serve più a rendere universale l’ambientazione piuttosto che a ricoprire New York di quella velata nostalgia che Allen le regala nel suo film. La città rimane sempre uno sfondo, potrebbe essere qualsiasi luogo. Infatti anche quando Frances si sposta a Parigi, il regista ci risparmia inquadrature malinconiche della capitale francese. La protagonista è sempre e solo Frances, che ancora una volta ci stupisce passando la maggior parte del tempo a dormire, frastornata dal jet leg.
Il film appartiene appieno al genere indie americano, di cui Baumbach è uno dei registi più conosciuti, ma ha qualcosa che va oltre: oltre il bianco e nero, oltre le citazioni. È una sorta di spontaneità, quasi come se si facesse da solo, a ogni sequenza tratteggiando in modo sempre più definito un ritratto di donna. Forse il merito va dato in parte anche alla Gerwig, non solo per l’interpretazione, ma anche perché è stata co-sceneggiatrice. La controparte maschile di Frances Ha, Greenberg (sempre diretto da Baumbach, con Ben Stiller), non ha neanche lontanamente la stessa forza espressiva.
Il finale, sebbene faccia intendere una distensione nel rapporto con Sophie, non è buonista: Frances non è diventata una ballerina, non ha raggiunto la stabilità e il successo. È una ragazza che se la cava, a modo suo. E chissenefrega se sull’etichetta della casella della posta del suo nuovo appartamento non ci sta il suo cognome per intero, è Frances Ha, e va bene così.
Nota per i più scettici: il film è stato inserito da Quentin Tarantino nella sua personale lista dei 10 film migliori del 2013.
Titolo originale: Frances Ha
Regia: Noah Baumbach
Anno: 2012
Cast: Greta Gerwig, Mickey Sumner, Adam Driver