Foucault in California: il controverso libro di Simeon Wade

Foucault in California: il controverso libro di Simeon Wade

Zabriskie Point 2023
Zabriskie Point 2023 | Ph. Francesca Bianchi

Michel Foucault (1926-1984), universalmente considerato uno dei pensatori più significativi del XX secolo, è stato molto più di un filosofo: è stato un “architetto delle idee”, un saggista letterario e un professore nel prestigioso Collège de France. Emergendo sulla scena intellettuale tra gli anni ’60 e i primi ’80 europea e francese in particolare, si è unito alle file di personalità come Claude Lévi-Strauss e Jacques Lacan, plasmandone la corrente filosofica.

L’impatto delle opere di Foucault, tuttavia, non fu soltanto teorico o didascalico, ma riguardò studi molto pragmatici sulle istituzioni e sulla loro evoluzione, dalle carceri (Sorvegliare e Punire, 1975) agli ospedali (Storia della follia nell’età classica, 1961), dalle scuole ed altre organizzazioni sociali. Anche la sessualità è stata un altro oggetto di indagine fondamentale per Foucault: anticipando i tempi moderni, ha sfidato l’idea che la sessualità sia un dato eterno e che sia sempre stata come la conosciamo oggi, rivelando invece come sia stata modellata nel corso dei secoli da pratiche confessionali e da una precisa volontà di potere e conoscenza (Storia della sessualità, 1976).

Eppure, probabilmente non tutti sono a conoscenza di uno degli episodi più curiosi della vita di Foucault: la sua visita in California negli anni ’70, dove trascorse del tempo alla prestigiosa Università di Berkeley e interagì con vari intellettuali e attivisti della Bay Area. Questa visita, poi, venne raccontata molti anni dopo nel controverso libro di Simeon Wade, Foucault in California: A True Story-Wherein the Great French Philosopher Drops Acid in the Valley of Death, il cui manoscritto rimase per anni senza pubblicazione.

Simeon Wade (1940-2017), dopo essersi dottorato ad Harvard in Storia intellettuale della civiltà occidentale, ottenne il ruolo di assistente universitario presso la Claremont Graduate School in California. Dopo qualche anno di insegnamento, riuscì ad invitare Michel Foucault, in visita in quel periodo nella vicina Berkeley, a unirsi a lui e al compagno, il pianista Michael Stoneman, per un weekend nella Death Valley. Era il 1975 e forse non si sbaglia ad immaginare la California di quel periodo come una sorta di El Dorado alternativo, rifugio per eccellenza delle controculture, dunque perfetto sfondo per questo viaggio filosofico e lisergico nel deserto americano. 

Foucault in California
Foucault in California (letteralmente) | Ph. F. Bianchi

E’ a questo punto che dobbiamo ringraziare Heater Dundas, professoressa universitaria, per aver recuperato e ridato vita al manoscritto di Wade nel 2014, dopo che per decenni fu lasciato semplicemente abbandonato in un cassetto. Nel febbraio 2023, poi, Blackie edizioni lo ha portato in Italia e in italiano, con il titolo Foucault in California, fino a noi. 

 

I first heard this story in 2014… I found it frankly hard to believe that a philosopher of Foucault’s standing would, at age forty-nine, agree to experiment with psychedelic drugs with these strangers. The whole episode was absurd, I thought, and it triggered something deeply snarky within me. I hated “theory.” I hated Foucault, who seemed to embody all the privilege and arrogance of the theory movement. When I heard that Foucault’s host in Death Valley, Simeon Wade, had an unpublished manuscript describing this experience in the desert, I decided to track him down. I wanted to get Wade’s manuscript and use it to write a satire about idiot academics in the desert.

 

Wade si considerava un grande fan di Foucault e non esitava a descriverlo come “Il più grande pensatore dei nostri tempi. Compararlo a chiunque altro sarebbe stato come accendere una candela in pieno sole”.
Fu a partire da questi presupposti che iniziarono insieme quella che Foucault, in seguito, definì “una delle esperienze migliori della sua vita”. 

Fa sorridere oggi perché potremmo riassumere questo libro con “Foucault che si cala gli acidi nel deserto” e sarebbe fair enough, ma come cita Heater Dundas, si banalizzerebbe quello che Wade stesso aveva cercato di fare con ogni probabilità: “espandere la coscienza, avere un’esperienza al limite”.

“Tutte le culture sono nate dai funghi allucinogeni” – asseriva Wade. “Pensaci. Gli antichi Greci, gli Aztechi, i Vichinghi – tutti avevano rituali basati su stati di alterazione della coscienza indotta dai funghi. E che cos’è un rituale se non una forma di religione? Che cos’è una religione se non una forma di cultura?”

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Ora, immaginatevi come dev’essersi sentito il celebre filosofo Michel Foucault trascorrendo “una serata indimenticabile sotto LSD, preparato in dosi controllate, durante una notte nel deserto con della musica deliziosa, persone splendide e una bottiglia di chartreuse”. Ecco, probabilmente ben pochi di noi hanno provato qualcosa di simile nella propria esperienza terrena, ma come lettori possiamo accontentarci della somministrazione di queste pagine romanzate e al contempo molto meno triviali di quanto si possa pensare.

“…ci mettemmo in moto verso l’Artist’s Palette, un cono alluvionale alla base di un canyon a circa 8 chilometri a sud del ranch di Furnace Creek”

E forse chi ha avuto la fortuna di percorrere la Death Valley ha presente questo tratto di strada e può visualizzare nella mente i vividi colori dei minerali nei depositi rocciosi di quel posto surreale che è la Death Valley. Fatico a immaginare cosa possa essere quello scenario con l’assunzione di LSD, ma Wade mi risparmia la fatica e lo riassume magistralmente: “mentre ci muovevamo lentamente lungo Artist’s Drive, mi sentii come se mi trovassi in una parata di Carnevale attraverso la grotta della Vergine delle rocce di Leonardo”.

Death Valley 2023
Death Valley 2023 | Ph. Francesca Bianchi

Sono proprio queste pagine ad essere tra gli aspetti più sorprendenti del libro di Wade, ovvero la sua Death Valley (o Valley of Death come la chiama Foucault), il paesaggio arido e desolato in cui chiunque abbia modo di affacciarsi a quel mare di arenaria si domanda se non stia forse sognando o sia improvvisamente approdato sulla Luna. Non fanno eccezione i tre protagonisti del nostri viaggio che soli ed emozionati si avviano verso Zabriskie Point: “Scendemmo dalla macchina come esploratori su un pianeta proibito”.

La vista, priva di segni di vita in quel luogo recondito, ben si presta al teatro di argomenti che scaturisce dalla mente di Foucault, dall’impulso fondamentale della nostra società alla normalizzazione della letteratura come potere anticonformista, dalle riflessioni su Pascal all’esercizio e alla responsabilità del voto politico. Del resto, Simeon Wade elenca alcuni dei nomi con cui potremmo definire Foucault – filosofo, storico, sociologo, psicologo – ma ci ricorda sempre che il francese si considerava “null’altro” che un tipo di giornalista, un investigatore delle genealogie dei fenomeni umano-sociali contemporanei. 

Foucault in California, tuttavia, non è stato esente da controversie e critiche principalmente per le sue affermazioni sensazionalistiche e spesso non verificabili sulle esperienze di Foucault nella Death Valley, tra cui il presunto uso di droghe (LSD) e attività sessuali da parte del filosofo, contestate da alcuni studiosi e amici. Del resto, a me pare anche difficile recuperare prove certe su una vicenda così goliardica, soprattutto in un’epoca pre social network dove si poteva meravigliosamente vivere senza documentare e pubblicare ogni minuto della propria esistenza. In aggiunta a ciò, Wade attribuisce anche all’eccezionalità dell’esperienza vissuta in California la distruzione del manoscritto di Foucault di uno dei volumi di Storia della sessualità per mano dell’autore stesso, come avesse avuto una divinatio.

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Alcuni critici, infine, hanno anche accusato Wade di sfruttare l’amicizia con Foucault e di rivelare dettagli privati della sua vita senza il suo consenso, sollevando questioni sull’etica della scrittura sulla vita privata delle figure pubbliche, soprattutto quando queste persone non sono più in vita per difendersi.

Senza voler entrare nel merito del dibattito, dal momento che realisticamente non sapremo mai la verità, credo che Foucault in California sia un’opera curiosa quasi quanto la storia che lo ha caratterizzato per permetterci di avere ora questo libro tra le mani. Non immaginatevi un testo colmo di tecnicismi o astratti esercizi di dialettica: è un’opera quasi giornalistica, a tratti esilarante, non molto diversa dal prendersi un caffè da Starbucks con Wade, come asserisce la stessa Dundas.

Le pagine finali, invece, non sono altro che una sorta di intervista improvvisata a Foucault di cui non vorrei spoilerare troppo, ma che aiutano il lettore a tracciare con maggior accuratezza la personalità del filosofo francese:

 

“Quali sono i tuoi registi preferiti?”
“Fellini, Antonioni, e Polanski. Ho amato moltissimo Chinatown”

(…)

“Ti viene in mente qualche regista americano?”
“Hitchcock. Ho visto Psycho e mi è piaciuto moltissimo. E’ molto barocco. Lo rivedrei. E anche Vertigo.”

“Ti piace molto New York?”
“Sì, è la città delle città”
“Cos’è che ti piace così tanto?”
“A New York è possibile essere anonimi.”

“Che cosa faresti se ti beccassero all’aeroporto di Parigi con della marijuana in valigia?”
“Rilascerei una dichiarazione ai francesi dicendo che la marijuana, l’hashish e droghe simili dovrebbero essere decrimininalizzate. Farei notare l’assurdità di imprigionare dei ragazzi solo perché trovati con due grammi di marijuana quando la cultura non fa che promuovere l’alcol.”

 

Titolo | Foucault in California
Autore | Simeon Wade
Casa editrice | Blackie Edizioni
Anno | 2023

 




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2 COMMENTS

  1. La spiegazione è inversa: per decenni l’uso di LSD di Foucault (che lui stesso definì “una delle esperienze più importanti della mia vita”) è stato oggetto di censure da parte di moralisti e gente priva di cultura scientifica e farmacologica che reputava gli psichedelici analoghi alle droghe o addirittura alle droghe pesanti.

    • Cara Cristina,

      LSD e psichedelici hanno vissuto una storia complessa e affascinante. Durante gli anni d’oro, quando l’America fu invasa da una quantità incredibile di Delysid (che veniva data gratis ai ricercatori, bastava farne richiesta), molte personalità di spicco della cultura provarono gli psichedelici, trovandoli estremamente interessanti e capaci di aprire la mente. Tuttavia, come sai, poi avvenne la censura. Per ragioni politiche, ancor più che per ragioni morali.

      Fu Nixon a bandire per primo (seguito dalla maggior parte dei paesi del mondo) queste sostanze non solo dalla strada, ma anche dai laboratori: infatti vennero considerate non solamente sostanze d’abuso, ma anche sostanze prive di interesse. Per oltre 40 anni, non si poté più fare ricerca su queste sostanze in maniera ufficiale (in altre maniere, beh…). Bisognerà aspettare i primi duemila perché i gruppi pionieristici di Dave Nutt e del suo allora dottorando Robert Carhart-Harris ricominciassero a fare scienza su queste sostanze. La censura su queste è infatti stata implacabile e impietosa. E tuttavia la psichedelia ha continuato a serpeggiare come un rizoma, come l’ifa di un fungo, sotto la cultura, sotto la Silicon Valley (in cui si fregiano di fare microdosing da decenni) fino ad arrivare a noi.

      Non sapremo mai come sarebbe stata la nostra storia, se queste leggi bigotte (in senso politico ma anche religioso, non dimentichiamo che il peyote era per gli indigeni “la carne di dio”) non fossero avvenute. Possiamo tuttavia ripartire da dove siamo ora; rileggendo anche l’esperienza di Foucault.

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