Forse il cuore: non tutte le poesie parlano d’amore
Si può dire? Diciamolo! Grazie a Dio non tutte le poesie parlano d’amore.
Forse il cuore, di Salvatore Quasimodo è molto di più.
Da Franco Fortini a Salvatore Quasimodo il passo è breve: entrambi ti danno quella spensieratezza e fiducia nel futuro tipica dei migliori cocktail di barbiturici.
Ma è piacevole rispolverarli, ogni tanto, giusto per ricordarci che la poesia non è solo d’amore, e che il più grande merito del poeta è non essere vittima del suo fare poesia (cit. di Simone Cattaneo, poeta preso bene che si è buttato giù dalla finestra a 35 anni: a breve su questi schermi).
Ecco, magari l’ermetismo porta un attimo all’estremo questo concetto, ma per lo meno dona un piacevole distacco dalla melassa dolciastra che impregna il 90% delle forme d’arte che ci circonda.
Perché si, l’ermetismo è una palla, ma le poesie d’amore lo sono di più.
Forse il cuore, di Salvatore Quasimodo
Sprofonderà l’odore acre dei tigli
nella notte di pioggia. Sarà vano
Il tempo della gioia, la sua furia,
quel suo morso di fulmine che schianta.
Rimane appena aperta l’indolenza,
il ricordo di un gesto, d’una sillaba,
ma come d’un volo lento d’uccelli
fra vapori di nebbia. E ancora attendi,
non so che cosa, mia sperduta; forse
un’ora che decida, che richiami
il principio o la fine: uguale sorte,
ormai. Qui nero il fumo degli incendi
secca ancora la gola. Se lo puoi,
dimentica quel sapore di zolfo
e la paura. Le parole ci stancano,
risalgono da un’acqua lapidata;
forse il cuore ci resta, forse il cuore.
E allora stacchiamoci da questo sentimentalismo. Forse il cuore è una riflessione sulla caducità e sull’indifferenza del tempo nei confronti della felicità e della memoria. L’atmosfera è cupa, intrisa di malinconia, dove il “morso di fulmine” della gioia svanisce, lasciando solo un eco di gesti e di ricordi.