Final Fantasy VII Remake. Di ricorsi storici e sliding doors
Final Fantasy VII è stato amato da migliaia di giocatori, per tanti motivi. In questo articolo, che è un excursus generale sul suo remake, il focus è soprattutto sulla storia, che è stato il mio motivo. Quindi attenzione agli spoiler e buona lettura. N.d.R.
Final fantasy VII remake: il nome rimanda ovviamente al famoso episodio della serie, il primo uscito sull’allora nuova arrivata PlayStation nel 1997, dopo l’abbandono delle console Nintendo da parte degli sviluppatori. Il cambio di piattaforma non fu solo estetico: il passaggio dalle cartucce ai cd (ben 3, all’epoca) permise una nuova veste grafica 3D che all’epoca era avveniristica, con quei personaggi cartoonosi e macrocefali che si muovevano in scenari in parte pre-renderizzati dall’indubbio fascino. Al di là dell’aspetto tecnico, sicuramente il gameplay e la trama piena di contenuti “maturi” per l’epoca giocarono un ruolo fondamentale nel successo del titolo, tale da renderlo insostituibile nel cuore di molti appassionati ed uno dei giochi per la prima Play Station più amati e venduti.
Anche per questo, nel corso degli anni non sono mancati spin-off sia giocabili che non, basti pensare al film Final Fantasy VII: Advent Children del 2005, che probabilmente non ha entusiasmato da un punto di vista cinematografico, ma è stato sufficiente a far venire l’idea di un “nuovo” Final Fantasy VII, con una veste grafica adeguata.
Detto, fatto: il tanto atteso remake è stato rilasciato per Play Station 4 circa un mese fa, quindi molti lo avranno già giocato, amato, criticato. E molti staranno già aspettando, in un misto di apprensione ed eccitazione, il prossimo e inevitabile episodio. Sì, perché la Square Enix ha deciso di fare le cose in grande, per cui un singolo gioco non poteva essere sufficiente.
Quello uscito ad aprile è stato il primo episodio di una nuova sotto-serie dedicata a Cloud, il biondo e mutacico mercenario protagonista del gioco, qui accompagnato negli eventi originali iniziali fino alla fuga da Midgar. Non parliamo neanche di tutto il primo cd del titolo originale, per intenderci.
Ma, del resto, quello che abbiamo tra le mani è un remake, come dicevamo, non un remaster.
E un remake può comportare dei cambiamenti.
Questo aspetto è fondamentale da sottolineare, perché potrebbe destabilizzare i fan del gioco originale: in primis, ad esempio, il vecchio sistema di combattimento a turni non c’è più. Chi ha seguito l’evoluzione dei giochi Square-Enix, avrà notato nella saga di Final Fantasy e non solo (Kingdom Hearts anyone?) il progressivo abbandono dei turni e, anche in questo caso, ci troviamo a controllare direttamente Cloud o uno dei suoi compagni, sia nelle fasi esplorative del gioco che durante i combattimenti.
La visuale è alle spalle del personaggio, l’interazione diretta e a 360°. In fase di combattimento gestiamo in tempo reale il nostro alter ego, con schivate e attacchi base, mentre carichiamo la nostra barra ATB (active time battle) che ci permetterà, richiamando un menu apposito, di eseguire colpi speciali (in base all’arma equipaggiata) e colpi finali, usare magie, oggetti o richiamare gli Esper, le famose creature mostruose della serie, che accorrono in nostro aiuto in combattimento, anche se solo contro i boss. L’apertura di questo menu rallenta drammaticamente lo scorrere del tempo, senza costituire un “turno” vero e proprio, ma permettendo una certa pianificazione che risulta apprezzabile.
Come dicevamo, non gestiremo solo Cloud, ma anche i suoi compagni, switchando tra i vari personaggi in modo molto rapido ed efficace, per sfruttarne al meglio le peculiarità. Il risultato? Fasi di combattimento spettacolari, adrenaliniche e coinvolgenti. Forse a tratti caotiche, colpa anche di una videocamera un po’ ballerina, ma sicuramente più “coerenti” rispetto ai classici turni. Diciamo che queste sono le battaglie che immaginavo mentre, anni fa, aspettavo di poter selezionare l’azione da compiere sul vecchio menu a tendina, per cui possiamo dire che è una personale fantasia di ragazzino che si avvera.
A questo si aggiunge un aspetto più tipico di giochi arcade, ovvero la scelta iniziale del livello di difficoltà tra facile (da evitare, perché davvero poco impegnativo) e normale, con la modalità difficile sbloccabile dopo aver portato a termine il gioco la prima volta. Fa capolino anche una modalità classica, in cui, in modo più simile al gioco originale, è possibile controllare solo le mosse eseguibili con barra ATB piena mentre i personaggi attaccano e schivano per i fatti loro, ma risulta essere una via di mezzo che non soddisfa nessuno. Il senso è: se volete un film interattivo, andate con la modalità facile. In alternativa, potete andare di adrenalina come dicevo prima.
E l’open world? Caratteristica fondamentale del genere, qui non c’è. O meglio, non c’è per ora.
Perché, come dicevamo, siamo confinati a Midgar, che è esplorabile, piena di dettagli da scoprire, missioni secondarie e battaglie casuali, ma non si può certo parlare di open world, data anche la relativa linearità del gioco. Questo aspetto andrà valutato negli episodi successivi. A me personalmente non interessa, dato che non è la caratteristica che mi abbia più colpito all’epoca, ma il bello di Final Fantasy VII (come degli altri titoli della serie) è che è in grado di farsi amare per tanti motivi diversi, quindi questo sarà sicuramente un aspetto che farà discutere.
Le missioni secondarie comunque non mancano, aumentano notevolmente “la ciccia” e le ore di gioco, ma anche qui la qualità è altalenante. È figo sconfiggere boss segreti, ma…beh, cercare gattini lo è un po’ meno, per intendersi. Discorso a parte per le missioni dell’insopportabile Chadley con il suo tablet in stile pokédex, che non potrete evitare per avere tutti gli Esper a vostra disposizione.
L’evoluzione dei personaggi, invece, riprende non solo la classica “salita di livello”, ma anche le buone vecchie materie: sfere di colore differente in base alla funzione, che potenziano protezioni e armi, anche queste ultime in grado di “crescere” e conferire bonus a chi le impugna. Rimane comunque uno dei sistemi migliori della saga, almeno per i gusti di chi ha apprezzato anche la sferografia del decimo episodio e detestato la modalità junction dell’ottavo.
Graficamente, invece, siamo su livelli pazzeschi… ma non per tutto. I personaggi principali sono modellati piuttosto bene, hanno un’espressività che ovviamente nel ’97 potevamo solo immaginare e che anche oggi compete bene con altri giochi del genere. Questo, assieme al grandissimo lavoro di caratterizzazione svolto (di cui parlerò più avanti), rende davvero Cloud e gli altri “vivi”. Anche Sephiroth, storica nemesi, è reale, malvagio e inquietante come dovrebbe essere anche nell’aspetto.
Discorso diverso va fatto per i personaggi secondari, decisamente meno ricchi di definizione, al punto da creare un contrasto evidente ed a tratti fastidioso. Anche l’ambiente circostante viaggia su alti(ssimi) e bassi. Midgar è viva, sia nei suoi quartieri più luminosi e mondani, che nelle sue strade più oscure e tecnologiche in piena salsa cyber-punk, ma alcune texture ambientali a bassa definizione stonano e risaltano, soprattutto durante i dialoghi. Peccato veniale e che non rovinerà affatto l’esperienza, soprattutto se consideriamo lo sforzo per il motore grafico di gestire una quantità di roba del genere in tempo reale, ma comunque, dati i picchi positivi raggiunti, si nota.
Nota di plauso, invece, per la colonna sonora, ad opera della coppia Nobuo Uematsu / Masashi Hamauzu. I fan della prima ora si emozioneranno con i classici del gioco originale, risuonati e riarrangiati, affiancati da nuovi pezzi a comporre una colonna sonora sontuosa e con qualche gustosa sorpresa: la nuova formula di gioco ha fatto sparire la schermata di “fine battaglia”, con quel motivetto storico della serie… ma non se ne sentirà la mancanza, dato che ci sarà Barret a canticchiarlo per noi con la sua voce sgraziata.
Dulcis in fundo, parliamo di uno degli aspetti principali di questo gioco, se non il principale: la storia.
Il protagonista è Cloud, mercenario ed ex membro dell’unità scelta SOLDIER, organo militare del gruppo Shinra, ovvero il colosso industriale che produce energia elettrica e materia convertendola dall’energia Mako, la linfa vitale del pianeta. Ma questo consumo di Mako sta progressivamente uccidendo il pianeta e Barret Wallace, corpulento membro dell’organizzazione bio-terroristica Avalanche con un simpatico machine gun al posto di un braccio, non ci sta. Lui e Tifa Lockhart, amica d’infanzia di Cloud, arruolano il biondo mercenario per un attentato esplosivo ad uno dei reattori Mako. Da lì in poi è un crescendo di coinvolgimento e colpi di scena: l’incontro con la fioraia Aerith Gainsborough, la scoperta della sua connessione con l’antico popolo dei Cetra, il misterioso passato di Cloud, la minaccia nascosta di Jenova e… Sephiroth, uno dei migliori antagonisti che la storia dei videogiochi ricordi.
Non avrebbe avuto senso stravolgere una storia così funzionante e ben radicata nella mente dei fan, sarebbe bastata una nuova veste grafica ed un sistema di gioco al passo coi tempi a supportare la trama che ci ha fatto commuovere e innamorare. Oppure no?
Gli sviluppatori di questo remake forse la pensano diversamente e questo prodotto si rivela essere un lavoro estremamente più coraggioso di quanto non si potesse pensare.
Aver trasformato un frammento relativamente ristretto del titolo originale in un nuovo gioco di decine di ore, ha sicuramente in primis permesso di approfondirne gli eventi e i personaggi. I protagonisti hanno finalmente preso una forma reale, merito sia del lavoro grafico che del doppiaggio, in grado di rendere il tutto più cinematografico. Questo nonostante una fastidiosa discrepanza tra i dialoghi in lingua inglese ed i sottotitoli in italiano, dato che i traduttori inglesi si sono concessi varie licenze poetiche, mentre i colleghi italiani hanno ricalcato più fedelmente le linee di dialogo originali in giapponese.
Ma il risultato è comunque ammaliante e riuscito: adesso quel gradasso di Barret è esattamente come ce lo immaginavamo e sarà davvero difficile decidere di innamorarsi di Tifa piuttosto che di Aerith, a maggior ragione oggi nel 2020. Ovviamente ho citato prima Tifa non a caso. Anche personaggi secondari, come Biggs, Wedge e Jessie, ulteriori membri della Avalanche, sono molto più presenti e caratterizzati ed alcuni contenuti di trama inediti riguardano proprio loro, con intrecci relazionali più profondi e significativi che in passato.
E Sephiroth? È ancora più inquietante di quanto lo ricordassimo, merito anche di improvvise entrate in scena estremamente cinematografiche, che sottolineano un rapporto con Cloud più stretto di quanto non sembrasse nel 1997. E infatti inizialmente non lo era…che succede? Per non parlare di quei fantasmi, i Numen, che no, proprio non li ricordo nel vecchio Final Fantasy VII. Compaiono apparentemente a caso durante il gioco, disturbandone gli eventi, ma nel corso dei capitoli impareremo a capire il loro senso in questo che in realtà è meta-videogioco, in cui gli sviluppatori si divertono a giocare con i ricordi dei vecchi giocatori, punzecchiandoli di continuo e sfidandoli ad affrontare delle novità.
Tutto questo fino all’ultimo atto, in cui non c’è un singolo secondo che sia stato giocato anche nel vecchio Final Fantasy. Siamo appena fuggiti da Midgar, ma… è tutto nuovo: location nuova, boss nuovo (anche piuttosto interessante concettualmente ed ai fini narrativi), storia nuova, finale nuovo.
E non solo il finale è qualcosa di nuovo nella trama, ma lascia porte aperte ad ulteriori novità che definire drastiche è dir poco. Gli interrogativi sono tantissimi, in un misto di eccitazione e timore. Eccitazione perché non si può non essere eccitati dopo aver giocato uno dei migliori titoli mai usciti per Play Station 4 e non solo. Timore perché a quella storia siamo profondamente legati affettivamente, alzi la mano chi non ha avuto gli occhi lucidi in almeno un’occasione. Alzi la mano chi non ha pianto per Aerith, diamine.
In ogni caso, al termine del video finale, dopo una serie di ceffoni mica da ridere ai videogiocatori, appare un chiaro messaggio circa la prosecuzione della serie, quindi possiamo solo attendere, speriamo non più di un paio d’anni dato che il seguito è già in corso di sviluppo, e stare a vedere.
La linea narrativa sarà stravolta? Gli sviluppatori continuano a punzecchiarci con una serie di what if da sudare freddo ma rimarranno sui binari storici?
Quale che sia la risposta, io sto già aspettando di giocare il secondo episodio di Final Fantasy VII remake, conscio di aver vissuto una delle migliori esperienze videoludiche degli ultimi anni, per quanto non priva da difetti, e apprezzando il coraggio di chi non ha voluto riproporre pedissequamente una perla narrativa con il solo rifacimento di trucco e parrucco, che sono comunque di alto livello, ma ha voluto osare, dando nuova linfa vitale e rendendo questo remake ancora più un gioco inedito che vi terrà incollati allo schermo per ore, che non saranno mai abbastanza.
Quindi, ben venga Final Fantasy VII remake.
E lunga vita a Cloud e compagni.
Beh, più o meno.