Ferlinghetti è ancora vivo!

Lawrence Ferlinghetti è l’editore dei beat (da Kerouac a Gregory Corso): è quello che ha fondato la storica City Lights di San Francisco – la libreria e la omonima casa editrice, specializzata in libri pacifisti e libertaried è finito in prigione per aver pubblicato l’Urlo di Allen Ginsberg.

Nelle foto di gruppo dei beat lo si riconosce sempre: è il Babbo Natale snello e sorridente, l’amico sobrio e responsabile in un mazzo di fiori sgargianti e fluorescenti. È pittore. È poeta. Ed è ancora vivo.

(Ed Eduard Limonov non lo può soffrire)

La Fortuna

                            ha i suoi biscottini da distribuire

 

il che è cosa buona

 

                           dato che è passato un bel po’ di tempo da

 

            quell’estate a Brooklynn

       quando hanno chiuso la strada

               un giorno afosissimo

                               e i

 

                                                   POMPIERI

 

                                                        hanno aperto gli idranti

  e tutti i ragazzini ci si sono fiondati sotto

 

                      in mezzo alla strada

 

        ed eravamo forse

                                      una ventina abbondante

                                                                                     là fuori

 

con l’acqua che schizzava su

                                                  fino al

 

                                                               cielo

 

                                               e ci bagnava da cima

                                                                                     a fondo

eravamo forse soltanto sei

                                                bambini in tutto

    che correvamo tutt’attorno

                                                    scalzi e come mamma

ci ha fatto

                  e mi ricordo Molly ma poi

   i pompieri smisero di spruzzare con gli idranti

                     all’improvviso e tornarono

                                            in

                                      caserma

                                           e

            ricominciarono a giocare a pinnacolo

                               come non fosse

                                    successo

                                                   un bel niente

mentre io mi ricordo che Molly

                                                    mi guardò e

 

            scappò in casa

 

perché mi sa che là fuori c’eravamo solo noi due

 

( da “A Coney Island of the Mind” – L. Ferlinghetti, trad. D. Abeni e M. Egan, ed. minimum fax )

*

Facendomi aria col cartoncino dei dolci, sul divano, nell’ora della siesta in cui tutto tace e deve tacere, ripenso all’estate scorsa e a quando soffrii per settimane intere di allucinazioni uditive: ero innamorata, e perciò ero molto sciocca (tutto questo va a sostegno di Ferlinghetti).

Per il caldo dormivo con la finestra aperta, che dava  (dico “dava” perché poi ho cambiato casa, per fortuna, e così son guarita) su una piazzetta tonda, ritrovo serale di giovani col bicchier di birra e la zurla facile, ritrovo di giovani bivaccamenti estivi e movida tranquilla, da panchina.

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Andavo a dormir presto, un po’ perché ero sotto esame e un po’ perché la birra a me non piaceva (dico “piaceva” perché, ora che son guarita, un po’ mi piace) e, sdraiata sul letto e sudaticcia, mi addormentavo cullata dalle voci dei ragazzi giù in piazzetta.

Tra tutte le voci io, tutte le sere, distinguevo la sua, con dolcezza. Sua di lui, intendo – visto che ero innamorata e molto sciocca. Di lui che non poteva esser là sotto, sotto la mia finestra.

Ma io la voce la sentivo eccome – e scivolava in lunghe frasi, e rotolava in corte risposte, e frenava con brusche risate – e, facendomi aria col cartoncino dei dolci, in tanta intimità m’addormentavo.




Oggi ripenso a quelle sere, mentre rileggo Ferlinghetti il giorno di ferragosto: ripenso alle mie allucinazioni, e a Ferlinghetti. Che è ancora vivo e meriterebbe più rispetto un po’ più di considerazione, come le sue poesie: che sono una specie di Coney Island della mente, una specie di luna park dell’anima.

Come le allucinazioni.

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