Elegia di un viaggio | Aleksandr Sokurov
“Il dio è guerra e pace, come è giorno e notte, inverno e estate“
–PREMESSA– Ho conosciuto il regista Aleksandr Sokurov proprio quando è nata in me la smania di attraversare la steppa con l’intento di perdermi tra storie lontane e non fare più ritorno alla civiltà conosciuta. Il perché di questa straordinaria coincidenza non lo so ancora oggi, ma possiamo affermare con una certa sicurezza che a Sokurov dobbiamo sia l’uso magistrale dell’elegia cinematografica sia l’aver aiutato la mia nomade interiore a compiere un viaggio tra il gelo intellettuale e il cuore bollente in un periodo di piccole ma grandi rivoluzioni esistenziali. E non so quale delle due imprese sia stata la più incredibile.
“Mi ritrovo in una radura.
Per chi tanta bellezza?
Nessuno per vederla.
Dunque era ancora più bella.
Solitudine perfetta.
Cosa sono questi occhi?”
Magari del mio pellegrinaggio spirituale nella Puszta Ungherese tra cavalli neri e allucinazioni da pálinka vi parlerò in un altro articolo, ma sicuramente molti di voi si staranno chiedendo che cosa sia un’elegia cinematografica.
Ebbene, “elegia” è un termine antico preso in prestito dalla poesia greca che indica un componimento poetico dal tono cupo e meditativo. L’origine della parola resta incerta, secondo alcune fonti deriverebbe da Élegos che in italiano vuol dire “lamento funebre“, secondo altre da e e légein che si può tradurre con un simpatico ma eloquente “dire ahi, ahi!”. Quindi, nell’ambito cinematografico, con il termine elegia ci si riferisce ad una sorta di “poema visivo” dal tono malinconico in cui le immagini non seguono una trama lineare ma si susseguono secondo i ritmi metaforici del linguaggio poetico.
In Elegia di un viaggio la trama è semplice quanto pressochè inesistente: Sokurov ci racconta il cammino di un personaggio senza volto che da un villaggio sperduto della Russia, attraversa innumerevoli strade e città fino ad arrivare in un palazzo europeo (il Boijmans Museum di Rotterdam) dove finisce con il contemplare alcuni bellissimi quadri custoditi al suo interno.
“Non sono io ad aver visto tutto ciò davanti a me?
Ogni albero, ogni ombra…
Mi ricordo bene di questo cielo
Molto bene
Perchè ho a lungo atteso il momento
In cui le nuvole avrebbero cominciato ad allontanarsi
E avrei visto l’altra faccia
E avrei letto ciò che vi era scritto
Se la fede esiste il cielo è vivente
In basso tutto è morto?”
Nell’elegia di Sokurov realtà ed immaginazione si fondono fino a dare vita ad una vero e proprio “realismo magico in movimento“. Movimento che mescola nel suo intricato interno visivo, realtà, veglia, sogni e ricordi. Nell’opera del regista russo il passato vive nel futuro per rivelare a noi spettatori come la “verità ultima” delle cose non sia altro che un paradosso: ciò che è assente è presente. Ciò che è lontano resta vicino. Ciò che è invisibile è in realtà palese.
Ma nella vita di tutti i giorni, questi paesaggi interiori non trasmettono segni concreti della loro presenza ma si manifestano più che altro come una sorta di enigmatico desiderio.
Desiderio, che non trovando un consumo immediato, finisce spesso con il trasformarsi in una specie di emorragia interna lenta e costante, la quale ci lascia il più delle volte smarriti come l’uomo senza volto nel suo vagare senza meta.
Solo la guida di Sokurov ci porta ad un punto di convergenza: quando, seguendo l’uomo senza volto tra le stanze buie del museo deserto, in quei vecchi dipinti del XVI secolo, per un attimo anche noi, come il protagonista, riconosciamo quel caldo e inafferrabile desiderio: l’eterno desiderio di un viaggio per ri-tornare ad appartenere a tutto ciò che sembra essere in contraddizione.
Forse solo l’arte e il suo linguaggio metaforico può darci la possibilità unica di appagare questo desiderio senza nome ma una cosa è certa, una volta che vi lascerete guidare dalla voce narrante di Aleksandr Sokurov sarete trasportati in un altro mondo. E per 47 minuti avrete l’occasione di dialogare con la parte più intima e segreta di voi stessi.
Titolo originale | Elegiya dorogi
Regia | Alexandr Sokurov
Anno | 2001
Durata | 47 min
La soundtrack contiene brani di Glinka, Mahler, Slonimsky, Tchaikovsky e Chopin.