Il giardino, la via per tornare all'inutile
Ottavia la viandante mi ha raccontato che il passo del camminatore è come il dito di un bimbo che impara a leggere e segue ogni riga: a poco a poco riconosce i segni, i suoni, poi le parole e infine il senso. Camminando si impara un linguaggio, si legge una storia, anzi, la si incontra, la si attraversa, se ne diventa parte. Ottavia gestisce Sloways.
Giulia la libraia mi ha raccontato che dalla Natura selvaggia dipende la sopravvivenza del mondo.
Paolo il giornalista mi ha raccontato che a seconda della velocità, della falcata, del respiro e del nostro stato di forma, il passo sveglia in noi un motivo musicale. Produce metrica. Piedi spondei, dattili, giambici, trochei e altre meraviglie. La poesia nasce dal cammino. Un sedentario difficilmente saprà poetare o cantare. Non siamo noi che facciamo il viaggio, è il viaggio che ci fa, e solo quando il suo ritmo ci penetra, significa che ci siamo arresi al suo dominio e cominciamo a vivere sul serio. È la metrica il segnale che siamo sulla buona strada. Da quel momento, tutto funziona. Si smette di programmare, di prenotare, di far provviste e si lascia che le cose vadano da sole. Scopriremo universi paralleli di cui non sospettavamo l’esistenza. Hai fame e la bisaccia vuota? Ecco un contadino che ti offre un grappolo generoso di malvasia. Il sole ti schianta? A un miglio c’è una quercia isolata che offre riparo e frescura. Ti senti sporco? Trovi una fonte che ti rigenera. Qualcuno la chiama provvidenza. Paolo dice semplicemente viaggio, quindi rinascita, quindi riscoperta di miracoli come la convivialità, l’incontro, la fonte battesimale. Per non parlare del pane quotidiano.
Raffaele il giardiniere mi ha raccontato che il tempo del giardino è quello della vita. Non ci spinge in avanti, come il tempo meccanico che ormai governa le nostre esistenze, perché un vero luogo ci radica sempre nel tempo presente, qui e ora. Non vi sono scopi da ottenere né obiettivi da raggiungere, perché la vita ha un solo fine: se stessa. E lo stesso la bellezza, che nasce costantemente dal processo vitale. All’opposto del sistema capitalistico, che necessita di una crescita costante per sopravvivere e che richiede sforzi infiniti agli uomini che vi sono sottomessi, il mondo naturale cresce spontaneamente e basta a se stesso in un lento, dolce, eterno presente.
Fidandomi della viandante, della libraia, del giornalista e del giardiniere mi sono messo in cammino, insieme a Cecilia, sulla via Francigena, portando con me un libro, “E il giardino creò l’uomo”, di Jorn De Precy.
Il cammino è la cosa più umana. Per 3 motivi:
- Umana dal punto di vista fisiologico. E’ la cosa più naturale che esiste, non farei nient’altro di fila per così tanto tempo, se non dormire. Il corpo funziona a meraviglia, mangia tanto, dorme tanto, la pelle si abbronza e si rafforza.
- Umana dal punto di vista dei rapporti con le altre persone. Per lo più si sta in silenzio, e così ti viene voglia di parlare con la gente che incontri e vuoi essere sincero più che puoi, per non perdere l’occasione.
- Umana dal punto di vista spirituale. In un mondo che idolatra la macchina come nuova divinità, l’uomo pensa di dover funzionare. In un mondo che crede ancora in Dio invece, la gente cammina. Camminare non serve a sopravvivere, anzi, a camminare si perde tempo, si guadagna poco, sono i poveri che si spostano camminando. Camminare è inutile, come Dio.
Quando siamo arrivati a Siena, alla fine del cammino, nel marasma dei turisti che sfruttavano il ponte dei morti, ci siamo sentiti persi. Non avevamo più una direzione da seguire. Turisti che corrono, turisti che spingono, turisti che si lamentano.
“I veri luoghi scompaiono uno dopo l’altro insieme al loro mistero, alle storie che custodivano, al loro silenzio benedetto. Se non vengono semplicemente distrutti, li si trasforma in monumenti. In questo caso, dopo essere stati restaurati in modo da sembrare più giocattoli che luoghi reali, diventano siti turistici, niente più traccia del loro mistero, ma che importa? Finalmente servono a qualcosa: attrarre visitatori affamati di distrazioni, I luoghi si ritrovano così trasformati in scenari dove il turista, cioè il povero erede di ciò che un tempo era il viaggiatore, inscena la propria capacità di meravigliarsi di fronte al mondo”.
Jorn de Precy racconta questa corruzione del mondo che cerca il progresso e dimentica sé stesso. E lui viveva nell’800. L’altro giorno ho letto che stanno creando il partner robot, pienamente in grado di sostenere dei discorsi complessi, e con le zone intime riscaldabili. In vendita l’anno prossimo, a 15.000 dollari.
“Ci siamo allontanati, forse irrimediabilmente, dal mondo naturale, sano e vigoroso in cui il mistero della vita si manifesta in tutta la sua luminosa pienezza, e che per millenni è stato la dimora degli uomini.”
“Il giardinaggio è un esercizio spirituale, una maniera di guardare il mondo, di interrogare la natura da vicino. Non è tecnica, ma poesia.”
Il giardino è l’immagine del migliore incontro possibile tra la natura l’uomo, il suo custode. Il giardinaggio è il modello di vita dell’uomo e del suo agire nel mondo. La pala da giardiniere è il simbolo della tecnica, che può essere a servizio della natura, senza cercare di sopprimerla. “E’ la technè che trasforma l’innamoramento in amore, l’emozione in vita vissuta, il senso sciamanico del tutto in arte. Antitesi necessaria e salvifica”.
Il giardinaggio è quindi la via, la via per tornare all’inutile, al non necessario, all’uomo contro la macchina. Certo, portare in mano pala e semi in ufficio non è cosa. Per ora una cosa possiamo fare: “E il giardino creò l’uomo” è uno dei libri che ha ispirato il menù dei cocktail invernali del Surfer’s Den, a Milano. Quali sono gli altri libri? Vediamoci lì e beviamone su.
Titolo originale: The Lost Garden
Autore: Jorn de Précy
Editore: Ponte Alle Grazie
Anno edizione: 2012
Pagine: 125
Se vi è venuta un’irrefrenabile voglia di leggere il saggio di Jorn de Précy, lo trovate qui: E il giardino creò l’uomo. Un manifesto ribelle e sentimentale per filosofi giardinieri
[…] consigliamo perche’ ce l’ha consigliato Irene del Surfer’s Den di Milano, una che fa venir voglia di cose fatte […]
[…] persone migliori sono quelle cresciute facendo cose inutili, sbagliando spesso strada Viviamo l’epoca dell’utile, dove tutto deve essere investimento, fin da bambini. Oggi i cartoni animati insegnano a fare le […]
[…] e stravaganti -, e la meraviglia ha preso il sopravvento: il viaggio di un pazzo si trasforma, chilometro dopo chilometro, in un viaggio e basta. Giorgio Vasta sa rendere le cose […]
[…] genio del libro è quello romano, quello che il giardiniere Jorn De Precy in E il giardino creò l’uomo definisce così: “I Romani, per parte loro, erano convinti che ogni luogo fosse abitato da […]