Alvernia | Di un cratere un cuscino: il sonno dei vulcani

Alvernia | Di un cratere un cuscino: il sonno dei vulcani

Fonte: https://pixabay.com/photos/auvergne-landscape-green-hill-3876611/

In Alvernia il sonno dei vulcani dura ormai da millenni. Durante il meritato riposo, le colate laviche hanno modellato con grazia i paesaggi, le scintille di fuoco si sono evolute in infinite sfumature di verde e i lapilli di un tempo si sono solidificati per divenire ora architettura ora testimonianza geologica. Questa regione, con il suo  inestimabile patrimonio naturale, è oggi considerata il polmone verde della Francia, e si situa al centro dell’Esagono, occupando una buona parte del Massiccio Centrale.

L’Auvergne -per chiamarla col suo vero nome- è conosciuta e popolata fin dai tempi antichi. Le prime testimonianze sulle popolazioni che l’hanno abitata, descritte come all’avanguardia nella lavorazione dei metalli e nell’artigianato, ci giungono direttamente dalle parole di Giulio Cesare.  E’ infatti tra le valli della regione che nacque il suo famigerato nemico, Vercingetorige, condottiero e re degli Arverni, che invano tento’ di sottrarre il suo popolo e se stesso al giogo imperiale.
La vera svolta nella Storia moderna dell’Alvernia ebbe pero’ luogo nel 1752. Fu solo allora infatti, e quasi per caso, che il naturalista Etienne Guettard decise di intraprendere degli studi più approfonditi sulla straordinaria morfologia dell’intera regione. In vacanza in Auvergne per approfittare delle proprietà curative delle terme di Vichy, Guettard rimase invece affascinato dalla natura dei rilievi.
Non soddisfatto delle spiegazione addotte dalla gente del posto, che sosteneva che tale conformazione fosse un’eredità insperata derivata dall’usura di antichi forni fusori romani o che si trattasse addirittura di cave artificiali, Guettard affianco’ alle indagini scientifiche quelle storiche e ottenne risultati eclatanti.

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La somiglianza della roccia del luogo a un campione proveniente dal Vesuvio fu rivelatrice. La pietra tanto utilizzata nelle costruzioni locali, compresa la scura e austera cattedrale di Clermont Ferrand, non poteva infatti essere estratta da una sola cava! E in quanto alla fantasiosa ipotesi dei resti di fucine imperiali, i Romani avrebbero saputo forse meglio rispondere… sarebbero stati appunto questi ultimi, tanto avvezzi ai vulcani delle Eolie e all’Etna, a comprendere per primi l’origine geologica del territorio appena conquistato. Lo confermerebbe l’antica toponamastica, secondo la quale la città di Volvic, oggi rinomata per la sua acqua esportata in tutto il mondo, era chiamata dai centurioni di Cesare Volcani Vicus.
Guettard espose la sua scoperta all’accademia di Francia in una nota dall’eloquente titolo “Memoria sopra alcune montagne francesi, un tempo vulcani”, opera che divenne una pietra miliare nella storia della vulcanologia, soprattutto di quella moderna. Prima di lui, infatti, in pochi erano arrivati a concepire l’idea che potessero esistere antiche vestigia di vulcani ormai estinti.

Grazie agli studi di Guettard l’Alvernia ha dunque recuperato la propria identità, e con essa la parte più interessante ed importante della sua storia.   Le prime esplosioni vulcaniche risalgono infatti a circa 60 milioni di anni fa, mentre la fase più attiva del suo vulcanismo ha avuto luogo 40 milioni di anni più tardi, ed é continuata per secoli fino a dieci mila anni fa, periodo di formazione della Catena dei Puys.

Quest’ultima, dominata dal Puy de Dôme con i suoi 1460 metri di altitudine, è costituita da una fila ininterrotta di ottanta vulcani, suddivisi per le loro caratteristiche in coni, “dômes” -vulcani dalla cima arrotondata-  e “maar”, vulcani di origine idromagmatica che si espandono per una quarantina di chilometri fino alle porte di Clermont-Ferrand, capoluogo del dipartimento.  Tra le decine di vulcani, oggi assimilabili in gran parte a rigogliosi poggi e rilassanti colline, spicca il Plomb du Cantal, il vulcano che, con un diametro maggiore di quello dell’Etna, si aggiudica il primato di cratere più grande d’Europa.

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Tra un’altura e l’altra, il filo conduttore é il colore verde, in tutte le sue tonalità e in tutte le sue forme. Il suolo vulcanico é infatti composto da una grande varietà di elementi che rendono il terreno particolarmente fertile, aumentandone la qualità della produzione agricola. Per questo, per rimettervi dalle lunghe passeggiate, dai percorsi in bicicletta e dalle discese in kayak, vi consigliamo di trovare anche il tempo di sedervi a tavola, e di degustare le prelibatezze del luogo. Se il formaggio non é proprio il vostro piatto preferito (attenzione, siete in Francia!), optate piuttosto per un ingresso alle terme La Bourboule per lasciare che l’antica potenza vulcanica contenuta nell’acqua vi rimetta in sesto. Se siete più coraggiosi, o minimamente più atletici, non lasciatevi sfuggire l’occasione di salire su un cratere, magari su uno degli otto che sono oggi divenuti laghi dalle acque fredde, profonde e limpidissime. Oppure, banalmente, leggetevi un libro respirando l’antica immensità che vi circonda, perdetevi un istante tentando di ripercorrere i profili tondeggianti all’orizzonte e riscopritevi ‘’docile fibra dell’universo’’.

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L’atmosfera ovattata e surreale dell’Alvernia, il cratere e il cuscino, vegliano sul sonno profondo del suo patrimonio geologico. I vulcani dormono e dormiranno, e a noi, turisti un po’ emozionati, non restano che i loro splendidi sogni da contemplare.

Elisa Cugnaschi

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