Dentro, di Emiliano Rocha Minter
Due giovani in un bosco. Raccolgono, scavano, costruiscono. Cosa stanno facendo? Sono naufraghi su un isola deserta, che costruiscono un riparo per la notte? Cacciatori che creano trappole per animali? Solo la scena finale farà luce su ciò che viene creato, attorno al quale i due giovani si affannano, come intorno ad un totem, che li guarda ed è guardato, che influenza pensieri ed azioni mentre viene eretto.
Non sentiamo mai parlare i due protagonisti, li conosciamo attraverso i gesti: frenetici, quasi rabbiosi, all’inizio; poi uno dei due sembra pacarsi, trovare nella ritualità del lavoro un senso, mentre l’altro continua a sferzare la terra come fosse colpevole di qualche cosa. Verso il tramonto, stanchi, si concedono un attimo di tregua e di contemplazione: solo allora conosciamo meglio i loro volti e l’ambiente che li circonda.
Un lucidissimo bianco e nero ed una splendida regia, capace di passare dalla telecamera mobile, al vorticoso pianosequenza in soggettiva della “cosa” creata, ci conducono in questo viaggio nei boschi, come testimoni impotenti della vicenda. Interessante come il mistero del “totem” venga reso ponendo lo spettatore quasi sempre nella soggettiva della cosa stessa e non dei protagonisti.
[…] dei modi del credere. Colpo di fucile all’ultimo degli sciamani. (Se ora vi guardate Dentro, di Emiliano Rocha Minter, vi giuro che […]
Già Michelangelo Frammartino con il ‘Dono’ aveva fatto una cosa simile!