Vagare svanendo. L’ottavo album dei Deerhunter

Vagare svanendo. L’ottavo album dei Deerhunter

Nulla è bello come lo si ricorda. Assimiliamo, compiliamo e raccogliamo i nostri ricordi perché siano più gradevoli per noi. Tralasciamo sempre le parti brutte. (Da un’intervista a Noisey, questa)

Se la memoria non mi inganna – ma quando non lo fa? – il mio primo contatto con i Deerhunter fu in un negozio di dischi di Brighton, un’estate che non sapevo bene che fare: Halcyon Digest, con quella sua copertina in bianco e nero così chiaramente 4AD, mi chiamava dagli scaffali, quasi m’implorava di ascoltarlo (non dovette insistere molto: le novità lì stavano a 10 sterline, praticamente un Eldorado). Poi vennero un innamoramento quasi istantaneo per sonorità sfuggenti – un misto di una miriade di prefissi e generi distanti: dream, pop, rock, kraut, shoegaze, post – e un concerto al Primavera Sound 2011 che ricorderò per sempre come il primo in cui mi sia sentito completamente dentro al suono che arrivava dal palco.

Per farla breve: Halcyon Digest rimane per me il più bel disco di questi anni Dieci, ma basterebbe pescare a caso dalla discografia di Bradford Cox per capire perché la sua band – e di Lockett Pundt (chitarra) e Moses Archuleta (batteria), gli altri due veterani – sia ancora oggi una stella polare, per la mia generazione. Vale per quella seduta psichiatrica in musica che è Monomania, per le esuberanze giovanili di Microcastle e Cryptograms, per le luccicanze pop di Fading Frontier. E vale per Why Hasn’t Everything Already Disappeared?, che, appena uscito, ha già saputo monopolizzare i miei ascolti delle ultime settimane.

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Non voglio essere disorientato o confuso. Voglio che la mia mente sia chiara. Non sono mai stato ubriaco, o meglio: quello che intendo dire è che non sono mai stato ubriaco continuativamente per un periodo della mia vita. Posso contare le volte in cui sono stato davvero ubriaco sulle dita di una mano. Quello di cui sto parlando è l’evasione. Non mi piace l’escapismo, tutto qui. Lo trovo sgradevole. E antipatico. Penso che se le persone potessero smettere di essere così evasive, potremmo avere una vera cultura nel mondo. Gli strumenti non ci hanno abbandonati. (Da un’intervista a Stereogum, questa)

Che personaggio, Bradford Cox. Uno capace di litigare con Billy Corgan e poi supplicarlo di non fargli causa con un messaggio lanciato durante un concerto, sulle note destrutturate del classico Today (per la cronaca, il messaggio era: “dear Billy Corgan/ I don’t even know you man/ please don’t sue me/ I love my dog/ and I don’t have that much money/ and I don’t think you’re the kind of person/ who’d starve somebody’s dog/ just to prove a point”). Uno capace di rendere un’intervista un’esperienza memorabile o un inferno per il giornalista che si trova di fronte; uno che ti parla di quanto la nostalgia possa essere tossica e intanto inzuppa le proprie canzoni in una reale ossessione per il passare del tempo, per lo svanire; uno che può nascondere in volute melodiche di zucchero filato i fatti di cronaca più violenti, i pensieri più dolorosi.

Prendete il clavicembalo che sembra voler sviare l’attenzione dell’ascoltatore dalla malinconia infinita del primo singolo Death In Midsummer. Prendete la perfetta No One’s Sleeping, una delle pepite pop più pregiate dell’intero catalogo Deerhunter (una nuova Memory Boy): quasi una filastrocca per bambini, si direbbe, eppure quelle parole poggiate pigre su una morbida nuvola di tamburi, sintetizzatori, fiati, chitarre – “violence has taken told / follow me, the golden void” – sono ispirate dall’omicidio della parlamentare laburista britannica Jo Cox, uccisa da un neonazista a Leeds solo tre anni fa. Un’amarezza ineludibile, che avvolge anche la saltellante What Happens To People?, gente che perde progressivamente il contatto con le proprie emozioni e ne rimane chiusa fuori (che impressione, quel “locked out” ripetuto cinque volte proprio al tramontare della canzone).

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Non è un album perfetto, Why Hasn’t Everything Already Disappeared?, ma certo – anche al netto di un paio di episodi che prendono gli eighties nel verso sbagliato (no, citare Whitney Houston come influenza per Plains non è una grande idea) – ha la capacità di cogliere il preciso senso di smarrimento che si prova mentre si guardano i propri simili correre a testa bassa verso il baratro. Per questo, se non lasciano indifferenti il tema ecologista di Element (un cantilenare che appiccica come sciroppo, mentre rimugina sull’elefante nella stanza della nostra epoca) o il timido quadretto notturno composto da Lockett Pundt e chiamato Tarnung (il sax come corpo che si dissolve, nell’episodio più avventuroso del disco insieme alla miniatura strumentale Greenpoint Gothic), a colpire più di tutto è la finale Nocturne.

Qui, nel solco delle grandi closing song dei Deerhunter (andate a riascoltarvi l’enorme He Would Have Laughed, vi aspetto qui), il genio di Cox viene lasciato libero di correre per sei minuti e mezzo. Nella prima parte, le parole sono come cancellate dal nastro mentre la voce s’affonda sempre più in una melodia amniotica – provate a pensarla in Amnesiac, appena dopo You And Whose Army?; la seconda, esclusivamente strumentale, si fa coda ipnotica, minimalista e pacificante, che prova a stemperare la tensione accumulata in precedenza.

Ma quelle serene noticine di piano poste in chiusura e tagliate brutalmente ci ricordano che la fine è inevitabile e mettono il punto a un discorso di peso, di cui questo ottimo disco si fa carico sin dalla copertina, un Oberbaum-Brücke (il ponte sulla Sprea, a Berlino) dell’artista tedesco Peter Ackermann: la struttura, nel disegno, si accascia su se stessa in un bianco e nero cinematografico, che viene naturale associare a quello delle pellicole recuperate dai ghiacci nel documentario-capolavoro Dawson City. Un altro luogo in cui sogno e ricordo si confondono, un’altra opera in cui l’esistenza si svela per quel che è: pura dissolvenza.

Titolo | Why Hasn’t Everything Already Disappear?
Artista | Deerhunter
Durata | 36’
Etichetta | 4AD


BONUS

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Dove: Torino, SPAZIO 211 e INCET
Quando: 23-24-25 agosto 2019
Chi altro c’è: https://www.salteditions.it/todays-festival-2019/
Biglietti e abbonamenti: http://tidd.ly/7c73e5ea

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