Currents dei Tame Impala NON è un album
Allora, innanzitutto non si comincia mai un discorso con allora, dicono. Così come, mi libero di questo fardello, in italiano NON si deve usare “ciò“. Davvero, fa schifo. Non usatelo. Non è che lo dico io, è la Storia, cazzo, è l’Estetica, è la Filosofia Morale. Non sentite quanto è brutto, quanto è caccafonico? Sembra che impastate palline di quarzo in bocca. Dite mai “ciò” nella vita vera? No. Ecco, allora perchè dovete scriverlo? Non scrivetelo.
Bene, ora che mi sono posto al comando di legioni e legioni di grammar nazi violenti e psicolabili, passiamo al fattaccio di oggi: Currents, il nuovo album dei Tame Impala. Sarò rapidissimo, non ho voglia di articolare un ragionamento di senso compiuto, quindi vi sparaflashate frasi confuse e considerazioni abbozzate, così come si sono affacciate nella mia testa durante l’ascolto. Inna spizzichi e bocconi styla.
- Il mischione pop, disco, psichedelia, riverberi, loop mi fa godere.
- Il disco ha lasciato dietro di sè uno sterminio di orfanelli delle chitarre, la qual cosa pure mi fa godere. Ve lo meritate. “Oddio, mamma, non ci sono le chitarre, ma questa non è musica, nguééé.”
- Let It Happen, il brano d’apertura, è in assoluto tra i più belli dell’anno. Sì, deve molto ai Daft Punk, che a loro volta devono molto a molti, i quali dovevano molto ad altri ancora, quindi, ehi, certo che funziona così. Per fortuna. Se attingi dai migliori e lo fai suonare bene in un insieme diverso, sei in gamba. L’impronta Tameimpalata è comunque riconoscibile.
- Nangs, canzone number two, sarebbe persino meglio della prima, forse, se non fosse solo abbozzata. Che bel bum bap.
- The Moment. Pop di alta qualità. Ce li sentiamo dentro un po’ di Beach Boys? Sì, ce li sentiamo. Ci fa godere la cosa? Certo che ci fa godere.
- Yes I’m Changing. Mmm. Checazzoè? Hanno plagiato i Thegiornalisti che hanno plagiato Dalla, gli Stadio e i College&ElectricYouth?
- Sintetizzatori a profusione, tappeto volante, Aladino. Eventually.
- Gossip. Perchè è intitolata così? Cheneso, ti sembro il Mago Otelma?
- The Less I Know The Better riprende e rende più easy-listening il discorso iniziato con Let It Happen. E lo fa molto bene, canzone piacevole e ritmata, successo annunciato. Non ci sarebbe stata da Dio anche un’incursione di Tizianone Ferro? Pe me, sì.
- Le 6 canzoni successive, ohmmioddio, sono tutte uguali. Preferiresti spararti nei piedi piuttosto che ascoltarle, davvero. Cioè, si è capito il discorso che il leader Kevin Parker voleva imbastire con questo disco. Si è capito molto bene, ed è stato realizzato altrettanto bene nella prima metà dell’album. Il trittico iniziale + The Less I Know The Better è da Top 3 dell’anno. Seriamente. Non a caso mi ero già fiondato su Amazon per sperperare euri nell’acquisto del vinile edizione limitata. Grazie a Dio ho atteso di sentire anche il resto. La seconda metà dell’album non ha alcuna ragione di esistere, se non quella di uccidere ogni tua volontà di stare al mondo.
- Se vi fate un giro sui siti specializzati si grida al capolavoro da più parti. Perchè? Perchè? Perchè? Siete in malafede. Non è possibile. O forse vi siete fermati a metà ascolto.
La chiudo, in sintesi, dicendo che Currents è due dischi in uno. Il primo va da Let It Happen a The Less I Know etc, ed è un Signor Album. Un album, wow, che mescola nel pentolone elettronica sognante, spunti disco, bum bap, pop di qualità, trip sonori, canzoni da classifica. La band australiana si è evoluta alla grande, senza disconoscere le radici di Innerspeaker e Lonerism, ma anzi portandole avanti. Con buona pace degli orfanelli. La seconda parte, da Past Life al termine, è un appendice non richiesta, un sottopunto irrilevante, un approfondimento noioso di un concetto già ben chiarito, il tipico box che nei libri di scuola e università salti a piè pari, giustamente. Ti annoi proprio, e per un prodotto musicale, che è cultura e entertainment, forse è la critica peggiore che si possa fare. Con buona pace di chi deve ogni volta montare su un hype della madonna solo perché a certi gruppi, in certi momenti, è dovuto.
[…] triste notizia: no, i Tame Impala non sono diointerra, checché ne dica la farlocchissima ManuDB. Qui e qui eravamo già venuti alle mani sull’argomento. Detto questo, The Moment è uno dei più bei […]