Il fascino discreto della cultura pop giapponese
Storia, società e cultura giapponese descritte attraverso i suoi prodotti di consumo più iconici: questo è POP ポップ di Matt Alt (add editore)
La cultura (pop) giapponese ha conquistato il mondo: è un fatto.
Chi di noi, nati negli anni ‘90, non è cresciuto a pane e Dragon Ball (letteralmente, visto che andava in onda all’ora di pranzo)? Per non parlare di Pokémon, che ha ben presto sconfinato dal mondo del gaming affermandosi come il franchise di entertainment più redditizio al mondo. Situazione simile anche se guardiamo all’editoria, dove in Italia i manga rappresentano quasi il 60% del mercato del fumetto. Bastano questi pochi esempi per cogliere quanto l’influenza giapponese sia profonda nel nostro immaginario.
Se l’argomento stuzzica la vostra curiosità, ecco un libro per voi: “POP ポップ – Come la cultura giapponese ha conquistato il mondo”,
Scritto da Matt Alt, giornalista e scrittore americano che da una ventina d’anni vive in Giappone, il saggio è edito da add editore, realtà torinese indipendente che all’Asia dedica una specifica collana tra i cui titoli troviamo, appunto, POP.
POP parla di Giappone, e fin qui potevamo aspettarcelo, ma lo fa da una prospettiva inusuale, a partire cioè dai suoi più iconici prodotti di consumo.
Intendiamoci, siamo ben distanti dal format di “Come è fatto”; POP è piuttosto un testo di storia economica che incontra la critica culturale, formula che tuttavia funziona e che traccia con efficacia la storia recente della società e della cultura giapponese.
La merce, l’oggetto, è il punto fermo nella struttura dei vari capitoli; da esso partono, o verso di esso convergono, vicende personali, descrizioni di una certa temperie culturale, sociale, politica, oltre che, naturalmente, quell’insieme di tratti peculiari che permettono al Giappone di tuffarsi nella globalizzazione pur tracciando al contempo una netta linea di demarcazione culturale con l’occidente.
Prendiamo Hello Kitty ad esempio, personaggio-ambasciatore nel mondo del concetto di kawaii (traducibile come “carino”, “adorabile”). Nulla di simile sarebbe concepibile al di fuori del contesto estetico e culturale giapponese (forse in Corea del Sud, ma quella odierna). Idem i manga e gli anime: cocktail estetici di elementi animisti e pseudo religiosi, patriottismo, catarsi rispetto ad una società rigida e gerarchizzata, elaborazione del trauma della seconda guerra mondiale, attrazione e orrore verso il progresso tecnologico, tanto per citare alcuni temi ricorrenti. Non che l’occidente non abbia tratto prodotti di consumo da tutto questo, anzi, ma la forma è profondamente diversa, lontana dagli elementi ludici e onirici che caratterizzano così fortemente il Giappone.
Altri esempi? Gli sms, le emoji, e anche 4chan, quest’ultimo culla di Anonymous, della cultura meme e di una serie infinita di teorie del complotto, che altro non è che un copia/incolla del sito giapponese 2channel. Questo per dire che la selezione di prodotti di Alt non si limita a casi di studio ovvi o al solo settore dell’intrattenimento, il che rende POP un saggio niente affatto scontato nel contenuto.
Non secondario, guardando all’esperienza di lettura complessiva e non solo al valore nozionistico del libro, il fatto di ritrovare nel testo prodotti che conosciamo o magari che utilizziamo, conferisce al saggio, genere per sua natura “freddo”, un certo calore e senso di identificazione. In buona sostanza, il libro è godibile oltre che informativo, con l’unico neo di una traduzione a volte non impeccabile.
Giunti a questo punto, non vi sarà sfuggito che la narrativa di Alt sta in piedi solo ammettendo che la merce abbia un valore non solo economico e strumentale, ma anche sociale, culturale, identitario. Dobbiamo allora chiederci se sia giusto o sensato parlare di cultura in rapporto ai prodotti di consumo. La domanda mi devasta (cit.), tant’è che mi guardo bene dal rispondere; permettetemi però un’ovvietà: nell’attuale contesto capitalistico è ciò che consumiamo a definirci, molto più di quanto non possano farlo ideologie (termine sempre più ammantato di “novecento”) o valori. L’idea stessa di cultura, in cui spesso ci si arrocca per difendersi dal consumismo, sembra sempre più un feticcio, tant’è che tendiamo a parlarne sempre più spesso in termini di “consumi culturali”.
Non dimentichiamoci poi che ci sono prodotti capaci di imprimere nella società e, di riflesso, nella sua cultura, dei cambiamenti profondi: a prescindere dai giudizi, è evidente che ci sia un prima e un dopo l’invenzione dello smartphone.
Stessa cosa, seppure con magnitudine diversa, si può dire dell’invenzione del walkman e di come abbia profondamente mutato la fruizione della musica e anche i rapporti sociali legati a questo interesse comune.
Come probabilmente sapete è un’invenzione della Sony che, sì, è giapponese e, sì, se ne parla in POP.
In tutto questo è assai probabile che il sottoscritto sia vittima della deformazione professionale da economista, ma l’importanza di una lettura in chiave economico-consumistica è innegabile (imprescindibile a mio avviso) quando si guarda ai fenomeni socio-culturali.
POP ci offre sostanzialmente questa lettura economicistica, depurata da numeri e analisi e arredata con tanti oggetti affascinanti. Ne risulta un saggio leggero e scorrevole, forse troppo se la nostra ambizione è diventare iamatologi, ideale invece per il lettore che intenda fare qualche passetto verso la comprensione di una cultura vastissima e affascinante come quella giapponese.
Titolo | POP ポップ – Come la cultura giapponese ha conquistato il mondo
Autore | Matt Alt
Anno | 2023
Casa editrice | add editore