Crimson | gli Alkaline Trio danno linfa al punk-rock
È notte. La scuola è finita da un paio di settimane, io ho circa la metà degli anni attuali e almeno il doppio delle paranoie.
Non riesco a dormire, quindi ho iniziato e finito un libro: non so perché ma d’estate leggo con la stessa foga che hanno i bambini davanti al gelato.
Chiudo il libro, spengo la luce, niente.
Occhi che nemmeno i gufi. Pensieri che nemmeno il compito di chimica.
(Sia detto per inciso, non ho mai sofferto di insonnia. A me la notte piace, non riesco a dormire chè poi me la perdo. Poi quando decido mi faccio tutta una tirata fin quando non mi svegliano col pranzo in tavola.)
Mi tiro su dal letto, anche perché ci saranno 436°C e sto sudando malissimo. Non ho ancora scoperto la birra, quindi acqua.
Sala, telecomando, tv, zapping.
I primi anni 2000 la tv la guardavo ancora, precisamente una decina di canali di video musicali con pochissime pubblicità e ancora meno vj pronti a farti passare la voglia di essere felice, per sempre, con quei sorrisi no matter what. La notte poi era una gioia, zero logiche commerciali, zero promozioni pagate, canzoni nuove di gruppi sconosciuti a rotazione casuale. Bellissimo.
Arrivo su Brand:New (sì, proprio coi due punti) e vedo 3 auto arrivare in un hangar, la band in posizione, parte il playback. Cuffie, alzo il volume senza svegliare una famiglia intera, e inizio ad ascoltare circa da metà strofa.
Mi piace, ma non so cos’è perché mi sono perso il nome della canzone all’inizio del video. E qui siamo pre-Shazam, ma direi anche pre-Internet-flat-nelle-case. Quindi mi godo la canzone, ascoltando e basta, senza un cellulare a cui chiedere di essere intelligente al posto mio, senza poterci fare una storia su Instagram.
Ascolto ed è la canzone adatta, aspetto che finisca, prendo nota di band e titolo.
E questi chi sarebbero? Voglio risentire questa canzone, vado a letto con una mancanza che tanto non potrei colmare in nessun modo. Mi addormento molto più sereno di prima.
Il giorno dopo corro da Ricordi. Nessuno conosce gli Alkaline Trio, ma il disco è in catalogo, fra un paio di mesi posso fartene arrivare una copia. Ma Amazon Prime? Va bene ordinami una copia, voglio quella canzone.
Due mesi sono lunghi però, così qualche settimana dopo sono in vacanza-studio (modo come un altro per chiamare un’attività in cui i genitori si liberano giustamente di te per due settimane godendosi la vita dopo tutti gli sbatti di un anno) a Edimburgo, passo da un negozio di dischi grande come la casa al mare di Gianluca Vacchi, dico “ma vuoi vedere che…?” e appena chiedo al commesso quello mi mette fra le mani Crimson.
Per il resto della permanenza scozzese Time to Waste sta in repeat sul lettore CD anche mentre dormo, poi un giorno tolgo il repeat e ascolto il resto.
Non me ne pento.
Gli Alkaline Trio nascono punk-rock, come chiunque in America dopo Dookie e Enema of the State. La differenza sostanziale è nel nero pece di cui riempiono testi e musiche.
Sono notturni, vanno ascoltati al buio, vanno letti alla luce fioca di una candela che trema per il vento.
Quel disco, quelle atmosfere, quel senso di angoscia e ossessione nera che scorreva nella tracklist sono la migliore fotografia dei miei 15-18 anni.
(Vabbè ogni tanto una risata me la facevo eh, non vi allarmate. Ma non tutti i giorni.)
Crimson, scoprirò poi, è un disco di svolta: odiato dai fan della prima ora (sempre piacevoli gli integralisti musicali, che Dio vi abbia in gloria) perché troppo orchestrale e troppo poco punk, è probabilmente il mio preferito tra la loro discografia proprio per questo motivo.
Ci sono gli archi, i pianoforti, c’è Jerry Finn (la sua morte ha fatto più danni al punk rock che Ventura alla nazionale) alla produzione.
Tutto è come dovrebbe essere se si vuole far progredire un genere che, a parte qualche rara eccezione benedetta, è fermo da quasi 10 anni.
Ma lo sappiamo: le novità fanno paura, se una ricetta funziona perché cambiarla, e tutte queste menate da medioevo.
Il risultato della pressione della fanbase è che dopo questo capolavoro il Trio sentirà l’impellente (e spontanea) necessità di tornare alle radici, con un paio di dischi che saranno la gioia di qualche brufoletto di Chicago ma sono soprattutto un enorme passo indietro artistico.
Alcuni dischi resistono al tempo meglio di altri, questo è assodato. Ci sono cose che amavo 10 anni fa e oggi le ascolto senza trarne gioia, giovamento, intrattenimento.
Altre cose invece ti entrano dentro da una porta inconscia, tanto nascosta che nemmeno tu sai esattamente dove si trovi, e quelle lì resteranno tue anche fra 50 secoli.
Per me, le 13 tracce di Crimson che so cantare suonare e recitare a memoria da più di 10 anni sono così.
Crimson è talmente importante che ho una sua frase addosso, di quelle indelebili che quando te le scrivi tutti ti chiedono se ti ha fatto male (no, non fa male).
it’s not so much a storm
but just a cloud that lives inside of me
Ogni tanto questi dischi fondamentali se ne stanno in disparte con educazione, perché lo sanno che non potrai mai monopolizzare le tue orecchie.
Ma appena premo play sono a casa, nel buio, con la candela accesa.
E tutto è di nuovo al suo posto.