Con lo scooter in Laos: il plateau des Bolovens
Sabaidi
Attraversato dall’imperturbabile Mekong ed incastonato tra la Tailandia, la Cina e il Vietnam, il Laos ha aperto le sue frontiere al turismo solo una ventina di anni fa, ed offre ancora al visitatore una meravigliosa spontaneità che ben si sposa con i suoi paesaggi mozzafiato ed il suo ritmo quasi ancestrale, capace di trascinare fuori da ogni tempo.
Per meglio intingersi nella routine sud laotiana è bello lasciarsi alle spalle le città più grandi, che non hanno gran cose da offire se non i mercati rimpinzati di frutti di ogni tipo, stand di spiedini vari ed eventuali dai mistici ingredienti, banane fritte come fossero patatine (una bontà!) e, per i meno audaci, bancarelle di baguettes e madeleines, retaggio della colonizzazione francese. Nelle ore meno calde della giornata, le strade polverose sono attraversate da improbabili mezzi a metà tra un side-car e una motocarriola caricati come se non ci fosse né domani né forza di gravità: mercanzie di ogni tipo fendono l’aria pesante a velocità ridotta a fianco di un guidatore dai 7 anni di età (!!!) in su.
Ma abbandonerete tutto questo, e per molto di più ancora. Risvegliate l’adolescente che è in voi, recuperatene le forze e lo sguardo e noleggiate una moto nella città di Paksé. No, davvero non c’è l’assicurazione e sì, ogni danno allo scooter sarà sempre e comunque a carico vostro, nonostante il suo marchio cinese in bell’evidenza. Ma non preoccupatevi, potete farvi benedire dai monaci nei primi villaggi che attraverserete: durante la giornata guidano un camioncino per ricevere le offerte della popolazione, e, seduti nel cassone, mettono braccialetti benedetti elargendo buoni auspici. Le strade del plateau sono in buono stato, anche se le indicazioni per andare a visitare le spettacolari cascate non sono sempre in bella vista e/o sono scritte in laotiano – scrittura bellissima, per carità, ma perfettamente incomprensibile. Per non sbagliarvi, munitevi dunque di una cartina e prendetevi il tempo di provare a spiegare alla gente del posto dove volete andare. Probabilmente il loro Inglese non sarà sufficiente a fornirvi le indicazioni richieste, ma lo scambio di informazioni via gesti è già un bel primo passo per entrare in contatto con questa popolazione non ancora abituata alle orde di turisti.
Le cascate che puntellano questo territorio di origine vulcanica costituiscono le tappe fondamentali di un itinerario ad anello che è già di per sé meraviglioso e straniante: i paesaggi che defilano chilometro dopo chilometro sono molto variegati, e penso annoverino tutte le tonalità di verde possibile, soprattutto durante la stagione delle piogge. Ampie piane di alberi ed arbusti lasciano spazio a boschi a perdita d’occhio, a zone più rocciose e alle celebri piantagioni di caffé, prodezza economica e gastronomica della regione. Lungo il tragitto è possibile anche visitare alcune delle piantagioni ed acquistare direttamente dai produttori, ed è in ogni caso d’obbligo fare una sosta per gustarsi una tazza del tipico White Coffee, che stempera l’aroma forte del chicco locale con del latte condensato.
Quel che rende ancora più straordinario questo percorso ai nostri occhi occidentali è però la possibilità di sbirciare la routine laotiana più autentica e semplice, senza i filtri che il turismo massiccio ha creato, ad esempio, in altre zone del paese. Ed è così che dallo scooter si susseguono villaggi polverosi in bilico tra la calma più immobile e la musica appalla, con case che sono grandi palafitte di legno scuro, e gente affacendata nelle più svariate attività. Tanti, tantissimi bambini che, vedendo volti dal colorito troppo chiaro rispetto al “normale” si riempiono di entusiasmo e curiosità gridando un più o meno timido: Sabaidii, Hello!. Tutto il viaggio si trasforma così in un continuo rimbalzo di sorrisi, e in un reciproco scambio di sguardi, tutti desiderosi di conoscere qualcosa in più, di carpire quanto siamo diversi e simili allo stesso tempo. Per tutti quelli che come Safran Foer -o anche come me, banalmente- vorrebbero saperne di più su tutte le vite che non stanno vivendo, questa finestra su tutt’un altro mondo è qualcosa di potentissimo e incredibilmente toccante.
Macinando chilometri e facendo attenzione ad evitare le mucche che si piazzano in mezzo alla carreggiata, vi troverete forse a pensare a chi sareste voi in quel paesino dove i maiali scorrazzano liberamente in cortile insieme a polli, anatre ed oche, dove crescono alberi sconosciuti dai fiori rossi e dove i bambini s’accendono di gioia saltellando nelle pozzanghere, giocando con nulla o rincorrendosi in bici.
O forse penserete semplicemente che siete davvero fortunati: non per vivere altrove, ma per poter vivere un’esperienza umana tanto genuina quanto intensa, e, oltretutto, in un luogo dove la natura si è fatta bella in mille modi diversi.
Ci sono un mucchio di altre cose che vorrei raccontarvi del Laos, come il fatto che non esistono le monete per esempio, o che le condizioni di lavoro nelle piantagioni di caffé sono spesso inique, o che questo paese ha vissuto in autarchia fino quasi al 2000 e che detiene il triste record di paese più bombardato pro capite in seguito ai bombardamenti USA durante la guerra del Vietnam. Ma tutto questo passa in secondo piano, quando siete in moto e vi urlano: Sabaidiiiiii.