Com’è stato il Lollapalooza a Berlino
Il Lollapalooza a Berlino.
IL LOLLAPALOOZA A BERLINO!
No, dico, lo devo ripetere più forte?
KABOOM.
Non ho la minima idea di come fare a parlarvene senza a) esaltarmi un casino b) mettermi a piangere perché è finito c) addormentarmi sulla tastiera. Sì, lo so che è Giovedì e dal Festival sono passati già 4 giorni, ma il mio corpo non lo accetta.
Vabbè, io ci provo.
Per la prima volta nella storia dell’umanità, lo scorso weekend, il Lollapalooza è sbarcato in Europa.
Il Lollacheeee?! Ebbene, miei piccoli amici, se ancora non lo conoscete, cospargetevi il capo di cenere e mettetevi comodi. C’era una volta il 1991 e i Jane’s Addiction erano capitanati da un Perry Farrell all’apice della sua onda alternative rock in perfetto stile americano agli albori degli anni ‘90. Il gruppo dei peggiori sobborghi di Las Vegas era destinato a sciogliersi, complici qualche dissidio interno (e quando mai no?) e giusto un paio di problemini con quella che sembra talco ma non è. (e quando mai no? Part II).
Fatto sta, belli miei, che al buon Perry Farrell viene l’idea del secolo dei secoli, amen. L’ultimo tour dei Jane’s Addiction, di fatto, si trasforma nel primo Lollapalooza: un festival itinerante di rock alternativo e controcultura.
“Festival itinerante?!” Spiega come! (Pagina 777: Homer che parla al suo cervello)
Il concetto è semplicissimo: se tu non vai al Festival, il Festival viene da te. Facile, no? Nato e cresciuto negli States, il Lolla si è girato tutta l’America del Nord e, pur essendosi stabilizzato da qualche anno al Grant Park a Chicago, è stato esportato anche in Cile, Argentina e Brasile. Per il 2016 è prevista un’edizione a Bogotà, in Colombia, mentre un tentativo era stato fatto anche in Israele, a Tel Aviv, ma è stato rinviato a data da destinarsi, ahinoi. E poi, finalmente, dopo quasi 25 anni di attesa, è sbarcato anche nel Vecchio Continente.
Ed è davvero il caso di dirlo: è stato proprio un “Lollapalooza”, che in slang americano significa “evento straordinario”. Vi do qualche motivo in ordine sparso per credermi:
- Location spaziale: l’aeroporto di Templehof, ormai chiuso al traffico aereo da anni. I lettori più veterani di SALT si ricorderanno che ve ne avevamo già parlato qui
- Prezzo onesto: 69 scudi per singolo giorno, 119 per l’intero weekend (12-13 Settembre). Sì, lo so cosa state pensando: “Ammazza, 70 euro per un concerto?!”. No, 70 euro per 27 concerti. Giuro, li ho contati.
- Il Festival è cashless: all’ingresso ti convertono il biglietto in un braccialettino super fichissimo (vedi foto a destra) con un chip che si poteva ricaricare da casa nei giorni pre-Festival oppure in alcune aree in loco, così che uno si possa scolare l’inverosimile senza rendersi conto di quanto abbia speso. Figata, no? Scherzi a parte, molte meno code.
- Line-up di tutto rispetto (vi cito solo alcuni artisti).
- Sabato: Bastille, Macklemore&Ryan Lewis, Glass Animals, Hot Chip, The Libertines, Fatboy Slim.
- Domenica: Wolf Alice, Stereophonics, Belle&Sebastian, Sam Smith, MUSE, Tame Impala, Kygo, Robin Schulz
Sabato ero impegnata a girovagare per i quartieri hipster berlinesi con la bici da hipster noleggiata in un posto che era così hipster che andrà di moda solo tra 10 anni.
In altre parole, vi racconto Domenica.
“Woodstock” della Alternative Nation, bandiera della “MTV generation”, eternamente criticato e osannato al contempo, il Lollapalooza ha il grande merito di aver fatto dell’eterogeneità musicale il proprio cavallo di battaglia. E, difatti, non è stato semplicissimo barcamenarsi tra 4 palchi diversi (due Main Stage, l’Alternative Stage e il Perry’s Stage), soprattutto se la retta via viene costantemente interrotta da stand culinari, chioschi di birra, spazi di urban art, chioschi di birra, salottini wi-fi, chioschi di birra, cocktail bar, chioschi di birra e così via.
Insomma, è stata dura. Da rifare domani.
Dal momento che non vorrei sfigurare agli occhi di Jay Bargiani, ho pensato di usare l’aiuto da casa e chiedere a Fede (entità per voi astratta e mio alter ego al Festival) di creare un Give Me 5 per l’occasione.
L’avete aperto Spotify? Cliccate sulla playlist qui in alto a destra.
Give me 5 LollaBerlin
Le pagelle
Robin Schulz | Sun Goes Down
Al Perry Stage la lotta per il record di ammiccamenti e limoni tra la folla è stata roba seria: gli Highlander Klangkarussell ci hanno provato con due ore e mezza di Dj Set, Kygo ha venduto più t-shirt di Totti fuori dall’Olimpico, ma nessuno ci ha fatto ballare come Schulz: I don’t wanna rock, Dj!
Crystal Fighters | Love Natural
Berlino – Woodstock andata e ritorno in poco più di un’ora: capelli lunghi, mani a cuore, palloni colorati in cielo, e il messia Sebastian Pringle che invita i suoi adepti a fermarsi un minuto per abbracciarsi l’un l’altro, Mettete dei fiori nei vostri cannoni.
Sam Smith | I’m not the only one
Dopo nove ore di salti tra uno stage e l’altro i polpacci cominciano a metterti in allarme per il Main Stage delle 22. Niente paura, la voce di Sam Smith al calar del sole scioglie ogni muscolo: Fisioterapista.
Muse | Supermassive Black Hole
Una volta un amico di ritorno dallo Sziget mi disse “tutto figo oh, però quando esci dall’Italia nonpoga nessuno!” ed al mio primo festival straniero stavo per confermare questa teoria. Poi però è arrivato Matthew col suo distorsore e… Oooooh you set my soul alight.
Bonus Track:
Mackelmore & Ryan Lewis | Can’t hold us
Quando devi scegliere uno solo tra i giorni del festival in cui andare a spaccarti (perché diciamocelo, non siamo così cciòvani come vorremmo dare a vedere), ti aspettano notti insonni a tu per tu col fantasma del concerto non scelto.
Il mio più grande rammarico della line up del giorno prima, tra Parov Stelar e Glass Animals, sicuramente sono loro: civediamoacoachella2016.
Info pratiche sulla città:
– Visit Berlin
– Instagram: @visitBerlin
Hashtag: #visitBerlin
Cover photo: Stephan Flad
[…] riflessione su Berlino è cominciata una sera di settembre nel prato dell’aeroporto di Tempelhof. Flughafen Tempelhof (fermata Platz der Luftbrücke sulla U6) è uno dei miei posti preferiti a […]