Caribou e Tchaikovsky
La culla della vacuità
Introduzione dell’autore alla composizione poetica, da whatsapp: “Ieri sera sono tornato a casa (dal concerto di Caribou, ndr) preso bene con radio marconi che fa musica classica dalle 7 di sera alle 7 di mattina e ho scritto una poesiuola su caribou e tchaikovsky.. L’acido ha funzionato alla grande!”
Come dita su una tastiera,
piane, forti, leggere, volanti d’aria
senza ossigeno.
Mani a pelo, a sorreggere da sole
la loro pienezza incarnata,
che ci ricorda la nostra creazione originale.
Perché io? Con questi muscoli tesi, tendini contratti.
Cosa mi giustifica a questo mondo?
Dio?
Suona come storia lontana d’un epica
dimenticata, viva forse un tempo.
Le altre persone?
No, mai saremo grandi abbastanza.
Io stesso?
Masturbazione cerebrale, che porta
solo a un buco nero.
Vuoti dunque.
Vacui, vasti e cavi.
Rombi di musica digitale,
boati di musica inseguita d’orchestra,
hanno questo in comune:
ci riportano alla nostra condizione
di foglie al vento, bolle di profumi speziati
e infinitamente umani, che vibrano.
Cullano la nostra vacuità.
E questo ci conduce alla consapevolezza
più grande che abbiamo, elevandoci sopra
le nuvole più alte e inimmaginate, soffi di spirito
dell’Idiozia atavica che ci rende unici fin dalla nascita.
Alberto Marsanasco