Cara Londra, ti scrivo…

Cara Londra, ti scrivo…

Cara Londra, ti meriti una lettera di addio scritta al momento giusto (penultimo giorno di permanenza,ubriaca dopo la mia festa di addio).

Ci siamo volute bene io e te, vero?! Perché nonostante, in elenco: vento gelido, pioggia che ha rovinato i miei già problematici capelli, la freddezza iniziale (tua e dei tuoi abitanti), la bronchite ogni due settimane, la birra passata da grande sfavorita a migliore amica e la moquette anche nelle chiese (fine dell’elenco),dicevo,nonostante tutto questo, ci speravo che diversamente dagli amori banali del quotidiano, ci saremmo innamorate appassionatamente e così è stato: il nostro fuoco non si è spento, continuiamo ad appartenerci intimamente e a ricambiarci (questa è la mia opinione,sentiti libera di dire la tua).

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Tremavo, al momento di partire dall’Italia pensando al tuo clima, al tuo cibo, ai” londinesi” (bravo chi mi sa spiegare chi siano), al caos, al cemento, al nuovo lavoro, alla lingua (ma veramente sta dicendo “Cheers” mentre gli tengo aperta la porta?), alla musica inglese anni ‘90, ai supermercati stracolmi di inutilità e junk food, alla frutta e alla verdura che non hanno mai visto il sole, ai tuoi ritmi frenetici, al clima (lo so,l’ ho già detto,ma è ostico per davvero).

Poi è successo: il mio primo weekend, da sola, scesa con il treno a London Victoria mi sono incamminata verso una direzione indefinita seguendo la folla. E ho provato quella sensazione: I’m alone,but I do not feel lonely. La musica nelle orecchie,si’ la tua, (grazie agli Smiths ai Libertines e a Lou Reed per aver camminato a braccetto, mangiato, bevuto e fumato con me), i turisti chiassosi (sempre italiani o spagnoli quelli casinari) che si accalcano e creano problemi ai semafori o davanti i negozi di souvenir, Buckingham Palace come un’apparizione, St James park,il laghetto, il London Eye che si intravede, la Mall, fauna esotica e flora di un verde vivo, tutto questo, se si è davvero fortunati, illuminato dai raggi delicati del sole inglese e come dipinto di pittura fresca.

Sole a Londra implica assistere ad una frenesia che si propaga a tutto e tutti, animali, piante, fiori (sono miriadi di miriadi le foglie le piante e gli animali in cui ci si imbatte nel silenzio e nell immensità dei parchi a poca distanza dal caos del centro) e persone. Indossare sandali con pantaloni corti e t-shirt in pieno inverno mangiando un gelato non ha nulla di strano, sei tu quello anomalo se senti freddo con la sciarpa. Cammini cammini ma non ti perdi, è facilissimo muoversi tra le tue vie, anche per chi come me non ha senso dell’ orientamento.

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Credo sia grazie al fiume, prima o poi lo scorgi tiri un sospiro di sollievo, ti siedi un attimo e ti ritrovi. Io ti ho esplorata quasi tutta a piedi, rovinando scarpe, procurandomi vesciche e traumi ai piedi che ora rimiro con orgoglio e nostalgia. Non sono più riuscita a fermarmi da quel primo weekend, ho solcato con falcate inizialmente ampie, trascinandomi poi a fine giornata sui tuoi ponti, passando da una riva all’ altra del Thames (la Southbank con Tate Modern, Borough market, mercatini di libri e cianfrusaglie mi piace da impazzire ma se penso a Shoreditch diventa ardua la scelta), da un baretto in Hyde park alla caotica Portobello Road, da pizzerie e caffè pieni di italiani che poi ho finito per evitare allo street food che è stato  una delle più gradevoli scoperte nei weeekend a zonzo. Ho imparato a riconoscere il profumo aspro del curry senza starnutire, ad amare il sapore di agnello e cipolla dolce affondati in un enorme kebab, a contemplare estasiata formaggi,salumi,vini e dolci ai Borough Market.

Ti ricordi Londra, quando mamma si è seduta su un blocco di cemento vicino al Globe a mangiarsi il riso con le verdure saltate preso al mercato? Grazie, per un giorno sei stata clemente e ci hai concesso tanto sole, mamma era così felice che ti ho voluto bene ancora di più ( ti sei però comportata male ammollandoci due freddissimi giorni di neve e vento polare subito dopo, che caratteaccio!).

A me i tuoi abitanti stavano idealmente sulle palle, molto meglio i popoli del Sud,mi dicevo. Eppure di inglesi come li immaginavo non ne ho visti, nel posto di lavoro in cui sono stata convivono persone appartenenti alle etnie più disparate tutte intente a spiegarsi e a farsi capire un po’ coi gesti un po’ con un inglese che non ha nulla a che vedere con quello di Queen Elizabeth. Spagnoli, italiani, greci, iraniani, qualche rarissimo inglese e tedesco sovrastati dal chiasso dei commensali terroni stanno tutti allo stesso tavolo e ognuno guarda all’altro come ad una risorsa, non come ad una minaccia. A noi italiani chiedono sempre come preparare pasta e pizza  e si stupiscono se dici che nel Sud Italia non ti accolgono con la lupara ma si trovano invece spiagge cibo e rovine archeologiche tra le più incredibili al mondo.

Cara Londra sarò stata solo fortunata? Eppure io ti ho vista in vena di tenerezze, dopo qualche mese dal mio arrivo; superato lo shock iniziale, comprata la moka e il caffè italiano, abituatami all’ idea che ovunque dovesse esserci un pavimento rivestito di pelo sintetico e polvere, ti ho sentita diventare materna e ti ho sorpresa a coccolarmi, a concedermi qualche nuovo amico, di quelli che non scorderò più, ad aiutarmi a capire qualche parolina quando i baristi mi si rivolgevano.

Ti sei lasciata scoprire attraverso i racconti di chi mi suggeriva quali posti vedere (confesso che a South Kensington e Chelsea non ritornerei), mi hai condotta per mano verso caffè con sedie in pelle,vinili e pagine invecchiate di libri appesi alle pareti,ottimi cocktail, hamburger favolosi, chips all’ aceto che sogno anche di notte e incontri che solo una volta sobrio vuoi dimenticare. Come scordare i tuoi mercatini, i punk a Camden Town,la gente in pigiama in strada (e non c’è nulla di cui vergognarsi), le distese di verde curate maniacalmente, il gatto nero sonnecchiante nella cesta delle sementi (quanto ho amato la green house di Richmond e il vino preso con Diego alle dieci del mattino).

Londra, c’è solo un problema: sei troppo cara,mi hai ridotta in miseria. Ma che bello vedere il mio primo film in inglese circondata da inglesi, ridere al momento sbagliato perché non si capiscono le parole almeno fino alla metà del secondo tempo, andare al pub o a teatro da sola senza sentire sguardi commiseranti o indagatori su di me. Che emozione nel sentire racconti di vite così diverse da quelle che ho sempre pensato dovessero essere le vite “giuste”, hai dato dignità alla mia diversità e alla mia solitudine che ora coltivo come una risorsa preziosa e non come un castigo.

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Grazie Londra per avermi curata,grazie per essere stata dura con me quando me lo sono meritato e grazie per avermi stupita ed essere stata dolce quando meno me lo sarei aspettato. Domani sarà il mio ultimo sabato da vagabonda tra le tue vie, si prevede pioggia ma ora non mi demoralizzo più.  La tua pioggia dura poco, bagna dolcemente perché è leggera e si dà sempre il cambio con un po’ di sole.

Spero mi ricorderai e mi rivorrai con te, in caso contrario, non saresti ne’ il primo ne l’ ultimo dei miei amori finiti male.

Grazie, ti voglio bene

Margherita Ratti

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