Brodskij | XII – di Roma e di luce
A gennaio torno a Roma. La patria delle mie vertebre e del concetto di sublime proprio del cadere obliquo e arancione del sole. Tre ore di binari lisci e paralleli da Milano, che sta ferma nel mio cuore e non si strappa di dosso. Farci pace, l’ananke.
A New York Brodskij è morto d’infarto vent’anni fa, e le sue spoglie stanno riposte a San Michele – scrigno di cipressi e marmi bianchi e cinte murarie in affaccio insulare sull’acqua mista della laguna.
Venezia, bella da morire, lo guarda dirimpetto.
A distanza di questi anni e di queste latitudini io e Iosif ci siamo beccati in un dormiveglia – m’ha raccontato sottovoce che andra’ tutto bene. Che a essere grati di default si vince sempre, e che l’intangibile calca assordante il mondo. E che se sei accaduta, sarai sempre, anche e soprattutto se diventi trasparente.
Roma purifica tutto. Roma ci sta davanti ed è casa ed è luce e saremo anche solo frammenti ma c’e’ tanto di che illuminarsi ed illuminarci la strada.
Ci basta una moneta sugli occhi, senza scomodare Caronte – un altro biglietto del treno, a spianare il buio se Milano appare lontana.
Leggila con me senza aprire bocca.
–
Chinati, ti devo sussurrare all’orecchio qualcosa:
per tutto io sono grato, per un osso
di pollo come per lo stridio delle forbici che già un vuoto
ritagliano per me, perché quel vuoto è Tuo.
Non importa se è nero. E non importa
se in esso non c’è mano, e non c’è viso, né il suo ovale.
La cosa quanto più è invisibile, tanto più è certo
che sulla terra è esistita una volta,
e quindi tanto più essa è dovunque.
Sei stato il primo a cui è accaduto, vero?
E può tenersi a un chiodo solamente
ciò che in due parti uguali non si può dividere.
Io sono stato a Roma. Inondato di luce. Come
può soltanto sognare un frammento! Una dracma
d’oro è rimasta sopra la mia retina.
Basta per tutta la lunghezza della tenebra.
( XII – Elegie romane / Poesie Italiane )
[…] Il primo discorso ai fedeli di Lenny Belardo e’ un tripudio. Meteora nel cielo azzurro, scoppio di gioia, conquista delle folle, ultima frontiera del peacekeeping. Fra le parentesi quadre e quei tre puntini e’ sdoganato l’aborto, le messe celebrate da una femmina, molteplici divorzi, procreazioni assistite, gay, armonia divina, eutanasia. Un minestrone di luminoso liberalismo, il volto bellissimo di un papa giovane, non una nuvola sulle cupole di Roma. […]
[…] che` Cesare traccia versi oltre la maschera, quel nostro profilo migliore abbagliato ad arte dal sole. Scova l’affetto nella gestualita’ fragile, nelle parole banali – e poi il sangue […]
[…] – non per niente è ambientato all’interno della basilica di San Giovanni in Laterano a Roma – è un magro premio di […]