Birdman, o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza
Un uomo in mutande, sospeso a mezz’aria, le gambe incrociate nella tipica posizione di chi è immerso in una profonda meditazione.
È questo l’incipit di Birdman, film vincitore di quattro premi Oscar (miglior film, miglior regia, miglior fotografia e migliore sceneggiatura originale), diretto dal regista messicano Alejandro Gonzales Inarritu.
Girato e scritto con immensa intelligenza, il film è in grado di mantenere un perfetto equilibrio tra virtuosismi tecnici e fluidità della narrazione, tra profondità di analisi dei personaggi e spettacolarizzazione.
La storia è apparentemente semplice: Riggan Thompson (interpretato da uno straordinario Michael Keaton) è un attore di Hollywood di mezza età, diventato famoso in passato per aver interpretato il supereroe Birdman. Ormai in crisi nel lavoro e nella vita, Riggan decide di rilanciarsi investendo tutto in uno spettacolo teatrale, di cui è autore, regista e attore. Si tratta di un adattamento del testo di Raymond Carver “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore?”, spettacolo impegnato e intellettuale, attraverso cui il protagonista vuole dimostrare di essere più di una celebrità hollywoodiana in costume.
Dietro a stupefacenti effetti speciali e a scene spesso tanto esilaranti da rasentare l’assurdo, il film racconta in modo impeccabile l’insoddisfazione e la ricerca continua di approvazione da cui sono affetti tutti i personaggi principali.
Ansie, paure e ossessioni vengono messe a nudo tra i camerini e i corridoi del teatro, dove si svolge la maggior parte dell’azione.
La scelta registica di ricorrere ad un lunghissimo piano sequenza, che segue i movimenti degli attori nel teatro e che apparentemente potrebbe far pensare ad un rallentamento nella narrazione, in realtà contribuisce a rendere più evidenti l’isteria e la frenesia dei personaggi, anche grazie all’uso della batteria come accompagnamento musicale della scena.
Non solo il protagonista quindi, ma tutti i personaggi sono ossessionati dalla stessa paura di cadere nell’oblio, nella zona grigia di una vita insignificante. Vogliono fare qualcosa di speciale per sentirsi speciali, per sollevarsi sopra le masse.
Così c’è la figlia neo-disintossicata che urla in faccia al padre la propria frustrazione per la mancanza di certezze e riconoscimenti, mascherandola sotto forma di un’accusa di egocentrismo: “tu stai facendo questo perché hai una paura dannata, come tutti quanti noi, di non contare niente! E la sai una cosa? Hai ragione: non conti! Non è così importante, ok? Tu non sei importante! Facci l’abitudine!
C’è l’antagonista, il giovane attore di successo (magistralmente interpretato da Edward Norton), dotato di quel talento che manca a Riggan, ma incapace ormai di essere autentico al di fuori del set.
E, last but not least, Birdman, una sorta di alter ego del protagonista, una presenza costante della quale lui vorrebbe liberarsi, ma che allo stesso tempo non vuole lasciare andare perché rappresenta la sua identità.
Il film è infatti anche un conflitto di identità: da una parte c’è il supereroe, che esorta Riggan a lasciar perdere il teatro e tornare ad indossare il costume, perché è quello che il pubblico desidera ed è quello che gli riesce meglio; dall’altra c’è l’attore che vuole vedersi acclamato e rispettato, che odia i social network e il consumismo hollywoodiano e non risparmia critiche a colleghi e critici cinematografici.
Quale delle due identità sia la vera maschera è difficile dirlo.
Nel finale, accettando il ruolo di Birdman, il protagonista riesce finalmente ad ottenere il successo sperato a teatro, per poi però tentare il suicidio in scena.
Con questo atto (che è un ulteriore fallimento) riesce a riavvicinarsi alla figlia, che tuttavia sembra non avere compreso le insoddisfazioni paterne e invece si mostra contenta di poter postare su Twitter la foto del padre convalescente. Quasi come se, accettando il ruolo di Birdman, i social network e il consumismo in generale, il padre tornasse finalmente ad essere, ad avere un ruolo per lei e per la società.
Il filo che lega le realtà dei diversi personaggi è la ricerca disperata di qualcosa che nella vita ci renda unici, qualcosa che ci distingua, che sia in grado di affermare la nostra identità e di procurarci l’affetto e il rispetto degli altri.
E in realtà Inarritu lo dichiara esplicitamente ancora prima dell’inizio del film, quando sullo schermo appare la citazione di Carver:
“E hai ottenuto quello che volevi da questa vita, comunque?
L’ho fatto.
E cosa volevi?
Poter dire a me stesso che sono amato, sentirmi amato qui sulla terra.”
Titolo originale: Birdman
Regia: Alejandro Gonzales Inarritu
Anno: 2014
Cast: Michael Keaton, Edward Norton, Emma Stone, Zach Galifianakis, Andrea Riseborough, Amy Ryan, Naomi Watts
Ah ah ah! Questo sembra fantastico! Dovrò cercare questo fuori 🙂 Altro che #TheTerminator #MissionImpossible #Minions Prega
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