Berlin Community Radio| Blackest Ever Black
Berlin Community Radio e reazioni collaterali
Si respirano solventi e commistioni internazionali al secondo piano del Dipartimento di Chimica Organica dell’Università degli Studi di Firenze, dove il sole cala inesorabile tra le esalazioni della distesa allergenica e dorata della periferia e, per farla breve, la mia tutor estone mi sta insegnando a miscelare polverine.
Tra uno step e l’altro del processo sintetico (swelling|washing|deprotecting|coupling) e gli aneddoti sui rispettivi viaggi in macchina e delle relative colonne sonore, il discorso è finito sulla Berlin Community Radio: uno spazio, una dimensione, un libidinoso contesto per timpani e vibrisse su Mixcloud, dove pare che ognuno incappi in ciò che cerca, nel proprio sospirato bianconiglio e desiderato ago nel pagliaio.
Bisogna soltanto scavare, trovare, scaldare, agitare e raschiare con cura.
Ok, non vi sto suggerendo una canzone o un album. Vi sto offrendo un intero Valhalla musicale.
Berlin Community Radio is an online broadcasting platform presenting everything that is coming from, passing through or influencing the creative scene in Berlin. BCR is home to over 100 shows covering a variety of topics: arts, music across genres, culture, relationships, queer politics, literature readings, feminism discussions, gender and internet phenomenons
Veronika mi ha parlato di We just met, un broadcast a base di jazz nostalgico e storytelling topografico, ma per un po’ io mi sono fatta cullare dalle sfumature cariche e i ritmi energici ambient e dub di Brown Rice e JM Moser (vedi Dajjal by Yves Tumor). Solo alla fine ho trovato rifugio, comfort zone e il mood che buchi il confine abituale e accompagni un inizio primavera di finali un po’ amari e nel sostenuto ribollire ormonale. Sicuramente il titolo è esemplificativo.
Blackest Ever Black – April 2016 by Berlin Community Radio esprime il cuore di tenebra, il male minore e l’ambizione caustica che corrode i buoni sentimenti. Aprile è il mese più crudele, mescola memoria e desiderio e il mix è azzardato, a base di techno, folk, new wave e bossanova, per chi si butta, si ammacca e poi si prende due ore di musica introspettiva per ripensarci. La maggior parte dei brani è strumentale, a sostenere uno sguardo pensieroso richiamato dal sole nel terrazzo, dove s’intravede lo svolazzare di qualche camice e lo schiocco di guanti in lattice. Il futuro è incerto, questa città finita e Fast Moving Cars di Carla Dal Forno è un attacco deciso e un singolo d’esordio girly, chilly e intimo per esprimere il male di vivere. Per ricordare, alla Francis Scott, che chi guida male è a posto soltanto finché non incontra un altro incapace.
La musica accompagna il flusso dei pensieri, si concentra sui millilitri di solvente, sui milligrammi da pesare, si attorciglia intorno alle solite malinconie e alle strade alternative imboccate nei momenti di distrazione. Le reazioni collaterali non sono solo un gioco di parole, alla fine ci portano proprio qua, alle pesate esatte.
La musica non dà risposte, ma ritma le questioni irrisolte e quelle lasciate andare.
Allego come dati scientifici/bibliografici i brani leads che non si trovano su Spotify. Cercateli, sono preziosi.
Tropism| Unchained
Tech Tape Reels| The Cyclist
Lines To Border | Dalhous
Portents To Beauty| Amateur Childbirth
Qualunque cosa stia venendo alla luce nelle mie provette, nel chiarore promettente della stagione nuova, è di un inquietante color lillà.