Berlin. Eraldo Affinati, guida entusiasta
“La Berlino di questo libro non conosce confini, né geografici, né storici. Parlano le statue, il Muro, i grattacieli, le stazioni, le vie, le piazze, i morti, i vivi.”
Per fortuna che i riferimenti alle opere che mettiamo in fondo alla recensione non comprendono la voce genere, perché con Berlin di Eraldo Affinati non avrei avuto la più pallida idea di cosa scrivere.
Questo libro è uno stranissimo incrocio tra una Lonely Planet, una raccolta di racconti ed un saggio storico. È una Lonely Planet perché vi si ritrovano tutti i monumenti più importanti di Berlino: c’è la Porta di Brandeburgo, il Reichstag, i musei. È una raccolta di racconti (o forse sarebbe meglio dire aneddoti) perché Affinati ci riporta la vita di chi questi luoghi li ha vissuti: Albert Einstein, Marlene Dietricht, Vladimir Nabokov. È un saggio storico, perché in questo libro c’è più di un secolo di storia, c’è la Prussia, il Terzo Reich, la DDR, la riunificazione.
Tutto frullato insieme, perché i monumenti, i personaggi e la storia sono intrecciati tra loro, con collegamenti infiniti ed impensabili. Un compendio di impressioni che l’autore ha “cercato di sintetizzare in questo libro, da lunedì a domenica, ora per ora, secondo i sette pronomi personali.”
Ogni paragrafo del libro è dedicato ad un personaggio o ad un’opera. Per esempio, nel primo capitolo intitolato Lunedì. Io, l’autore fa parlare in prima persona la Dea della Vittoria in cima alla colonna nel Tiergarten:
“Guardatemi sono bella, giovane, fresca, pronta a volare via da un momento all’altro. Chi direbbe quello che ho vissuto? Ho visto il male umano crescere dentro questa città come il verme nella mela. Le bombe fischiavano intorno. Incendi e distruzioni mi hanno assediata da presso. Bandiere nemiche sventolavano sotto i miei occhi. Eserciti d’ogni paese giravano intorno sghignazzanti. Eppure, stordita dai frastuoni, o cullata nel silenzio, sono ancora in piedi. Oggi vorrei riuscire a dirlo a chi mi fotografa. Fate come me: restate sul posto. Per qualsiasi ragione al mondo, non fuggite via. Dovunque andaste, qualcuno o qualcosa, fuori o dentro di voi, verrebbe a riprendervi. Meglio affrontarlo subito e, se necessario, pagare il prezzo del risarcimento.”
Ogni paragrafo è lungo circa mezza pagina, quel tanto che basta a far scattare la curiosità di saperne di più, senza che l’autore risulti saccente. Leggere questo libro è stato un po’ come entrare in una di quelle attrazioni per la realtà simulata, di quelle che ci sono nei parchi divertimenti. Stando comodamente nel proprio letto si ha la possibilità di esplorare Berlino quasi in 3D, perdendosi un po’ magari, ma con tutti i sensi all’erta.
Affinati, infatti, non descrive solo ciò che ha visto o studiato, ma anche ciò che ha mangiato, i profumi che ha sentito, il rumore dei bambini che giocano nei cortili. Un ritratto forse un po’ grigio di Berlino, un po’ immerso nelle glorie malinconiche del passato, è interrotto molto spesso dalle descrizioni del Currywurst (non leggetele all’ora di pranzo…) e dai racconti degli amori che nascono sull’Isola dei Musei.
Problema: quando avrete finito Berlin sarete ancora più confusi di prima su che cosa valga la pena vedere a Berlino. Chi lo sapeva che sotto la Porta di Brandeburgo ci fosse una Stanza del Silenzio? Com’è andato veramente l’omicidio di Rosa Luxemburg? Davvero l’Armata Rossa è passata di qui per liberare la città? Impossibile seguire tutti i consigli dell’autore, ci vorrebbero anni. Ma mentre una normale guida turistica vi segnalerebbe, tra le mille cose da fare, quelle dieci che proprio non potete perdervi, Eraldo Affinati rimane estremamente imparziale, entusiasta di tutto. Sta quindi al lettore decidere qual è il percorso migliore per sé (ammesso che ce ne sia uno). Un po’ come la Rayuela (Il gioco del mondo) di Cortázar, una raccolta di racconti, che può essere letto in tre modi diversi.
Il primo modo è seguire il normale ordine dei capitoli. Il secondo è seguire l’ordine pensato dall’autore, un ordine che richiama “il gioco della campana” (quello che in spagnolo si chiama proprio rayuela). Il terzo, non esplicitato ma sottilmente suggerito da Cortázar, è tutto a discrezione del lettore. Sta a noi scegliere quali racconti leggere ed in che ordine, cercando di trovare un fil rouge che ci soddisfi. Berlin di Eraldo Affinati è un po’ la versione mitteleuropea di Rayuela.
Mi piacciono gli autori che spingono il lettore a mettersi in gioco, mi piace immaginarli seduti ridacchiando, intenti a decidere qual è il modo migliore per confondermi. Mi fanno sentire come se quel libro fosse stato scritto apposta per me.
Titolo | Berlin
Autore | Eraldo Affinati
Editore | Rizzoli
Collana | 24/7
Anno | 2009
Articolo illuminante!!! Giulia bravissima !
grazie mille!!! ma cerco solo di essere all’altezza degli altri SALTini 🙂
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