Becoming a weird hero: essere Donnie Darko
“It’s so hard for us to really be
Really You
And really Me
You’ll lose me though I’m always
Really free”
Wild Eyed Boy from Freecloud – David Bowie
PREMESSA. La storia tra ma e Donnie Darko non è iniziata nel migliore dei modi, anzi, la prima volta in cui l’ho visto mi sono praticamente addormentata a metà film. Solo più tardi dopo averlo rivisto con più attenzione si è rivelato essere per me una vera e propria esperienza esistenziale per la quale sono grata a Richard Kelly ancora oggi, ma lo dichiaro subito per non creare inutili aspettative, Donnie Darko è un film difficile: difficile da guardare, difficile da capire, difficile da amare.
Donnie Darko ci racconta la storia di un ragazzo problematico in un film con una struttura narrativa altrettanto problematica. Insomma, Donnie Darko è la strana storia di uno schizzato: il protagonista soffre di allucinazioni, ha un amico immaginario di nome Frank “un coniglio alto 1 metro e 80” con un teschio al posto della faccia, che invece si rivela essere (forse) un messaggero venuto da lui per salvare il mondo – infatti – il 90% del film si svolge (ma nulla è certo) in un mondo parallelo che si è creato quando un portale spazio temporale si è scontrato con l’universo primario facendo in modo che un motore di un aereo viaggiasse attraverso un wormhole fino ad apparire anche nell’universo alternativo causando così un mondo parallello che minaccia di crollare, ossia, trasformarsi in un buco nero e spazzare via tutta l’esistenza.
(E questa è la parte più facile.)
In questo scenario apocalittico, il nostro Donnie, viene scelto da Frank (il coniglio) come l’eroe incaricato di evitare che questo evento catastrofico avvenga.
Il tutto viene annunciato con un gioiso messaggio che suona più o meno così:
Svegliati. Ti ho osservato a lungo. Sono qui, vieni. Più vicino. 28 giorni, 6 ore, 42 minuti, 12 secondi. Ecco quando il mondo finirà.
Nella sua definizione classica, l’eroe tragico è colui che è condannato dal destino ad essere distrutto e soccombere a causa di un difetto o di errore: Donnie invece può accettare il suo destino e salvare il mondo ma la sua è una scelta e come tale può rifiutarla.
Lo riperto, è difficile capire Donnie Darko e, per essere onesti, è difficile anche essere Donnie Darko.
Donnie è un personaggio perennemente fuori luogo, come uno straniero che non parla la lingua del posto in cui vive, è un solitario condannato ad essere solo in un mondo provinciale, repubblicano, ottuso, soffocante ed opprimente sia per l’atmosfera di conformismo sia per l’ipocrisia delle persone che lo abitano.
Donnie, combattuto tra il suo desiderio di solitudine e la solitudine imposta dalla società in cui vive, si allontana da ciò che lo circonda fino a raggiungere un livello di alienazione teso tra il bisogno di creazione e quello di distruzione: ‘’voglio fare lo scrittore, o il pittore, o magari tutti e due. Forse scriverò un libro e disegnerò le illustrazioni! Così la gente mi capirà’’.
Ma chi è il folle Donnie o il resto di questo mondo che non lo comprende?
In tutto il film Donnie è in disaccordo con ogni tipo di autorità: gli insegnanti, i genitori, la sua analista, gli improbabili guru che frequentano la sua scuola, gli altoparlanti motivazionali e talvolta anche con i suoi amici.
Più volte Frank, assecondando la sua indole ribelle, ordina a Donnie di compiere delle azioni con l’intento di usarlo per il suo scopo: vandalizzare la scuola, dare fuoco alla casa del guru, salvare la vecchia donna pazza dall’aggressione di alcuni teppisti, ma ogni volta che compie una di queste azioni si scopre sempre qualcosa che sembra suggerire che un mondo capace di nascondere cose del genere non meriti la possibilità di continuare ad esistere.
Come accennato in precedenza, Donnie non sembra destinato ad essere un eroe: è un ribelle e fin da subito si identifica con i vandali adolescenti della storia di Graham Greene “The Destructors“, che la sua classe di letteratura sta leggendo. Discutendo la storia di Greene in classe, a Donnie viene chiesto perché secondo lui i ragazzi abbiano deciso di distruggere la casa, egli risponde “la distruzione è una forma di creazione […] vogliono solo vedere cosa succede a sfasciare il mondo, vogliono cambiare le cose“.
Più volte, infatti, Donnie manifesta una volontà di provare a cambiare le cose a costo di distruggere l’esistenza simile a quella del protagonista di The Destructors, Trevor, personaggio pericoloso quanto affascinante, forse anarchico, forse solo pazzo, non è dato saperlo, l’unica cosa che sappiamo di lui dal racconto di Greene è che distrugge senza odio e senza amore:
“tutto questo odiare e amare è morbido e mieloso, ci sono solo le cose”
non brucia il denaro in quanto simbolo del male, non distrugge la casa di Old Misery per vendetta: Trevor vuole solo cancellare tutto per realizzare la sua idea di ribellione assoluta.
Ma Donnie infine sceglie di abbracciare il suo ruolo eroico, non di certo per salvare il mondo in senso metafisico ne tanto meno per espiare la colpa di non essersi uniformato alla società in cui vive ma semplicemente per salvare la ragazza di cui si innamora.
Già, anche un tipo come Donnie Darko si innamora e, se l’amore e l’amicizia svolgono sempre un ruolo narrativo importante, lo diventano ancora di più dove l’alienazione è più acuta: spesso infatti, solo nell’intimità di un sentimento come questo è possibile vedere ciò che di eroico c’è nelle parti più oscure dell’essere umano e, sicuramente è così per un personaggio come Donnie Darko dove alienazione e amore, eroismo ed oscurità, distruzione e creazione sono legati insieme e non si possono possono sciogliere.
Quando, dopo aver allagato la scuola, Donnie incontra Gretchen la sua trasformazione in eroe ha inizio in un modo molto semplice e buffo:
– Vuoi accompagnarmi a casa? Chiede lei.
– Sicuro. Risponde lui.
Mentre camminano Donnie le chiede perché si è trasferita a Middlesex e lei gli racconta che i suoi hanno divorziato perché il suo patrigno aveva delle “turbe emotive”
– Oh, anche io le ho quelle, il tuo patrigno che cosa fa? Risponde Donnie felice.
– Ha dato quattro pugnalate al petto a mia madre! Risponde Gretchen.
La sintonia è immediata, ma non è una sintonia sentimentale nel senso comune del termine, la loro è una sintonia esistenziale, una bizzarra affinità elettiva. “Ci sono delle persone che nascono con la tragedia nel sangue” dirà più avanti Gretchen e il rapporto del protagonista con lei ne è l’emblema: they are two of a kind, da soli non valgono niente nella società in cui vivono ma insieme valgono il mondo intero in cui questa società è contenuta.
– Donnie Darko che razza di nome è? È strano… Sembra il nome di un supereroe.
– Chi ti dice che non lo sia?
Ed è proprio così: quando Gretchen viene uccisa, Donnie sceglie di entrare nel wormhole per ritrovarsi nel suo letto ad aspettare l’incidente misterioso che lo ucciderà e dare così una seconda possibilità di esistenza al mondo intero.
Ma Donnie non sceglie di morire perché non può vivere senza Gretchen, se così fosse sarebbe potuto morire con lei aspettando la distruzione del mondo senza muovere un dito, Donnie sceglie di barattare la sua vita per quella della ragazza e del mondo intero perché, come ha detto un saggio, quando si raggiunge l’illuminazione si perde il paradiso perché non può esistere felicità senza dolore, non è possibile l’amore senza la perdita, non c’è vita senza morte.
Torna subito alla mente la scena in cui Donnie e Gretchen salgono le scale prima di fare l’amore con in sottofondo “love will tear us apart”: l’amore potrà separarli ma è l’unica salvezza, che riconcilia con il mondo per quanto folle possa sembrare.
Mentre attende di morire, mi piace pensare che Donnie se la rida perché al cospetto di questa illuminazione non può fare a meno di sentirsi come l’autista che in The Destructors non riesce a trattenere le risate di fronte allo sconcerto di Old Misery e, sopratutto, perché non ha più paura essere solo: Donnie non ama Gretchen, ama il mondo attraverso di lei ed ha imparato ad amare in lei anche se stesso.
Playlist – Becoming a Weird Hero: essere Donnie Darko