Freddo, nero, infinito. Bad Witch è il nuovo EP dei Nine Inch...

Freddo, nero, infinito. Bad Witch è il nuovo EP dei Nine Inch Nails

Nine Inch Nails e il nuovo EP Bad Witch

Se lo streaming è disegnato per favorire la quantità (quindi più un brano viene ascoltato, più verrà ascoltato) e le complesse sfumature dell’algoritmo favoriscono suoni e sensibilità sempre più simili fra di loro, allora potrebbe esserci il serio rischio di spingere produttori e artisti ad accelerare il processo di omologazione tipico della musica pop apposta per entrare dentro un flusso che può garantire un certo ritorno economico (e no, indietro ormai non si torna).

L’altro giorno mi è capitato di leggere su Linkiesta questo bell’articolo firmato da Hamilton Santià in cui si discettava di musica, algoritmi e di quanto Spotify – volenti, nolenti, dolenti – abbia cambiato non solo il nostro modo di ascoltare la musica, ma sia pure in procinto di cambiare la maniera in cui questa viene prodotta. Una visione ben poco confortante dell’Internet, che porta dritti dritti all’inferno di una “muzak universale” in cui il medium è l’unico messaggio possibile.

Un’espressione, quest’ultima, che mi ha riportato alla memoria una vecchia intervista a Trent Reznor, da trent’anni deus ex machina del progetto Nine Inch Nails, che qualche tempo fa parlava di quanto i social media avessero creato una generazione di artisti incapaci di mettersi in gioco, preoccupati unicamente di piacere e compiacere – formulaic, made to please, vegan restaurant patron-type shit era la sua memorabile definizione. E proprio in questi giorni Reznor – che per la sua propensione al rant apocalittico potrebbe essere considerato una specie di Jonathan Franzen industrial è tornato con Bad Witch, ultimo e migliore EP di una trilogia inaugurata a fine 2016 con Not The Actual Events e proseguita qualche mese fa con Add Violence. Fra poco ci arriviamo, promesso.

Coreografia: eccellente. Regia: eccellente. Quello che dice la canzone: ci sto ancora pensando. Mi sono sentito mortificato – mi ha ricordato che a volte l’asticella può ancora essere posta in alto, come deve essere.

Così Reznor raccontava This Is America di Donald Glover (a.k.a. Childish Gambino), la cosa che proprio non dovete perdere se volete cogliere lo zeitgeist dell’America del 2018 – un misto di intrattenimento, stordimento autoinflitto, paura, violenza e puro, semplice rigurgito fascista. In pratica, lo sgretolarsi di un’intera idea di convivenza civile che avviene mentre noi sgranocchiamo popcorn e lo commentiamo arguti; lo stesso che Mr. Self Destruct mette in scena con la sua ultima fatica, trenta minuti di rabbia, bile e disincanto, che si guardano intorno e avanti, piuttosto che indietro. Difficile mettere a confronto singoli episodi di una produzione ormai ragguardevole e di una carriera cominciata negli anni Ottanta, ma l’impressione di trovarsi di fronte all’uscita migliore dai tempi del doppio The Fragile è veramente forte: l’asticella, con Bad Witch, è tornata a essere molto, molto alta.

Già col precedente Add Violence, a dire il vero, era tornata ad accendersi la fiammella del genio: la conclusiva, strepitosa The Background World rimarrà uno degli apici della produzione NIN, dodici minuti occupati perlopiù da un loop che si ripete a qualità sempre più ridotta, come un nastro lasciato a marcire al sole. Ma qui, in questa nuova uscita, sono tutti i sei brani in programma a brillare della luce minacciosa di una stella nera: dovessi raccontarvelo per suggestioni sonore, direi che ci dovreste arrivare dopo aver ascoltato – in rigoroso ordine cronologico – Pretty Hate Machine, la colonna sonora di Strade Perdute di David Lynch e Blackstar di David Bowie.

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Della prima parte di Bad Witch non si butta nulla, e nemmeno un secondo è mancia. Non lo strepitoso uno-due iniziale, il più tirato del lotto, con Shit Mirror che si avvale degli interventi vocali della moglie di Reznor e di Ian Astbury per assestare micidiali rasoiate post-punk e con Ahead Of Ourselves che dona momenti di puro terrorismo sonico; non il riuscitissimo funk strumentale Play The Goddamned Part, ammantato di oscurità e innervato dagli interventi del sax suonato dallo stesso Reznor (eccola qui, la vicinanza alle atmosfere di uno dei più controversi capitoli dell’epopea lynchiana). E se ci fermassimo qui ci sarebbe già da gioire, ma è l’intera seconda metà a elevare l’EP allo status di piccolo classico.

In God Break Down The Door il timbro vocale cerca e trova il crooning dell’ultimo Bowie e trascina i Radiohead di Ful Stop giù per il vortice di una scatenata drum and bass; l’altro strumentale I’m Not From This World mantiene esattamente ciò che promette: sei minuti di clangori gotici e un viaggio nella mente aliena dell’autore, che, come ben sottolineava la recensione di Pitchfork, non sai bene se sia il racconto di un desiderio fuga o piuttosto la descrizione di uno stato di totale alienazione. Alla fine, sono gli otto minuti di Over And Out a chiudere l’opera, sorta di mantra sfinito, morbidamente adagiato sul letto di un groove midtempo: il tempo sta per finire e non so cosa sto aspettando, recita il vocalist, mentre ancora David Bowie gli fa ombra da chissà dove in un modo non dissimile da quanto faceva con James Murphy nella toccante Black Screen (altra chiusura imponente, quella dell’ultimo capolavoro firmato LCD Soundsystem).

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Accompagnato come sempre dal sodale Atticus Ross, l’altra metà della galassia Nine Inch Nails con cui il nostro si è portato a casa un Oscar per la colonna sonora di The Social Network, e abbandonata almeno un po’ l’algida attitudine da ricercatori da laboratorio delle ultime produzioni, con Bad Witch Trent Reznor è tornato a fare la cosa che sa fare meglio: dire di sé di fronte alla fine del mondo così come l’abbiamo conosciuto – in termini di razionalità, creatività, empatia – con la rabbia di chi prova ancora a scuotere coscienze prima che sia tardi. E lo fa con grande musica, musica che non può essere ignorata.

Perché lo faccio? È semplicemente quello che faccio. E sento di avere qualcosa da dire. È davvero perché ho bisogno di farlo. Mi aiuta a sentirmi bene con me stesso, fare questa cosa. Mi mette in contatto con il senso dell’avere uno scopo. Vorrei fare in modo che la gente sapesse che la musica può essere la cosa più importante. Può essere questa cosa su cui metti la tua attenzione, per cui ti ritagli tempo per partecipare realmente. Non è qualcosa che succede sullo sfondo mentre stai facendo altro. Può essere tutto. Ed esige tutta la tua attenzione.

Titolo | Bad Witch
Artista | Nine Inch Nails
Durata | 30′
Etichetta | The Null Corporation

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