Avengers Endgame
Non ci saranno spoiler veri e propri ma qualcosa che magari non avete visto nei trailer sì – anche perché sennò non potremmo davvero parlare di nulla
Può un film pieno di difetti essere un capolavoro?
Questa è la domanda che ci dobbiamo porre prima di approcciare un prodotto come Avengers Endgame.
Perché Avengers Endgame non è il film migliore del Marvel Cinematic Universe: non è il più lineare, non è quello scritto meglio, non ha nemmeno degli effetti speciali al di sopra della media; soprattutto, molto probabilmente, non è il film che ognuno di noi si era costruito nella propria testolina durante questi 11 anni di percorso collettivo, convincendosi che non potesse essercene un’altra versione. Eppure Avengers Endgame è un capolavoro, il sublime coronamento di quella che d’ora in poi dovrà essere definita a tutti gli effetti un’epoca della storia del cinema: l’epoca del MCU!
Detto questo parliamo un attimo del film.
Dopo un inizio tutto sommato standard che riprende i toni di Infinity War e ci dà modo di tornare in contatto con i nostri amici in armatura e mantello, un evento casuale – già so che farà arricciare il naso a molti di voi – introduce il secondo atto e dà il via alla vera festa.
Durante la parte centrale del film, i fratelli Russo si impegnano a celebrare quel che è stato il MCU in questi anni: ne festeggiano i personaggi, ne riprendono i toni e lo spirito e vanno a raccogliere i frutti di semi piantati anni e anni fa. È impressionante la fluidità con cui si passa dalle risate ai combattimenti alla commozione più sentita; in certe sequenze pare essere tornati ai tempi di Whedon, di Favreau, del primo Gunn, che ci hanno insegnato più di ogni altro come si possa essere presi sul serio anche senza prendersi sul serio. È qui che troviamo alcuni dei momenti più toccanti, forse anche dell’intera saga; momenti che, anche quando tragici, restano sempre trattati con quella leggerezza – che non è (quasi) mai superficialità – che è alla base del successo della Marvel. Rivedere certe facce poi, che sono comparse l’ultima volta una 15ina di film fa, complete di trucco e parrucco, impegnarsi a fare un cameo di 30 secondi ci dovrebbe far riflettere sulla potenza che il MCU è diventato e davvero verrebbe da chiedersi oramai chi, nello star-system hollywoodiano, abbia ancora l’arroganza di credersi troppo superiore a queste baracconate da non volerci partecipare.
Poi, ad un’ora esatta dalla fine, il film entra nell’ultimo atto. I Russo schiacciano sull’acceleratore e lanciano quest’ottovolante impazzito nel finale più grosso che mi sia mai capitato di vedere al cinema: più di Star Wars, più di Harry Potter, più del Signore degli Anelli (forse solo Ready Player One ha una potenza concettuale vagamente simile). Non vorrei dire che “esplode il mondo” perché questa frase, parlando di un film Marvel, potrebbe essere presa alla lettera; mi limito quindi a dire che succede DI TUTTO, contemporaneamente. Ogni frame è un’immane vignetta a doppia pagina che, se da un lato ci porterà a stritolare senza pietà o considerazione l’avambraccio del nostro vicino, dall’altro è anche il più bel modo per ricordarci l’origine di questo universo: il fumetto, quel matrimonio pagano che celebra l’unione tra arte narrativa e visiva. Il vero tributo a Stan Lee è l’approccio visivo che è stato dato all’ultima ora di film.
Ma, come con ogni macchina lanciata a velocità folle, è facile perdere il controllo nelle curve ed è qui che i “difetti” si concentrano maggiormente.
Eppure, se riuscissimo a silenziare quella fastidiosa voce che vuole a tutti i costi farceli notare e dirle “ma sai che c’è? Sticazzi!” e a far parlare invece l’anima più pura e innocente di noi, come Andy alla fine di Toy Story 3 che riesce a divertirsi ancora una volta con i suoi giocattoli, allora potremmo tornare a godere di questo sogno allucinante e magnifico. Se siamo disposti a considerare un buco di sceneggiatura non come un ostacolo ma come un fosso in cui inzaccheraci divertiti come quando eravamo piccoli, se sappiamo ancora stupirci, se abbiamo capito qualcosa di quello Spielberg di cui ci riempiamo tanto la bocca e se non siamo diventati dei grigi deambulatori senza anima (in poche parole: se non abbiamo lasciato vincere il Re della Notte), non possiamo rimanere indifferenti davanti ad un tale spettacolo.
Perché questo non è un bel film, ma un grande, meraviglioso sogno ad occhi aperti.
Grazie Kevin Feige, grazie Stan Lee. Grazie Marvel. E grazie topo.