Atti osceni in luogo privato che a volte diventano sentimenti
Marco Missiroli e la nuova letteratura italiana
Libero Marsell ha fatto capolino nella mia vita un pomeriggio di inizio estate, quando un piccolo pacchetto Amazon mi ha raggiunto in Porta Romana, facendomi sorridere come solo i regali inaspettati sanno fare.
Il biglietto di Gabriele diceva “I luoghi milanesi di questo libro mi hanno fatto pensare talmente spesso a te che non ho potuto non mandartelo”. Quando l’ho sfogliato la prima volta, ancora non sapevo quanto avesse ragione e non potevo certo immaginare che presto, molto presto, Marco Missiroli sarebbe rientrato a pieno titolo in quelle che amo chiamare “affinità elettive”.
E in queste duecentocinquanta pagine – anzi, perdonatemi – duecentoquarantanove, Missiroli riesce ad incastrare “tutto”, con una sensibilità fuori dal comune e a farlo sembrare semplice come la complessità della vita quotidiana. Atti osceni in luogo privato è la storia di Libero Marsell, che il lettore conosce a partire dai suoi dodici anni e lo accompagna per un altro paio di decenni, affrontando con lui i drammi dell’adolescenza, il trasferimento in un’altra città, le difficoltà familiari, la scoperta dell’essere vivo, la perdita di sé stesso, le pene e le meraviglie dell’amore e della purezza che non lo abbandona mai definitivamente.
Prima di tutto, c’è Parigi.
Missiroli dipinge una Parigi che noi figli degli anni ‘90 non abbiamo mai vissuto ma che abbiamo sognato nei romanzi e adorato nei film di Truffat, quella Parigi che fa innamorare i poeti e le anime perse, quella stessa Parigi che permette a Libero di crescere al tavolo dove sedevano Jean-Paul Sartre e Albert Camus, a quel Cafè dai tendoni verdi e bianchi vicino a place Saint–Germain-des-Prés, Les Deux Magots. Ed è proprio qui, in questo rifugio parigino, che inizia a formarsi la coscienza letteraria e politica di Libero, portandolo ad affrontare le prime sfide letterarie e i non meno difficoltosi baci alla francese.
“Bevevamo cedrate e parlavamo di libri, Il giovane Holden, che inno alla rivoluzione, e di film, Zabriskie Point, un capolavoro!, di manifestazioni e persino di tennis e calcio”.
Giorno dopo giorno, gli incontri a Les Deux Magots lo costringono ad accantonare almeno in parte il suo idolo d’infanzia, John McEnroe, per lasciare posto al suo idolo dell’adolescenza, il buon Camus. All’autore de Lo straniero, infatti, libro rivelazione per il protagonista, come il pirandelliano squarcio del velo di carta per la sua coscienza civica e forse anche professionale, è affidato l’onore e onere di diventare il suo Virgilio.
Poi, c’è Milano.
E se Parigi ha avuto Albert Camus, nel capoluogo lombardo Libero trova la sua guida in Dino Buzzati, sia spiritualmente, a partire da quella scritta che campeggia sul quaderno di Lupin “Vendica Giovanni Drogo”, sia materialmente, portando il Nostro a ripercorrere più volte il tragitto che era solito percorrere Buzzati, da San Marco a Corso Garibaldi, con la casa della Laide di Un Amore.
Il mio cuore ha sussultato quando Libero ha scelto di trasferirsi proprio nella “mia” Milano, nella zona sud, a Porta Romana. Ed ogni luogo citato mi ha legato a queste pagine ancora di più, inducendomi addirittura ad una irrazionale ricerca dei posti amati da Libero, che mi ha portato, come lui, a sedermi “sul terzo gradino partendo dall’alto” della scalinata di Piazza Sant’Alessandro, oppure a Parco Ravizza, “un quadrato di erba spelacchiata”, allo studio Leoni in Corso di Porta Romana, o verso il piccolo monolocale di Corso Lodi, o ancora al bar Crocetta a mangiare i panini con tonno e carciofini. Insomma, più scorrevo le pagine e più sognavo ad occhi aperti di sfrecciare sul pavè milanese in sella all’Assunta (che è una Vespa) accanto a Palmiro Togliatti (che è un cane).
“La bicicletta a Milano è da matti”
“Mai no, ometto di mondo. E’ da liberi”
Ed ecco che il Cafè Les Deux Magots lascia spazio all’Osteria di Giorgio, sui Navigli, con la colonna sonora di Guccini, di Lucio Dalla, De Gregori e certe volte dei Queen e di Bob Dylan. Un altro porto sicuro per Lo Straniero.
E ancora, ci sono meravigliose figure femminili.
C’è Lunette, il primo vero grande amore. E come tale, meraviglioso, eccessivo, struggente e altrettanto necessario.
C’è Marie, bellissima costante per il piccolo Grand Libero, con la sua arte dell’ascolto e un debole per i film senza lieto fine, come le sue avventure sentimentali.
C’è Madame Marsell, che insegna la dignità di scelta. A lei sono dedicate le pagine migliori del romanzo.
E, infine, c’è Anna, un amore salvifico per Libero, il vero passaggio dalla prima persona singolare alla prima persona plurale.
Il sesso è una costante balsamica, fino all’ultima pagina del romanzo. E, probabilmente, anche della vita.
Infine, c’è un repertorio culturale che vi farà riempire le note dell’i-Phone.
Ammiro Missiroli perché è riuscito a creare un fil-rouge narrativo, letterario e cinematografico che accompagna la crescita del protagonista, correlando le sue tappe esistenziali con pietre miliari della cultura italiana e francese. E come un saggio artistico-letterario per adulti, che mi permetto di riproporre in maniera totalmente randomica, il lettore scopre la convivenza di opere come Il deserto dei Tartari e Un amore (che è meglio o peggio di Lolita di Nabokov?), Per chi suona la campana di Hemingway, i dischi dei Pink Floyd, i 400 colpi di Truffaut, Maugham, Fontamara di Ignazio Silone, ma poi ancora un italianissimo Gianni Rodari (immenso!), Il commesso di Malamud, L’amante di Marguerite Duras e ovviamente Mentre morivo di Faulkner.
Prendete appunti, perché il Grand Libero vi mancherà non appena arriverete all’ultima pagina.
“…ti vedevo a mille chilometri di distanza con la paura di scegliere tra la vita e l’oscenità, senza sapere che sono la stessa cosa. L’osceno è il tumulto privato che ognuno ha, e che i liberi vivono. Si chiama esistere, e a volte diventa sentimento.”
Titolo | Atti osceni in luogo privato
Autore | Marco Missiroli
Casa Editrice | Feltrinelli
Anno | 2015
Pagine | 249