Andrea e Marco Nasuto | Made of Limestone
Restare o partire? Che cultura, che identità lasciamo quando ce ne andiamo e quale ci portiamo dietro? Come ci definiranno, come ci vedranno, una volta arrivati “altrove”? Da queste domande che gli ha (im)posto la loro vita è nata l’idea di due giovani studenti di Manfredonia che hanno realizzato un documentario dal titolo: “MADE OF LIMESTONE”. Fatti di roccia calcarea.
Loro sono Andrea e Marco Nasuto, neanche 25 enni. Manfredonia, invece, è una piccola cittadina all’ingresso del promontorio del Gargano, quella sorta di piccola penisola che dalla Puglia settentrionale si tuffa nell’Adriatico. Marco è laureato in Ingegneria Aerospaziale alla Sapienza di Roma mentre Andrea in International Finance alla Bocconi. Entrambi, quindi, hanno lasciato la loro terra. Prima per lo studio, poi per i master, poi trovare lavoro. Quando è stato il momento di decidere se andare si sono fatti la famosa domanda: “partire o restare?” e da lì “è scattato qualcosa – dice Andrea – che ci ha spinto ad ‘indagare’ sulla nostra terra, a studiarne i profili, a guardarne le immagini, a raccontarne le storie, a raccontarci”.
MADE OF LIMESTONE è stato girato con un budget di 23 euro. Tutto il resto ce l’ha messo la Puglia in quanto a paesaggi, volti, storie, colori. È un documentario che racconta una terra, che vi ci porta in viaggio, che la fa scoprire e… no. Non aspettatevi niente di qualitativamente straordinario: l’audio a volte è pessimo, la camera traballa. Ma a darmi la voglia di continuare a guardare è stato il desiderio di capire, raccontare e scoprire che trapela da ogni frame di questo progetto. E quegli scorci che spezzano le storie…
Andrea risponde al telefono mentre sta partendo per New York. Sono passati quasi 2 anni da quando è arrivata l’idea di MADE OF LIMESTONE. Alla fine sia lui sia Marco sono partiti davvero. Andrea sta andando a fare un master in “data science”, una cosa super-nerd che è il futuro (anche) dell’informazione. Analizzare i big data, saperli spiegare. Mentre divaghiamo riesce subito a convincerti che dietro quei numeri c’è tanta capacità di imparare a raccontare. Un documentarista, con i big data, ha in comune lo storytelling. Marco invece sta continuando la sua crescita professionale oltre Manica.
Andrea, come sei passato dall’international finance al cimentarti nel ruolo di documentarista?
Avevamo una voglia di comunicare il posto in cui eravamo cresciuti e nati in un modo diverso, che sentivamo nostro. Volevamo mettere ordine sul nostro percorso di essere andati e tornati. Sull’idea di ripartire. Io partivo per il Canada, all’epoca, mentre Marco per Inghilterra. MADE OF LIMESTONE è nato per spiegare dove sei nato a una persona a cui vuoi bene. È un documentario che sa essere anche critico e severo su diversi aspetti della nostra terra.
E cosa esce della vostra Puglia, del Gargano, da questo documentario?
Abbiamo cercato di raccontare non solo gli aspetti più belli e patinati, ma anche la vita quotidiana. Quella che è la cultura, il modo di pensare. C’è la bellezza dei paesaggi, delle luci, della varietà dei luoghi ma abbiamo scelto di iniziare da un canalone in cemento armato con dei murales dietro. Il Gargano non è solo quello turistico. Così abbiamo cercato di indagare le personalità e le domande che si sviluppano in quei luoghi che per gli altri sono solo mète.
Lo lascio continuare. Dice di sentirsi lontano ormai da là, dalle relazioni con la sua terra. Eppure non si ferma:
È una realtà molto piena di contrasti: ci sono questi aspetti familiari accoglienti e calorosi stereotipati e quelli familistici. Quegli assetti familiari che bloccano e limitano e non aiutano a fare uscire il meglio. C’è il tema del lavoro, dello sviluppo economico.
Questo documentario è un racconto di una terra e ne indaga la cultura, il suo modo di pensare. Una cosa che emerge sulla gente di quel posto?
C’è una frase che, girando, ci ha colpito molto: “Il fare qui è visto con sospetto”. Ecco, questo sintetizza il meccanismo di blocco di alcune iniziative culturali, sociali o imprenditoriali. Allo stesso tempo però emerge anche un risvolto positivo. C’è un processo identitario profondo degli italiani del sud che è sintetizzabile nell’arte di arrangiarsi. Nella resilienza ad alcuni cambiamenti. Nel provare continuamente a costruire un benessere e un percorso di felicità propria. Mi ci identifico. Me ne sento parte.
Alla fine siete partiti entrambi.
Nati migranti e cresciuti migranti. Quando nasci “giù” con i progetti che avevamo noi, nasci con l’idea che devi partire ed è una differenza sostanziale per chi nasce da altre parti dell’Italia e del mondo. Ti crescono con l’idea che non sarà quello il tuo posto.
Avete anche un altro progetto in cantiere, si chiama KOSMONAUTS e dovrebbe uscire su Youtube a Maggio 2016 anche se è già stato citato da Saviano in un editoriale di Repubblica che parlava della vostra terra. Un altro documentario?
Sì. KOSMONAUTS nasce come un follow up di MADE OF LIMESTONES e parte da una domanda ben precisa: “cosa significa essere italiani?”. Allo stesso tempo, però, si distanzia molto dal nostro primo lavoro. C’è un processo identitario più ampio. È l’Italia nel suo insieme, non più solo il Gargano. E nel girarlo ci siamo scontrati con alcuni temi rilevanti come quello dell’integrazione. Del diverso che aiuta a definirti chi sei come popolo. C’è una bella frase di un detto africano: “diventi una persona quando l’altra ti riconosce come tale”. Abbiamo trovato a Borgo Mezzanone, nelle tendopoli del caporalato, a pochi chilometri da casa nostra, la New York locale delle contraddizioni e del melting pot.
Presto comunque arriverà un crowdfunding per finanziare il progetto e lanciarlo.
Andrea, cos’è per te il sale della vita?
Le persone.
Si ferma. Secco. Pensa. Continua…
Ascoltare storie, scoprire intimità. E raccontarle.