e narrano che un fierissimo vento, levatosi mentre che l’Islandese parlava (…)
Giacomo Leopardi
Con il volto madido di sudore, ma il corpo fresco nella tela leggera che ci copre, tutti mostriamo la felice stanchezza di un giorno di nozze col mondo.
Albert Camus
Se mi fermo e scrivo: indifferenza, abbandono – se mi fermo a pensare a queste cose la stanza si fa buia, e viscido il pavimento, irrespirabile l’aria. Finisce il caffè. Ma se qualcuno, in chiara grafia, scrive naturale e poi scrive felice accanto a indifferenza e abbandono, allora una luce clemente invade la stanza, la luce serena del giorno. Un’altra caffettiera è sul fuoco.
Leggendo le poesie di Italo Testa ho imparato a dire barena, salicornia, spartina, limonio: ho imparato a scrivere indifferenza naturale tutto attaccato, e anche abbandono felice.
“Sapevo che milioni d’occhi hanno contemplato quel paesaggio e per me era come il primo sorriso del cielo. Mi metteva fuori di me nel senso profondo del termine. Mi assicurava che tutto era inutile senza il mio amore e quel bel grido di pietra. Il mondo è bello, e fuor d’esso non c’è salvezza. La grande verità che pazientemente quel paesaggio mi insegnava è che lo spirito non è nulla, e il cuore neppure. La pietra scaldata dal sole o il cipresso che il cielo scoprendosi fa più alto limitano il solo universo in cui abbia un senso “aver ragione”: la natura senza uomini. E questo mondo mi annulla. Mi porta sino in fondo. Mi nega senza collera. Nella sera che cadeva sulla campagna fiorentina mi sarei avviato verso una saggezza in cui tutto era già conquistato, se non mi fossero venute le lacrime agli occhi e il grosso singhiozzo di poesia che mi empiva non m’avesse fatto dimenticare la verità del mondo.”
da L’estate e altri saggi solari, Albert Camus, Bompiani
Quando nel punto più alto di Recanati, mangiando una focaccina al prosciutto, ho rinnegato Leopardi e la sua terribile indifferenza-matrigna, e sono rotolata giù dal colle fino ai lidi chiassosi di Porto Recanati, ho scoperto le due anime dell’indifferenza e dell’abbandono, quella matrigna e quella accogliente: ho riletto questa poesia con le mani sporche del succo di fichi maturi e anguria fresca, i piedi sepolti nella sabbia calda, e mi sono sentita felice, molto piccola e in pace.
anche queste onde non le possiedi,
e la corrente che ci porta al largo
quando una colata d’oro ci fonde
nell’acqua al tramonto
o i frangenti bassi in frequenze
scandite da un metronomo nascosto
e la linea di schiuma che si forma,
si frange e ritorna
così aspettiamo l’onda che ci porta
con l’occhio l’inseguiamo a filo d’acqua
fino a che alle spalle ci soprende
la cresta iridescente
anche questo vento non lo conosci
che ci fascia la schiena e ci cuce
sulla pelle una cintura di sabbia,
una muta di sale
e un’onda ci sorpassa dopo un vano
inseguimento, un’altra si lascia
prendere, ci sostiene fino a riva,
un’altra ci travolge
anche questa sconfitta ti appartiene
sbalzati su una lastra di luce
cadere sottomare, già travolti
e lasciarsi andare
poi risalire onda dopo onda,
a forza di braccia riguadagnare
il largo con l’abbandono felice
di una preda del mare.
(da L’indifferenza naturale, Italo Testa, Marcos y Marcos, 2018)